LETTERA
Salve Valdo, Ho letto che alcuni vegetariani e vegani mangiano i bivalvi (vongole, cozze etc) perché non avendo un sistema nervoso centrale sono paragonabili ad una pianta (ancor meglio ad una pianta carnivora come funzionamento). Dato che è un argomento che non avevo mai preso in considerazione lei cosa ne pensa da un punto di vista etico e salutistico? Grazie. Mattia
RISPOSTA
Ciao Mattia. Mi hai posto un bel quesito davvero. Quando si parla di mitili, molluschi e di frutti di mare ci si riferisce principalmente a cozze, vongole, fasolari, telline, canestrelli, ostriche, cappesante, cappe lunghe, cannolicchi, datteri di mare. Qualcosa come 30.000 specie di animaletti d’acqua dolce e di acqua marina, dove la conchiglia è generalmente divisa in due parti dette valve, da cui il termine bivalvi.
Anche se non dotati di cervello e quindi di un sistema nervoso centrale, sono comunque dotati di una rete di nervi periferici, con coppie di gangli con funzioni sensoriali e motorie, tanto che alcune specie hanno per esempio notevoli capacità mimetiche di cambiamento immediato di colore di fronte ai pericoli.
Mentre alcuni molluschi sono completamente privi di occhi, in particolare quelli che vivono in acque profonde, altri sono dotati di occhi, che possono essere sia semplici che complessi, ma sembra improbabile che abbiano una vista sviluppata dal momento che non possiedono un cervello dove elaborare i segnali visivi.
È ETICO MANGIARE MOLLUSCHI?
Quale giudizio dare? Ricordiamo che fattori come la vitalità, la muscolatura, l’intelligenza percettiva e la sofferenza sono caratteristiche di ogni creatura vivente, inclusa ogni pianta ed ogni vegetale. Uno dei criteri selettivi e discriminanti dell’etica vegana è quella di evitare qualsiasi cibo che abbia occhi, sangue e sofferenza, ma anche qui sappiamo che la linfa delle piante, pur essendo di colore verde, rimane in tutto e per tutto sangue verde. Nella loro struttura chimica, clorofilla e sangue potrebbero essere gemelli. L’unica differenza è che la clorofilla contiene Magnesio (Mg), mentre l’emoglobina contiene Ferro (Fe).
IL CRITERIO CORRETTO STA NEL FARE IL MINOR DANNO POSSIBILE
Il criterio etico di massima per noi legati al vegetarianismo e al cibo innocente, per noi esseri pensanti e desiderosi di rispettare la vita ai massimi livelli, sta nel fare sempre il minor danno possibile, visto che il nostro diritto-dovere di sopravvivenza ci porta comunque a fare qualche danno e a causare qualche sofferenza.
LA DISCRIMINAZIONE TRA ANIMALE PICCOLO E GRANDE
È un po’ il discorso che si fa nel valutare se, quando ci si svincola dalla rigorosità vegetariana per ammettere il pesce, sia più grave mangiare una minuscola alice dalla vita breve o un centenario squalo della Groenlandia. Per qualcuno, l’animale piccolissimo che vive per soli due giorni subirebbe addirittura maggiore danno di un animale a lunga vita, avendo a disposizione solo quei 2 giorni per esprimersi e per cogliere appieno le sue opportunità esistenziali.
La verità non è sempre univoca e scontata, ma appare spesso con aspetti diversi e controversi. Va anche considerato l’aspetto gustativo e l’aspetto estetico. Siccome si parla spesso di insetti come cibo del futuro, non mi ci vedo nel modo più assoluto con un frullato di scorpioni e di ragni al posto di un buon estratto di carote, di sedano e di ananas.
Chi poi vuole sottilizzare ed essere perfezionista al massimo, sta attentissimo a quello che ingerisce, ma poi non appena si mette al volante fa una strage di innocenti moscerini, e si ritrova daccapo, suo malgrado, dalla parte dei sopraffattori.
CONSIDERAZIONI FINALI
Per concludere, direi che rimane una questione di scelta e di sensibilità personale. Trovo sicuramente che sia meno grave mangiare un uovo che ammazzare un pulcino o mangiarsi un pollo. Trovo sicuramente meno grave mangiare delle cozze che mangiarsi dei granchi, dei gamberi o delle aragoste. Trovo sicuramente meno grave consumare delle alici col cappero che consumare del pesce spada. Salutisticamente parlando credo che il consumo di cozze, ostriche e cappesante, al pari di quello di alghe, rappresenti comunque un ampliamento delle nostre opzioni alimentari, nonché un contributo alla nostra sopravvivenza.
CON LA FRUTTA NON ESISTONO PROBLEMI
L’unica soluzione al 100% innocente è quella di preferire la frutta, da albero, da seme e da orto, ricca di tutto quello che serve e ben disposta a sacrificarsi e a digerirsi agevolmente senza sofferenze di alcun tipo, in qualità di cibo di elezione del genere umano. Quanto alle piantine e ai vegetali strappati da madre terra a completamento della nostra dieta, perché alle nostre latitudini e nella lunghissima stagione fredda non possiamo farne a meno, di sicuro tirano giù dei moccoli ogni volta che le raccogliamo, ma fa parte del gioco e delle nostre necessità fondamentali.
Valdo Vaccaro
Toh, si accenna alla questione degli animaletti che uccidiamo involontariamente tutti i giorni. Feci pure io questa considerazione alcuni mesi fa e presi dell’imbecille…
Non sapevo questa cosa dei “vegani” mangiatori di cozze. Non so se tale scelta derivi da esigenze gustative o da paure di eventuali carenze di elementi quali la vitamina b12. Non esprimo giudizi di sorta però, se vogliamo fare i pignoli, non è corretto definire vegano e vegetariano chi abitualmente mangia molluschi. Altro discorso è l’inclusione episodica e circoscritta di questi esseri marini all’interno di un lungo periodo di stretta aderenza ai canoni vegani che escludono tutto ciò che comporta l’uccisione. D’altra parte la dieta che promuove Valdo non è rigidamente inquadrabile in una determinata categoria.
Ecco…l’annosa questione dibattuta di tanto in tanto fa capolino di nuovo. Strano che Valdo non si sia mai posto il problema….Io me lo posi diversi anni fa e lo proposi come argomento in un forum; le risposte furono molteplici ed alla fine presi la mia decisione.
Intanto partiamo dal fatto che sia cozze che ostriche, nonostante non abbiano un sistema nervoso come quello di altri animali e quindi NON provano dolore così come lo intendiamo noi…capiscono però mentre vengono pescati ed aperti che qualcosa non va come dovrebbe…Quindi, la sensazione più accreditata è quella che questi esseri provano una sorta di paura, non di dolore fisico. D’altra parte…la paura ha vari stati d’intensità…e ricordiamoci sempre che la cozza dev’essere prima aperta per essere mangiata, altrimenti non si rende conto di nulla. Detto questo (e sempre facendo riferimento unicamente a cozze ed ostriche, non a calamari e simili) possiamo prendere in considerazione un fatto importante e cioè che le stesse, come giustamente sottolinea Valdo (e non lo si farà mai abbastanza) questi esseri sono degli autentici filtri contro l’inquinamento marino, più o meno come quelli che abbiamo dentro gli scappamenti delle nostre auto…solo che nel caso delle cozze l’eventuale inquinamento finisce nell’apparato digerente e poi da li entra in circolazione e si accumula in vari settori del corpo. Quindi, quando si decide di ricorrere ad un ampliamento degli orizzonti alimentari cibandosi saltuariamente di cozze ed ostriche, lo si dovrebbe fare cum grano salis, accertandosi della provenienza delle stesse, le quali dovrebbero provenire da ambienti marini puliti, non certo da mare aperto, dove l’inquinamento delle petroliere ha fatto danni incalcolabili con conseguenze che le generazioni a venire sopporteranno a lungo. Di solito le cozze si allevano in vasche, quelle bio sono le migliori. Le ostriche qui da noi provengono dalla Bretagna, luogo dal quale provengono di solito la maggiorparte delle alhe europee in commercio. Si ricorre alle ostriche (come faceva tale Giacomo Casanova che ne esaltava le proprietà rinvigorenti) perché sono la principale fonte di zinco che abbiamo a disposizione…100 g di ostrica arriva a contenere fino a 40-80 mg di zinco su un fabbisogno quotidiano medio di 12 mg….Come giustamente sottolinea Valdo, il limone è qui d’obbligo e tornando al discorso inquinamento, anche la zona della Bretagna non so fino a che punto sia affidabile. Si tratta di rispettare la legge del “crea meno dolore possibile”, quindi in questo caso, se la si intende come una voglia occasionale, non la vedrei affatto come qualcosa di esecrabile, purché non diventi un’abitudine fissa.
Interessanti John le tue considerazioni, che a quanto pare non sono poi così lontane dal pensiero di Valdo. In effetti la cosa potrebbe di primo acchito essere sorprendente in quanto si dà sempre per scontato che basta comunque essere vegani perchè tutto il resto è noia. In realtà il sistema valdiano è primariamente igienista, mentre il vegetarismo e il veganismo ne sono solo le naturali conseguenze. Infatti pure un mangiatore seriale di pasticcini e bibite chimiche può essere vegano, ma non c’entra nulla con l’igienismo, perché soppesa l’aspetto etico ma evidentemente ignora o trascura quello salutistico. Quindi paradossalmente potrebbe essere più igienista quello che decide di mangiarsi qualche ostrica di tanto in tanto piuttosto che un vegano che si abbuffa di noci e grassi vegetali tutti i giorni. Tutto sommato si tratta sempre di etichette, di sigle che alla lunga diventano insulse, perché spingono a voler sempre incasellare se stessi e gli altri entro confini certi e ben delimitati quando invece ogni individuo possiede caratteristiche uniche, talvolta indecifrabili. Però aiutano in qualche modo a codificare e rendere “leggibile” il campo d’azione di un determinato soggetto al di là delle sfumature.
Grazie Valdo per il tuo parere, ho letto con piacere questo argomento. Io mi struggo anche solo se x sbaglio schiaccio una lumaca figurati se potrei mangiare gli adorabili molluschi che stanno nella conchiglia. Durante un mio viaggio ho giocato con delle simil vongole: le trovavo sotto la sabbia ed appoggiando le sul bagnasciuga in men che non si dica si risotterravano. Bellissime. Non ho alcuna intenzione di mangiarle anche se in passato amavo le cozza. Poi tutto è cambiato. Quando si aprono gli occhi poi è difficile richiuderli e tornare a fare ciò che si faceva prima come se niente fosse!
In realtà Valdo è diventato piace elastico, probabilmente per raggiungere ancora più persone. Il primo Valdo(leggete le tesine vecchie su altri blog) era nettamente più radicale. Sparava a pallettoni contro il miele, per dirne una. Le cozze si possono mangiare come evento occasionale, magari nel pranzo di Natale coi parenti, ma da qui a dire che sono buone salutisticamente.. Ne passa tanto. Il nero interno è tutto schifo. Diciamo che siamo animali politici (Aristotele docet) e qualche strappo ci sta.. La birra è una porcata (contiene additivi e perfino colla di pesce), ma se sei con amici che fai? L’asociale e non bevi nulla?
Le sciocchezze del padrone di casa sono così tante che mi ci vorrebbe un giorno per elencarle tutte. Quindi non mi ci metto…qualcuno però potrebbe dirgli (almeno) che la balena non è un pesce?
Dariosken evidentemente non hai idea di come si faccia la birra. Ha pochissimi ingredienti, solo 3: acqua, malto e luppolo. Il lievito non è neanche un ingrediente perché spesso viene tolto prima del confezionamento.
Colla di pesce nella birra? Ahahahahaha!
Tranquillo,non c’è.
Cmq io ai miei principi non rinuncio per compiacere gli altri, non vuol dire per forza fare gli asociali, e se anche fosse non sarebbe niente in confronto a tradire quello in cui credo.
Considerando il minor male possibile e i nostri amati insetti immagino che si debba bandire aerei, treni, autobus, macchine e moto…una strage ogni volta che si muovono. Quando non sono anche amimali più grandi.
Poi una vita è una vita sia che si tratti di un cavallo, di un pollo o di un’ape. O si sta forse facendo del razzismo??
Benedette contraddizioni!
Ah, si? E come mai allora l’irlandese Guinnes promette di non mettere più colla di pesce nella propria birra a partire dal 2016?
Tranquillo, c’è e si è spesso usata da secoli sia per fare il vino che per fare la birra. Nei dolci la sua dicitura, in quanto gelatina, è E441, ma in quanto “coadiuvante tecnologico” non è necessario riportarlo nell’etichetta delle birre industriali. Come “chiarificatore” viene utilizzato nel processo di filtrazione, che consente di togliere un pò di torbido dovuto alla coagulazione proteica a basse temperature, potenziando al contempo l’azione dei lieviti. Questi ultimi tendono a depositarsi, ma restano in quantità minime nel prodotto finale, ossia la nostra amata bevanda schiumosa industriale.
Comunque ci si ingannerebbe se si pensasse che la colla di pesce sia qualcosa di propriamente ittico. Soprattutto è cotenna di maiale, per cui regolatevi un pò come meglio credete.
Appunto, è un coadiuvante nella filtrazione e infatti non si usa nella produzione del mosto. A fine fermentazione può essere aggiunta per legarsi alle proteine e precipitare ma ci sono molti altri chiarificanti utilizzabili, come isinglas, bentonite, irish moss (in bollitura) ecc.
In ogni caso non li trovi nel prodotto finito perché l’utilizzo di chiarificanti sottintende una filtrazione.
E se parliamo di birre industriali che sono pastorizzate per ovvi motivi allora è una microfiltrazione necessaria per evitare lieviti morti in bottiglia e conseguenti problemi di autolisi.
Quindi in bottiglia non ci finiscono mai i chuarificanti e (spesso) neanche i nostri amici lieviti.
Caso a parte le birre rifermentate in bottiglia che sono una minima parte.
Per completezza è giusto dire che il presidente di Assobirra giura che nelle birre italiane non si usa la schifezza di cui sopra. C’è da credergli? Con i vini fanno la stessa cosa, negando di tanto in tanto.Ma qui diverse analisi del prodotto finale hanno invece mostrato l’uso di gelatine animali,non essendo vietato il loro utilizzo. Se così è nei vini (industriali),c’è poco da stare tranquilli con le birre, anche perché i proprietari delle nostre marche sono spesso stranieri. Al momento la UE ha solo vietato l’uso di sangue bovino per il processo di chiarificazione di cui sopra, a causa delle note vicende della “mucca pazza”. Con tanti saluti dalla Guinness.
O metti le fonti o le tue affermazioni valgono niente.
Comunque i chiarificanti non sono affatto schifezze, servono a rendere il prodotto più limpido e più stabile e comunque qualsiasi essi siano vengono poi fisicamente tolti quindi non li troverai mai nel prodotto finito.
Anzitutto la cotenna di maiale è per me una schifezza e basta. Poi di chimica ne so qualcosa ed i residui restano. Una delle fonti è qui a casa mia. Possiedo ancora la registrazione su videocassetta di due magistrali e vecchie puntate di Report della Gabanelli, nelle quali si mostrò come i produttori di vino usassero in maniera fraudolenta e nascosta al grande pubblico diverse sostanze, delle quali alcune espressamente vietate, quali per es la pomice, riconosciuta come pietra vulcanica cancerogena. La prova sta nel fatto che la trasmissione tv fu oggetto di numerose denuncie da parte degli interessati,ma guarda caso furono tutte perse per le aziende del vino. Motivo? Perché quello che ivi fu detto era semplicemente vero.
Recentemente poi il prof Berrino ha analizzato e trovato più di 100 residui chimici nella comune farina bianca per pane e pasta, mentra un’altra analisi ne ha mostrate una quarantina nel comune sale raffinato da cucina. Come ci finiscono li quelle sostanze, seppur in tracce? E in definitiva, come possiamo fidarci delle produzioni industriali se, tanto per ragionare,il funzionario ministeriale per le certificazioni biologiche è inquisito per tangenti ( un tal Pasqualino Rossi) e spesso i controllati sono anche controllori? Con questo andazzo io non mi fiderei affatto.
Ahahahaha report! Esilarante quasi alla stregua delle iene.
Dai ora parliamo di cose serie.
Se è vero che ti intendi di chimica saprai che i prodotti puri esistono SOLO in laboratorio (pur con certi limiti), tracce di residui li trovi ovunque, nell’acqua, sulla frutta, sulla pelle, sulle posate con cui mangi, nell’aria che respiri…quindi che berrino li abbia trovati è perfettamente normale, ha scoperto l’acqua calda in pratica. Poverino.
Sulle sofisticazioni in enologia purtroppo non c’è molto da dire, sono una minoranza di cantine che rovinano l’immagine del settore. Oggi sono meno di ieri grazie anche a maggiori controlli. Ma i criminali purtroppo ci saranno sempre, si può solo tenerli sotto controllo.
Cmq beviti tranquillo una buona birra con moderazione, in Italia abbiamo una meravigliosa realtà artigianale che si sta distinguendo per qualità e creatività anche in ambito internazionale.
Salute! ….e saluti.
Ridi, ridi. Ma guarda caso nel sale troviamo…troviamo cosa? Ma si,residui di decoloranti, anti impaccanti,anti umidificanti,conservanti e traccie di diversi solventi industriali.(Chiaro che allora non mi riferisco al solfato di calcio, ai solfuri, ai carbonati presenti normalmente ecc…) Dunque tutta roba che sta li per caso e che certamente trovi sulla pelle e magari tra i capelli. Certo,certo, adesso è tutto chiaro.
In ogni caso in tribunale i giudici hanno gettato nel cestino le querele presentate dagli spacciatori di vino. Mi pare non ci sia altro da aggiungere.
Se non chiudere con una famosa frase di Luigi Veronelli :
“meglio il peggior vino fatto dal contadino che il miglior vino fatto dall’industria”.
Ahahahahahahaha!!!!!!!!
Hai fatto benissimo Devis a sottolineare il fatto che con Valdo si parla innanzitutto di igenismo; quindi durante la malattia è il corpo che guarisce se stesso, idea che suppongo fosse propria di Pitagora e dei suoi accoliti. Troppo spesso anch’io me ne dimentico perché non seguo esattamente la stessa linea…anche se apprezzo moltissimo la verità ultima presente negli scritti valdiani. Filosoficamente (perché nonostante tutto ciò che si dica, negli interventi di Valdo la filosofia è ben presente) l’aver scelto di non mangiare carne non significa solo mettersi al riparo dalle conseguenze che tale pessima alimentazione comporta, ma soprattutto (almeno a mio avviso) condividere la corrente di pensiero buddista che insegna di attraversare in modo lieve l’esistenza sul pianeta, cercando di fare il meno danno possibile e soprattutto, laddove è possibile, di evitare di creare inutile dolore. A me quindi sta benissimo se, seguendo le voglie del momento, uno si faccia delle cene a base di frutta secca (tanto per dirne una) per togliersi uno sfizio, perché in questo caso l’unico eventuale dolore è quello che crea a se stesso attraverso un eccesso grasso proteico…Però anche qui rimaniamo generalmente nei periodi e nei bisogni che tali periodi comportano (questo argomento meriterebbe tra l’altro un articolo intero). Insomma, bisogna cominciare a prendere atto del fatto che siamo davvero in tanti sulla terra e che la coscienza individuale dovrebbe non più essere un optional nell’oscurantismo quotidiano, bensì un valore da coltivare ed esplorare….anche attraverso un’alimentazione consapevole che per l’appunto faccia il minor numero di danni possibile all’ambiente ed anche a noi stessi e che come scritto sopra, sia esente il piu possibile almeno da dolore fisico.
Si, penso anch’io che fondamentalmente tutti i consigli e le nozioni di carattere pratico che Valdo dispensa ai vari interlocutori, scaturiscono sempre da un solido bagaglio conoscitivo che con le sue esperienze dirette concorrono a creare un sistema particolare in cui non può essere nascosto lo spiccato taglio filosofico. Almeno, questo è come la vedo io. Quindi accettando questa interpretazione dovrebbe risultare più agevole comprendere e giustificare certe prese di posizione che potrebbero anche sconcertare chi è più avvezzo a ragionare secondo uno schema dualistico piuttosto che secondo uno schema olistico. Tempo, età, tipo di attività, ambiente, stagione, salute buona o cattiva ecc., tutti fattori in continuo mutamento che stimolano a interrogarsi (spesso anche solo a livello inconscio) e agire secondo un processo dinamico che nulla ha a che vedere con gli schematismi automatici che spesso tendiamo a imporci.
tralasciando l’aspetto etico, dal punto di vista salutistico ?
Probabilmente il nocciolo del discorso è solo quello di trovare un pretesto da giustificare la ritrosia ad abbracciare integralmente la dieta vegana. Scelta in ogni caso legittima, sia chiaro, ma evitiamo per favore di voler poi esibire a tutti i costi un patentino che sappiamo essere taroccato. A meno che si abbia la convinzione che pesci e creature marine in genere, non siano dotati di corpi del tutto equivalenti a quelli degli animali terrestri. Al di là di questo è comunque abbastanza evidente che una dieta del genere ha un impatto ecologico molto più basso rispetto a quello della comune dieta onnivora. A mio avviso è invece impossibile trovare un punto di incontro per quanto riguarda l’aspetto etico e salutistico, le vedute sono molteplici come pure le sensibilità. Personalmente la penso sostanzialmente come Valdo, non mi sembra il caso di doversi immolare in nome dell’adesione integerrima e assoluta di un sistema dietetico che idealizziamo come l’unico plausibile, ma occorre trovare un equilibrio soddisfacente tra esigenze personali e fruizione assennata delle risorse disponibili. Posizione che non implica un atto di accusa nei confronti di chi invece la pensa in modo diverso, ovviamente.
Concordo pienamente con la visione dell’autore. Non mangio carne da quasi 15 anni e prima, tranne una pausa carnivora di 3-4 anni, non ne ho mangiata per altri 10. Non mi interessano le definizioni e pertanto non mi interessa sapere se sono vegetariano, vegano, pescetariano o addirittura mitiliano.. Semplicemente adoro mangiare cozze e vongole, credo che siano un ottimo complemento nella dieta di chi non mangia cibi di origine animale e soprattutto trovo imparagonabile la sofferenza di un maialino o una mucca al macello a quella, se esistente, di una cozza o una vongola cotta in padella