LETTERA
UN CARO AMICO IN GRAVI DIFFICOLTÀ
Egregio dott. Vaccaro, dalla lettura delle sue tesine e delle risposte che Lei rivolge agli interlocutori che La interpellano, rilevo la Sua “non attitudine all’esaltazione da complimenti” per il lavoro che svolge, per questo non mi soffermo oltremodo ad offrirLe i miei, e che, comunque, Le rivolgo. Le scrivo perché ho colto la disperazione del mio caro amico Giuseppe (del quale, oltreché amico d’infanzia, ne sono anche testimone di nozze), il quale versa in uno stato di salute (o, per meglio dire, di “non salute”) che a me (che sono un ingegnere e non sono medico) pare sufficientemente grave per decidere di valutare se il ricorso alla medicina igienista può essere ancora tempestivo per salvare questa persona dal “massacro” a cui i medici della ASL di Brindisi lo hanno sottoposto (loro ritengono, invece, che lo tengono in “cura”).
PIÙ CHE CURE RISOLVENTI UNA VIA CRUCIS DI SOFFERENZA
Non saprei descrivere chiaramente la situazione sanitaria del paziente e delle “cure” a cui è stato sottoposto, per questo, con il consenso dell’interessato, utilizzo la documentazione prodotta dalla stessa ASL (che Le allego) e destinata alla richiesta di consulto di un altro medico, pare, specialista nel cosiddetto “piede del diabete”. Spero vivamente che Lei possa aiutarci prima che, senza voler sfociare nella blasfemia, la via crucis che questi medici hanno costruito per il mio amico lo conduca sul Golgota della sua vita. Nel salutarla, resto in trepidante attesa di suoi riscontri. Francesco Palmisano (email: palmisanofran@gmail.com, Skipe: ing.francesco.palmisano)
*****
RISPOSTA
UREMIA CRONICA TERMINALE E DIABETE-1
Ciao Francesco. Ho letto la cartella clinica allegata. Detto in sintesi, si parla di diabete-1 dal 2001 (diabete-1 di tipo complicato per retinopatia proliferativa e arteriopatite), nonché di uremia cronica terminale, di sarcoidosi e di ipertensione arteriosa. C’è inoltre particolare preoccupazione dei medici curanti per l’evoluzione negativa del piede del paziente (ulcere che non si cicatrizzano). Si parla di terapie con cortisone e steroidi, di medicazioni giornaliere con scarsi risultati. Neanche un minimo accenno a quale sia la sua dieta in ospedale, ma possiamo immaginarlo. Chiaramente, il tuo amico Giuseppe è in cura presso la struttura ospedaliera brindisina la quale ha il diritto-dovere, e soprattutto la responsabilità legale di occuparsi al 100% del paziente, opponendosi a interferenze esterne di qualsiasi tipo.
SONO UN FILOSOFO DELLA SALUTE NATURALE, DELLA NON-CURA DEL SINTOMO E DEL CIBO INNOCENTE TENDENZIALMENTE CRUDO
Il mio non può che essere un commento umano da filosofo salutista su un caso particolarmente delicato. Non sono medico, e questa può essere più fortuna che complicanza, nel senso di non essere condizionato dal solito pacchetto ideologico-mentale che la laurea in medicina inevitabilmente comporta per tutti i suoi addetti. E non sono terapeuta o contro-terapeuta. Per la mia estrazione culturale, e per la mia esperienza autodidattica e totalmente sui generis, fuori da ogni schema ufficiale, sono inquadrabile nell’ambito dell’igienismo naturale e pertanto nella filosofia terapeutica della non-cura sul sintomo e nella filosofia alimentare del vegan-crudismo, una concezione e un metodo che stanno su posizioni capovolte e diametralmente opposte a quelle della medicina, basata su curomania e su interventi invasivi sul sintomo, oltre che su diete devitalizzate, cotte ed iper-proteiche.
INTERFERENZE E SOVRAPPOSIZIONI CREANO TENSIONI IMPRODUTTIVE
In ogni caso, sia per un medico che per un non-medico, risulta sempre delicato, difficile e persino antipatico interferire su trattamenti in corso, giusti o sbagliati che siano, sovrapporsi a qualcuno che sta facendo comunque un determinato lavoro, si suppone al meglio, in una determinata direzione. Bisognerebbe prima liberarsi di ogni legame e di ogni rapporto con chi lo ha in cura, e poi dare al pazientei possibilmente una mano. Le condizioni del tuo amico sono però delicate al punto che deve prevalere da entrambe le parti, medicina ufficiale curante, e controparti esterne alternative non-mediche, un senso di tolleranza e di magnanimità, più che un antipatico tiramolla burocratico-legale o un giocare a chi ha torto o ragione sul filo del rasoio.
LA SARCOIDOSI VA VISTA COME INDICE DI SCADENTE FORMA PSICO-FISICA
Impossibile parlare seriamente di questo grappolo di patologie sovrapposte, senza coinvolgere gli studi sui reni di importanti medici come Bright e Frerichs. Per capire i problemi occorre inquadrarli anche in un ambito storico, prendendoli per così dire alla larga. Non tanto per fare discorsi accademici o per sciocca voglia di fare sfoggio di conoscenza, quanto per capire a fondo di cosa si tratta. Sulla sarcoidosi, saremo brevi, visto che la stessa medicina ne sa pochissimo. “Patologia cronica-infiammatoria ad eziologia sconosciuta”, è la magra e sconsolata definizione medica. Qualcosa di idiopatico e apparentemente privo di causa, che talvolta scompare da solo in modo spontaneo. Qualcosa che causa formazioni di noduli anomali detti granulomi in svariati organi, e in particolare ai polmoni e ai linfonodi. Qualcosa che indica pessima forma psico-fisica generale, per cui la stessa medicina si fa una volta tanto brava e quasi-igienista, per cui raccomanda “niente fumo, niente caffè, evitare acciacchi, attività fisica regolare e alimentazione corretta”, ma poi rovina tutto prescrivendo cortisone a vita per ottenere provvisori miglioramenti e recidive continue, causando nel contempo una marea di effetti collaterali.
LA SITUAZIONE RENALE È A MIO AVVISO IL PUNTO CHIAVE
L’uremia invece, anche senza l’aggiunta del termine “cronico-terminale” citato nel documento allegato, è per definizione uno stato terminale dell’insufficienza renale. Deriva dall’accumulo nel sangue di sostanze azotate. L’accumulo è causato dalla incapacità dei reni, ossia dei micro-filtri o dei micro-setacci glomerulari, di filtrar fuori e quindi di eliminare nelle urine, per via uretrale, pericolosi e scomodi residui celati nelle acque stagnanti . In un corpo umano fatto all’80% di acqua, intasare e bloccare il filtro idrico è quanto di peggio possa accadere.
RIFORNIMENTI FACILI E SCAPPAMENTI PROBLEMATICI
È troppo facile possedere una bocca e un tubo gastrico, mettendoci dentro, in modo disordinato e scriteriato, non cibi elettivi, vivi, vibranti, nutrienti e compatibili, ma porcherie su porcherie fatte di stomachevoli cadaverine, di vischiosa caseina, di micidiali zuccheri industriali, seguite da litri su litri di acque dure, da succhi di frutta pastorizzati, da cole, caffè ed alcol. Il tutto approvato e raccomandato dal Divino Ordine Medico e dalle sue schizofreniche piramidi alimentari, finalizzate a mantenere i pazienti in malattia o a precipitarli nei reparti terminali, con gran gioia delle multinazionali macellaie, dei magnati di Big Pharma, e di onoranze funebri che non conoscono crisi. Troppo facile possedere una bocca esterna, apribile ed accessibile in ogni momento, e apparati motoristici interni di difficile raggiungimento, poco disponibili al compromesso e al carburante sbagliato.
IMPARASSIMO ALMENO DAGLI ANIMALI
Non occorre una laurea in medicina per capire queste cose. Basta la licenza elementare e un minimo di cervello funzionante. Gli animali non hanno diplomi di nessun genere, eppure nessuno al mondo li costringe ad assumere cose che non siano di loro gradimento e di loro facile digestione. È sempre e solo l’uomo a deviare dalla strada maestra e a trasgredire le più ovvie e basilari leggi del comportamento e dell’alimentazione.
LA SCUOLA MEDICA INGLESE DELL’OTTOCENTO VIENE NOBILITATA DA RICERCATORI STRAORDINARI COME ADDISON, HODGKIN E BRIGHT
Sebbene la pratica e l’insegnamento della medicina occupassero gran parte del suo tempo, l’inglese Richard Bright (1789-1858) seppe sfruttare le occasioni offerte dal mitico Guy’s Hospital (dove operava gente del calibro di Thomas Addison, docente di patologia medica, e di Thomas Hodgkin, docente di anatomia patologica) per portare avanti la propria attività di diagnostico. Attraverso gli esami sui pazienti e molte autopsie, egli cercava di correlare segno, sintomo e lesione. I risultati della sua esperienza clinica e delle sue osservazioni patologiche vennero raccolti nella sua opera maggiore, Reports of medical cases, pubblicata in due volumi (1827-31).
BRIGHT AVREBBE DOVUTO SPENDERE PIÙ TEMPO ACCANTO ALLA NIGHTINGALE
Colera, morbillo, tifo, tubercolosi, scarlattina, difterite, vaiolo e pertosse furono le malattie che il medico dovette affrontare. Bright sottolineò sempre l’importanza dell’igiene per prevenire il contagio da un paziente all’altro e fu lui stesso a verificare che le stanze fossero ben arieggiate, i pavimenti puliti, le lenzuola dei letti sistematicamente cambiate. Ma, proprio lui si ammalò di tifo, con febbre elevatissima, deliri notturni, spossatezza. Grande medico Bright, ma affetto da monattismo e da curomania come tutti i suoi colleghi di ieri e di oggi. Vari furono i tentativi di cura. Dal salasso, alle purghe, ad antipiretici come l’antimonio, o a particolari tecniche come il ricoprire il corpo da un velo intriso di alcool per far diminuire la febbre. Bright definì la malattia come una delle esperienze più significative della sua vita perché riuscì a capire cosa significasse essere malato e dipendere dalle decisioni di un medico.
ECCELLENTI MEDICI MA PRIVI DI UN ILLUMINANTE TOCCO IGIENISTICO
Se avesse potuto incontrare Russell Thacker Trall (1812-1877) o Sylvester Graham (1794-1851), pionieri della Scuola Igienistica Americana, avrebbe di sicuro moltiplicato le sue risorse cognitive. Se avesse potuto imparare di più dalla grande Florence Nightingale (1820-1910, fiorentina di nascita, e fondatrice delle scienze infermieristiche-mediche), sarebbe stato ancora più grande e più profondo come ricercatore e come scienziato.
IL RIFUGIO DELLE MENTI FRAGILI E DEBOLI DELLA MEDICINA
“Non è forse il continuo vivere sbagliato che porta la gente ad ammalarsi? Non sono forse fattori come l’aria pura e la pulizia da un lato, e l’aria viziata più la sporcizia interna-esterna a determinare lo star bene o lo star male delle persone? Non sono forse le malattie delle reazioni naturali e logiche alle condizioni assurde in cui noi stessi ci mettiamo? Mi è stato insegnato da medici superbi e da dottoresse ignoranti a temere la febbre, la scarlattina e e le varie infezioni. Ma la vera assistente sanitaria ignora le infezioni, non ne ha paura e ne è persino immune. Stanze pulite, finestre aperte ed assistenza amorevole ai pazienti. L’apprensione, l’incertezza e la paura del peggio danneggiano il malato più di ogni altra cosa. Il primo requisito di un ospedale è di non far male ai propri pazienti. La dottrina delle malattie specifiche è il rifugio delle menti fragili e deboli della medicina. Non esistono malattie contagianti ma solo condizioni adatte a rendere la gente malata”. Questo gli avrebbe insegnato la magnifica Florence. Una lezione igienistica non da poco. Parole che rappresentano quanto di meglio sia stato espresso negli ultimi 200 anni in ambiente medico, e che meriterebbero essere scolpite su portoni d’ingresso di cliniche, ospedali ed aziende sanitarie come avveniva per “Conosci te stesso” sull’ingresso dei templi greci.
COLLEGAMENTI TRA EDEMI-INFIAMMAZIONI-GONFIORI E INSUFFICIENZA RENALE
Subito dopo la guarigione, Richard Bright fu di nuovo a lavoro ed ebbe modo di sostenere pubblicamente che la medicina in quel tempo stava attraversando una fase di stallo, che si doveva dare particolare attenzione ai segni clinici, alla sintomatologia e poi relazionare questi sintomi con l’autopsia dopo la morte del paziente. Ogni organo doveva essere studiato nei minimi dettagli e fu proprio da questo tipo di indagine che Bright intuì, per la prima volta, che gli edemi potevano essere collegati al rene. Poiché lo studio su quest’organo a Londra non era particolarmente sviluppato, si spostò in Germania, Austria, Francia e Italia per concentrarsi su di esso e su altre malattie come il cretinismo, le malattie cardiache e le patologie ghiandolari.
GLI STIMOLI PER STARE ALL’AVANGUARDIA NON MANCAVANO
Quando fu assunto, furono subito introdotte una nuova serie di misure igieniche e una più rigida disciplina negli ospedali. Si distinse anche per la stima e il rapporto fisso e diretto con gli infermieri che svolgevano un ruolo fondamentale nei confronti dei malati. Non dimenticò mai l’importanza di osservare giorno per giorno gli organi malati che venivano prelevati dopo la morte e di partecipare a frequenti dissezioni anatomiche dando molta importanza all’anatomia patologica. Dall’ottobre 1825 fino all’estate 1827 Bright si dedicò alla ricerca spinto dall’amicizia dei due colleghi Addison ed Hodgkin. Nonostante l’insufficienza e l’inadeguatezza degli strumenti riuscì a descrivere la causa della glicosuria, a trattare casi di cancrene, ascessi polmonari, laringiti e tubercolosi.
MORBO DI BRIGHT E RILEVAZIONE MANUALE DELL’ALBUMINA NELLE URINE
Si dedicò allo studio delle malattie su vari pazienti e nell’agosto 1827 pubblicò con enorme successo i Reports, in cui trovarono largo spazio le disfunzioni renali (con la descrizione di 30 casi) che Bright era riuscito ad osservare ma non a trovare un trattamento che provocasse la guarigione o almeno il non-peggioramento del paziente (come accadeva col mercurio). L’attenzione di Bright fu particolarmente attratta dalle malattie del rene. Fino ad allora erano considerate un evento raro evidenziato da segni quali l’oliguria e il raggrinzimento dell’organo interessato. Il più importante contributo del medico inglese in questo ambito fu quello di definire la disfunzione renale che ancora oggi è nota come “Morbo di Bright”, e che lo portò ad essere considerato come padre storico della nefrologia. Il sintomo principale del morbo è un livello patologico di albumine nelle urine, che egli riuscì a rilevare senza i moderni metodi quantitativi. Ne versava un po’ in un cucchiaio e lo riscaldava con la fiamma di una candela. La formazione di un coagulo denunciava l’albuminuria.
L’UREA, IL CARBONATO DI AMMONIO E LA TEORIA DI FRERICHS
La teoria di Frerichs vuole che la sintomatologia uremica sia dovuta a un’intossicazione sistemica causata dall’urea aumentata nel circolo, la quale, grazie agli enzimi, viene convertita in carbonato d’ammonio. Friedrich Theodor von Frerichs (1819-1885), medico internista tedesco, dimostrò fin da ragazzo di avere particolari interessi nell’investigazione chimica, e si distinse ben presto all’università di Gottinga nella ricerca scientifica. Fu abilitato come docente e ben presto fu conosciuto in tutto il mondo per le sue ricerche. È del 1850 la sua eccellente monografia sulla sindrome renale di Bright e sull’intossicazione uremica, dove introdusse pure il concetto di “esperimento” come una valida prova clinica.
CREATININEMIA E VELOCITÀ DI FILTRAZIONE GLOMERULARE (VFG)
La valutazione della funzione renale si ottiene con il dosaggio della creatininemia (v.n. 0,5 a 1,1 mg/dL) e della clearance della creatinina o il calcolo della velocità di filtrazione glomerulare. Si parla di uremia quando la VFG scende sotto i 15 ml/min. Una perdita graduale e lenta della funzione renale è meglio tollerata di una perdita rapida. Pertanto i segni e sintomi dell’uremia possono evidenziarsi a diversi livelli di insufficienza renale, secondo le modalità con cui essa progredisce.
UREMIA STADIO TERMINALE CON ASTENIA, DIMAGRIMENTO, PALLORE E FETOR UREMICUS
L’uremia è lo stadio terminale dell’insufficienza renale. Il nome deriva dall’accumulo nel sangue di sostanze azotate a causa dell’incapacità da parte dei reni di eliminarle. I segni più frequenti di uremia sono: 1) Astenia (affaticamento e debolezza cronica), 2) Dimagramento e vomito, 3) Pallore (dovuto non solo all’anemia, ma anche all’accumulo di tossine), 4) Alito maleodorante (con odore urinoso, detto fetor uremicus), 5) Prurito ed urine scure e schiumose, più i tipici sintomi delle alterazioni idro-elettrolitiche tipiche dell’uremia, ossia 6) Iper-potassiemia (astenia marcata e danni cardiaci), 7) Ipo-calcemia ed iper-fosforemia, con danni ossei e fratture patologiche, 8) Ritenzione idrica con conseguente edema periferico e nei casi più gravi edema polmonare, 9) Tamponamento cardiaco (pericardite uremica) dovuta allo stato tossico, e possibile versamento pericardico anche di tali dimensioni da condurre ad uno shock cardiogeno (insufficienza cardiaca acuta). “Tutte complicanze trattabili con opportuna terapia medica che ne attenua la gravità e allontana il momento in cui è necessario eseguire una terapia sostitutiva della funzione renale, ovvero dialisi e trapianto renale.
UREA E VALORI NORMALI NEL SANGUE
L’urea è il prodotto finale del metabolismo proteico; si forma a livello epatico a partire dall’ammoniaca, viene riversata nel sangue e prontamente filtrata dai reni ed eliminata con le urine. Dal momento che la sintesi di urea è un processo continuo, i suoi livelli nel sangue si stabilizzano intorno ad un valore molto basso ma relativamente costante (indicativamente intorno a 15-40 mg/dL). I livelli ematici di urea dipendono pertanto dalla sintesi di ammoniaca (apporto alimentare e catabolismo delle proteine tissutali), dalla funzionalità epatica e da quella renale.
UREA ALTA, EMORRAGIE GASTROINTESTINALI, MORBO DI ADDISON E TENDENZA AL CIBO-IMMONDIZIA
Alti livelli ematici di urea si riscontrano in seguito ad un eccessivo apporto di azoto, come avviene nelle persone che seguono una dieta iper-proteica. La condizione è comune anche in caso di aumentato catabolismo proteico e danno tissutale, come avviene nell’ipertiroidismo, nel digiuno prolungato, durante severe infezioni ed in presenza di neoplasie. Un elevato livello di urea nel sangue può presentarsi anche nelle emorragie gastrointestinali (ulcera peptica), dopo un trauma, o nel morbo di Addison, patologia progressiva a carico della corteccia delle surrenali, produttrici di cortisolo (cortisone), importante nel metabolismo dei carboidrati e dei grassi, e dotato di azione immunomodulatrice, immunosoppressiva ed anti-infiammatoria, e produttrici di aldosterone, regolatore del’equilibrio idrico e degli elettroliti sodio e potassio. I sintomi Addison sono generici e implicano principalmente depressione, debolezza, perdita peso, perdita appetito, vertigini, bassa pressione, mancamenti, marcato desiderio di cibi salati, di cibi dolci, di cibi grassi, di cibi concentrati (e dunque tendenza al cibo-immondizia).
INSUFFICIENZA RENALE DA DIABETE O DA IPERTENSIONE
L’insufficienza renale può essere causata da un danno d’organo, conseguente ad esempio a diabete o ipertensione, ma anche da un’ostruzione delle vie urinarie per la presenza di un calcolo renale o di un tumore. Pure un insufficiente apporto di sangue ai reni, tipico della disidratazione, delle ustioni, delle emorragia e dell’insufficienza cardiaca, può aumentare i livelli sierici di urea. Bassi livelli ematici di urea rappresentano invece una condizione poco comune e di norma non preoccupante. Generalmente si registrano in seguito ad un insufficiente apporto di azoto, tipico delle diete ipo-proteiche, dell’alcolismo e della malnutrizione, ma anche delle malattie da malassorbimento.
CREATININA-UREA-POTASSIO ALTI E DESIDERIO DI SODIO COMPENSATIVO
Considerata la scarsa specificità, la diagnosi clinica non dovrebbe essere posta semplicemente sulla base di alti valori ematici di urea. Piuttosto, dovrebbe integrare i dati clinici e gli altri parametri di laboratorio. Nell’insufficienza renale cronica, ad esempio, l’aumento dell’urea si associa al calo della natriemia (sodiemia) ed al rialzo della creatininemia e della potassiemia. Quando invece il rapporto tra urea e creatinina rimane nella norma (compreso tra 10:1 e 20:1) allora è da escludersi un danno renale. Da rilevare dunque l’importanza del sale cloruro di sodio e la grande attrazione per il sale che accomuna proprio tutti. Il problema non si risolve assumendo sale da cucina (velenoso), né tantomeno assumendo integratori salini o acque minerali pesanti. Servono cibi naturali ad alto livello di sodio, e dunque alghe marine, olive piccanti, peperoncino piccante, foglie piccanti di rapa, ravanelli, rucola, sedano, crescione, tarassaco, asparagi, punte di pungitopo, prezzemolo, carote, carciofi, cardi, sesamo, girasole, cavoli, noce di cocco, cavolfiori, funghi, indivie, meloni, castagne, mirtilli, more, lamponi, ribes, uva-spina, uva inca ma soprattutto nera.
IL PIEDE DEL DIABETICO E IL RISCHIO DI AMPUTAZIONE DELL’ARTO
Le ulcere ai piedi costituiscono indubbiamente la complicanza più frequente che si manifesta nei piedi di un diabetico. La pericolosità delle ulcere è strettamente legata alla scarsa circolazione indotta dall’arteriopatia periferica del diabetico: non ricevendo la dovuta quantità di sangue, le ulcere faticano a rimarginare. Di conseguenza, si innesca un meccanismo a cascata che conduce ad emorragie e ad infezioni. Quando l’infezione si diffonde, il paziente corre il rischio di morte del tessuto (necrosi tissutale), dunque cancrena. In quest’ultimo caso, l’arto richiede l’immediato intervento medico-chirurgico, che prevede la somministrazione di antibiotici per uccidere i batteri, la rimozione del tessuto infetto e, quando necessario, l’amputazione dell’arto (o di una parte di esso) per evitare che il danno si diffonda anche nei distretti limitrofi. Max Bircher-Benner fu capace, mediante formule crudiste di togliere letteralmente soggetti in attesa di amputazione dalle mani dei chirurghi.
GLI INGREDIENTI DELLA GUARIGIONE STANNO NELLA MENTE E NELLA SCORZA
Da qualunque parte si guardi la cartella clinica, si rivelano segnali di coperta corta. La medicina in generale, e quella specifica dell’ospedale curante, non è ovviamente in grado di fare un bel niente, se non aggravare ulteriormente la situazione incrementando il tasso di inquinamento del sangue, delle acque e dei tessuti, o ricorrendo ai suoi mezzi estremi, tutti scartabili in quanto ai margini dell’accanimento terapeutico. La scienza igienistica potrebbe ancora dire la sua e rivelarsi vincente, con un pizzico di buona sorte. Si tratterebbe di lavorare su quel minimo residuo di funzionalità renale tuttora esistente. C’è gente che ha recuperato partendo da situazioni giudicate disperate. Dipende molto dalla voglia di farcela, dal pensiero positivo e dalla scorza vitale del paziente.
DIPENDE TUTTO DALLA VITALITÀ DELLE FOGLIE RESIDUE
Ovviamente timide garanzie. Ma sempre 10 volte più garanzie della usata e stra-usata opzione medica. Siamo tutti nelle mani di Dio, sani e malati. Solo i meccanismi interni e gli specchi immunitari conoscono per filo e per segno lo stato reale delle foglie residue e delle capacità di recupero di un organismo in siffatte condizioni. C’è di mezzo uno stop progressivo alla farmaco-dipendenza indispensabile ma non per questo privo di insidie.
IMPARARE DAI BUONI ESEMPI, MA ANCHE DA QUELLI PESSIMI DELL’ARIZONA E DELL’AUSTRALIA
Se solo uno sapesse guardarsi in giro e far tesoro sia dei buoni che dei cattivi esempi, imparerebbe molto. Il cattivo esempio arriva ad esempio dai Pimas dell’Arizona, una delle tribù indiane più massacrate da ritenzione idrica e diabete, ed anche, non troppo stranamente, dalla salutomane Australia, paese che registra la più alta incidenza al mondo di malattie renali e di cancri renali, fatto questo che riflette non solo l’alta assunzione di proteine animali, di grasso e colesterolo nella dieta, ma anche l’enorme ricorso ad analgesici ed antidolorifici, particolarmente in campo femminile.
URGENTE ADOZIONE DI DIETA VITALE, CRUDISTA, VIBRAZIONALE E BIO-FLAVONOICA
Basterebbe adottare d’urgenza una dieta crudista e vitale, abbondando in angurie e meloni, in flavonoidi viola e in succhi amari di clorofilla, in piante come il peperoncino, le alghe, la malva, le ortiche, la camomilla, la piantaggine, la fitolacca. Un litro abbondante di tisana di malva al giorno e qualsiasi tipo di malattia di Bright tende a dare segni confortanti di miglioramento. Muoversi il più possibile, catturare ogni raggio di sole, respirare ritmato-profondo-diaframmatico mandando fuori tutta l’aria e anche di più, e pensare rigorosamente in positivo, liberandosi progressivamente da ogni farmaco e massimizzando nel contempo l’apporto di flavonoidi e di acque biologiche, azzerando proteine animali-cibicotti-sale-zucchero-dolciumi-integratori e riducendo a 3 bicchieri (non 3 litri al giorno) l’acqua bevuta. E con questo si vincono l’uremia, l’insufficienza, la dialisi e il trapianto renale.
I RIMEDI PER I RENI VANNO A BRACCETTO CON QUELLI PER IL DIABETE
Ma anche per il diabete, e per il piede diabetico, i rimedi per i reni risultano ugualmente formidabili. Basterà aggiungere cetrioli, carciofi, cardi, topinambur, aloe, lupini, succhi di carote e di sedano (70% sedano). Una dieta vegan-crudista rigorosa e, in un periodo che va dalle 3 settimane ai 3 mesi, ogni forma di diabete se ne torna da dove era venuta. Queste non sono chiacchiere ma fatti concreti. Ho persone e intere famiglie beneficiate da tutto questo in ogni città d’Italia, pronte a testimoniare e a portare prove scritte sulle proprie auto-guarigioni. Il segreto rimane sempre quello di disincrostare le arterie, di fluidificare il sangue, di sturare i capillari, di funzionalizzare il metabolismo, di riattivare i meccanismi immunitari e di velocizzare il linfatico.
LE ARTERIE E I CAPILLARI
Mi sia concesso ricordare fatti banali ma a volte poco considerati. Le arterie trasportano sangue rosso ricco di ossigeno dal cuore ai tessuti e agli organi, tra cui il cervello, i reni e il fegato. Il sangue fluisce attraverso di esse con grande forza. Per questo motivo sono spesse e flessibili, e quindi resistenti alla pressione elevata. Le dimensioni delle arterie si riducono man mano che si allontanano dal cuore. Al minimo delle dimensioni, le arterie diventano capillari. I capillari collegano le arterie alle vene. Essendo i vasi sanguigni più piccoli in assoluto, i capillari trasportano il sangue verso e da ogni cellula dell’organismo. Nel corpo di un soggetto adulto si contano 100 trilioni di cellule e 100.000 km di capillari, come andare da Milano a Pechino 6 volte andata e ritorno.
ARTERIE SPESSE E VENE SOTTILI
Le pareti dei capillari sono tanto sottili da consentire all’ossigeno e alle sostanze nutritive di passare attraverso di esse per penetrare direttamente nelle cellule. I prodotti di scarto e l’anidride carbonica passano dalle cellule attraverso le pareti dei capillari per ritornare nel flusso sanguigno. I capillari si ingrandiscono man mano che abbandonano ogni cellula e ben presto si trasformano in vene. Le vene trasportano il sangue povero di ossigeno al cuore, per cui il loro aspetto non è rosso ma blu. Le pareti delle vene sono molto più sottili di quelle delle arterie in quanto non serve che siano tanto spesse, avendo il sangue venoso una pressione minore.
FLUSSO LINFATICO A SENSO UNICO
ll sistema linfatico fa parte del complesso apparato circolatorio, in modo analogo alla circolazione sanguigna trasporta un liquido chiamato linfa, tramite un sistema di vasi linfatici e piccoli capillari distribuiti in tutto l’organismo. A differenza della circolazione sanguigna, dove la rete di vasi e capillari forma un circuito chiuso, nel sistema linfatico il flusso è a senso unico. La linfa penetra infatti nei piccoli capillari delle zone periferiche e prosegue il suo percorso confluendo progressivamente in vasi di maggiore portata fino ai due dotti toracici, che si innestano nella vena succlava destra e sinistra. Solo l’osso, l’epitelio ed i tessuti del sistema nervoso centrale sono privi di vasi linfatici.
IL SISTEMA LINFATICO HA LA FUNZIONE DI DRENARE I TESSUTI EVITANDO IL RISTAGNO DEI LIQUIDI E SVOLGE AZIONE DI DIFESA DELL’ORGANISMO
La linfa ha una composizione analoga al plasma, è costituita essenzialmente da acqua, proteine, grassi e globuli bianchi. Si origina in prossimità dei capillari arteriosi dove viene secreta a causa della pressione arteriosa e si propaga negli spazi inter-cellulari del tessuto. La soluzione extra-cellulare gioca così un ruolo importante nel trasporto delle sostanze chimiche ed inoltre andrà a raccogliere le sostanze di rifiuto prodotte dal metabolismo cellulare. In parte la linfa viene riassorbita dalle pareti dei capillari venosi re-immettendola nel flusso sanguigno, in parte viene invece assorbita dalla rete dei capillari linfatici, i quali posseggono una parete altamente permeabile.
SE IL SANGUE VIENE MOVIMENTATO DAL CUORE, LA LINFA VIENE MOVIMENTATA DA MUSCOLI E RESPIRO LUNGO
A differenza del circolo sanguigno dove il cuore genera la spinta necessaria per garantire un flusso continuo del fluido (5,5 litri di sangue), il sistema linfatico essendo a senso unico deve affidarsi al pompaggio indotto dall’azione dei muscoli e della respirazione. Per favorire il flusso unidirezionale della linfa, l’ampia rete di vasi linfatici è provvista di inserzioni valvola che come accade nel sistema venoso, i quali impediscono il reflusso della linfa nel verso contrario. Dalla fitta rete di capillari linfatici la linfa scorre confluendo in vasi di calibro sempre maggiore, ed incontrando sul suo percorso le ghiandole linfatiche (linfonodi deputati alla sintesi di linfociti, speciali globuli bianchi addetti alla difesa immunitaria) disseminate su gran parte del corpo, dotate di funzione filtrante e purificante contro eventuali agenti patogeni e sostanze di rifiuto.
CHI PRATICA SPORT POMPA LA LINFA MUSCOLARMENTE E ATTUA UN NATURALE LINFO-DRENAGGIO
Nel caso di problematiche a carico del sistema linfatico o venoso si può assiste ad un accumulo di liquidi nei tessuti. Questo stato, identificato come edema tissulare si verifica in conseguenza di un inadeguato drenaggio linfatico, per cui la quantità di liquidi trasudata dal sistema venoso eccede la quota che il sistema linfatico è in grado di riassorbire. Per garantire una buona efficienza del sistema linfatico è importante praticare una regolare attività fisica così da favorire l’effetto pompa muscolare con la sua naturale azione linfo-drenante.
LE DIETE CHE ESCONO DALL’AMBITO VEGANO TENDENZIALMENTE CRUDISTA SONO VERI ATTENTATI ALLA SALUTE UMANA
Come ben spiega l’amico dr Giampaolo Vanoli sul blog Mednat, la qualità della linfa deriva dalla qualità del sangue, quella del sangue dal fegato e quella del fegato dal cibo. La responsabile del benessere cellulare rimane la linfa, cioè il fluido extra-cellulare che avvolge in costante bagno ogni singola cellula il fluido che è diretta derivazione e continuazione della corrente sanguigna. Il fegato non solo deve rifornire il sangue di nutrienti appropriati e di tanta vitamina-C naturale. Le varie diete, che escono dallo schema tendenzialmente crudista, sono degli autentici attentati alla salute umana. L’apparato linfatico può essere definito come parte specializzata del sistema circolatorio. È costituito anch’esso da un liquido (la linfa) che circola in un circuito di vasi (linfatici), simili alle vene e con valvole a nido di rondine, e che al termine del suo percorso viene riversato nel sangue attraverso la vena cava superiore.
LA QUALITÀ DELLA LINFA È DI BASILARE IMPORTANZA PER IL DIABETE E L’INSUFFICIENZA RENALE
La vera salute viene dunque sì da una alimentazione crudista, ma anche da dentro, ossia da una circolazione linfatica ottimale. Il circuito più importante circolazione del nostro organismo è quello della circolazione linfatica. La linfa è fonte di vita, salute e giovinezza dell’essere umano. Questo liquido vitale e miracoloso, come ha dimostrato, il dr Emil Vodder già negli anni 1932-36 aiutando la guarigione di moltissime persone dalle più diverse malattie. Anche se la scuola medica di Ippocrate in Grecia, quattro secoli prima di Cristo, si occupava già di linfa, il massaggio linfatico è un trattamento inventato solamente alcuni decenni fa. All’inizio del XX secolo, prima l’austriaco Winiwarter e poi il citato danese Vodder sviluppano una terapia di massaggio sui canali e sui gangli linfatici. I vasi linfatici penetrano con i loro capillari in quasi tutti i tessuti dove raccolgono la linfa in eccesso negli spazi fra cellula e cellula. Nel torace sono situati i due maggiori tronchi collettori della linfa: il dotto toracico, che sbocca nella vena succlavia sinistra; e la grande vena linfatica che sbocca nella vena succlavia destra.
EMIL VODDER E CECIL DRINKER PIONIERI DEL LINFO-DRENAGGIO
In America il prof Cecil Drinker, 30 anni fa disse profeticamente: “Il sistema linfatico è il sistema organico più importante per la vita degli esseri umani ed animali”. Attraverso un massaggio adeguato è possibile eliminare gli “ingorghi” e le relative “chiuse” che impediscono alle ghiandole linfatiche di eseguire il loro lavoro di depurazione tissutale. Si tratta di un movimento rotante operato “in loco” sui linfonodi utilizzando la sensibilità dei polpastrelli e di tutta la superficie del dito. Lo scopo è raggiungere le stazione della fossa sovraclavicolare, il “terminus” la stazione finale di tutte le vie linfatiche del corpo. Il metodo non è raccomandato soltanto per trattamenti del viso, cosmesi o scopi preventivi, ma anche per malattie. Se scorre linfa sana, tutti i tessuti e le funzioni vengono normalizzati. La linfa è la vera fonte di salute, ma anche protettrice di salute. Nel caso della particolare della tecnica di “Vodder” il concetto di “linfa” concorda sia con il liquido nutrizionale che affluisce alle cellule (linfa interstiziale) sia indirettamente con il liquido che scorre nel protoplasma di bilioni di cellule. E’ chiaro che il sistema linfatico non lavora solo come apparato di depurazione (attraverso l’effetto di drenaggio), ma anche come apparato di protezione e difesa; compiendo inoltre importanti funzioni vitali quale tessuto nutritivo.
LINFONODI, LINFOCITI, ANTICORPI E DIFESE IMMUNITARIE
Il dott. Vodder ha infatti osservato che manipolando la pelle con una precisa tecnica, la linfa pulisce l’organismo dalle tossine accumulate attraverso il cibo-spazzatura, l’inquinamento e lo stress, portando ossigeno e nutrimento alla pelle. I vasi e capillari linfatici sono molto più sottili e delicati di quelli sanguigni per cui il Linfo-drenaggio Manuale richiede manipolazioni delicate orientate a favorire il passaggio della linfa prima verso gangli linfatici regionali superficiali poi verso stazioni di linfonodi più importanti fino a raggiungere il cosiddetto “terminus” a livello delle fosse clavicolari fra collo e torace. La convinzione che miracolose forze vitali si nascondessero nel fluido linfatico pervase Vodder agli inizi dei suoi studi, ma nonostante i rapidi progressi della ricerca biologica i corpuscoli linfatici continuavano a nascondere i loro segreti finché a metà di questo secolo si scoprì finalmente che al grosso nucleo di linfociti sono annessi materiali che garantiscono la vita, come l’ acido desossiribonucleico (DNA), principio vitale di tutte le cellule e portatore delle caratteristiche ereditarie. Quando gli immunologi constatarono che i linfociti sono responsabili della formazione degli anticorpi e della difesa contro virus e infezioni, la ricerca sul sistema linfatico raggiunse il punto più alto.
NON ESISTE ALTERNATIVA A UNA SOLIDA RIFLESSIONE IGIENISTICA
Per salvare la gente, in qualunque condizione essa si trovi, l’obiettivo è ben delineato. La vera lotta è contro il sangue melmoso e contro i capillari intasati e bloccati. Spero che si abbia l’accortezza di leggere quei 3 libri che ho in circolazione, ma che non si trascuri nel frattempo il mio blog igienista, facendo una scorpacciata di articoli anche partendo dall’ultimo e andando a ritroso. Motori di ricerca per anticipare gli scritti più specifici? Usare i termini diabete, reni, calcoli, trapianti, dialisi, ipertensione, sarcoidosi, dieta, sangue melmoso, pigrizia linfatica, alimentazione naturale.
SEGNALO PURE IL BLOG BIO-HAUS DELLA STEFANIA ROSSI, CHE TRATTA ESTESAMENTE DEL SISTEMA LINFATICO
Segnalo anche il blog Bio-Haus (www.bio-haus.it), che ha come motto “Heal yourself, heal the animals and heal the planet”, e porta la firma della splendida Stefania Rossi, autrice di “Vivere con 5 euro al giorno”, testo super-adatto alle condizioni di un mondo che sta andando economicamente a ritroso. Chiedo all’autrice di inviarmi cortesemente una copia, e non mancherò di segnalarlo ancora, visto che parla pure del sistema linfatico.
TESINE DA LEGGERE
- Glomerulosclerosi in agguato e creatinina in rialzo
- Ipertensione, creatinina in aumento ed insufficienza renale
- Dialisi renale e creatinina alta
- Diabete, dialisi e deliranti diete mediche
- Dialisi, trapianti, tumori e assistenza igienistica
- Shönlein-Henoch porpora e glomerulonefrite
Valdo Vaccaro
Commenti
0 commenti