MORTALITÀ DA CORONAVIRUS INFERIORE ALLA MORTALITÀ DA INFLUENZA
L’articolo mi arriva da Edgar Comis Ronchin che ringrazio, ed è stato pubblicato ieri 4 maggio 2020 su La Stampa, scritto da Cristian Martini Grimaldi.
Si tratta di uno studio del Kobe City General Medical Hospital, su 1000 campioni di sangue di gente ivi ricoverata tra fine marzo e inizio aprile 2020. Solo lo 0,01%, vale a dire 1 su 10.000. Tale mortalità è addirittura inferiore a quella causata dalla comune influenza stagionale.
I DATI STATISTICI SMENTISCONO GLI ALLARMI GOVERNATIVI
In altri termini la mortalità del covid19 potrebbe essere di gran lunga inferiore a quello che finora gli scienziati avevano ritenuto. Nel campione sono stati esclusi i pazienti affetti da sintomatologia da coronavirus. Su queste mille persone, 33 persone, ovvero il 3,3%, sono risultati positivi agli anticorpi del Covid19.
KOBE PUÒ ESSERE UN PO’ PARAGONATA A MILANO O A WUHAN
Kobe, è una delle città giapponesi più cosmopolite. Pertanto non è affatto improbabile che il Covid19 sia arrivato qui già alla fine dell’anno scorso. Ma questi studi dimostrano che il caos generato intorno a questa cosiddetta pandemia non pare affatto giustificato. L’idea della dispersione nell’aria e della persistenza nell’aria di goccioline contagianti, il timore di un colpo di tosse nostro o da part degli altri, ha avuto anche da queste parti il sopravvento, generando paure più o meno irrazionali.
CHIUDERE I RISTORANTINI È STATA UNA BATOSTA INSOPPORTABILE PER I GIAPPONESI
Chiusura delle scuole, cancellazione di eventi e richiesta a locali e ristoranti di restare chiusi. Ed è proprio quest’ultima raccomandazione ad aver avuto le ripercussioni più devastanti. Quando la curva dei contagiati da Covid19 tornerà a livelli non più allarmanti si dovranno infatti contare non tanto le morti in eccesso causate dal virus ma quelle dovute alle conseguenze della chiusura dell’economia.
1700 SUICIDI E IMPICCAGIONI IN MARZO TRA I PROPRIETARI IN ROVINA
Quanti piccoli imprenditori, proprietari di ristoranti rientrano nella fredda statistica dei 1700 suicidi avvenuti nel mese di marzo è difficile stabilirlo ma nelle cronache di questi giorni emergono storie strazianti. Come il gestore di un izakaya di Sapporo che si è impiccato dopo essersi indebitato per rinnovare il locale in vista delle Olimpiadi poi rimandate. Stessa sorte per il proprietario di un ristorante di tonkatsu (cotolette fritte) conosciutissimo a Nerima, a nord di Tokyo, che ha scelto di darsi fuoco nel proprio locale.
Ed è proprio perché storie come queste sono ormai all’ordine del giorno che il governatore di Osaka pensa di alleggerire le misure d’emergenza già a partire da metà maggio.
COMMENTO
I giapponesi hanno già subito in passato memorabili smacchi sanitari, com quello dello SMON, la falsa peste Aids che li ha spaventati e travolti per una quindicina d’anni tra il 1955 e il 1969, causando oltre una decina di migliaia di vittime e una marea di suicidi.
LA STORIA DELLO SMON È MOLTO INTERESSANTE
Lo SMON è conosciuta anche come “neuropatia subacuta mielotica” ed è catalogata come malattia del sistema nervoso centrale che, partendo dai sintomi di una semplice diarrea, porta a paralisi, cecità e, in taluni casi, anche alla morte. Il primo caso di SMON scoppiò nel 1955, in Giappone soltanto, e apparve come vera e propria epidemia contagiante, dove i sospetti venivano confinati e messi in quarantena, spinti letteralmente all’isolamento sociale e al suicidio. Molti, a partire da una banale diarrea, si ritrovarono presto a combattere con problemi neurologici più gravi, a subire cure mediche sbagliate, perdendo spesso la vita.
UNA CORSA CONTINUA ALLA RICERCA DEL VIRUS RESPONSABILE
Nel 1964, il virologo Masahisa Shingu dichiarò di aver scoperto il virus responsabile dell’epidemia andando ad analizzare le feci dei pazienti. Il ricercatore giapponese pubblicò tutto su una rivista scientifica. Nel 1968, quattro anni dopo lo studio di Shingu, altri due studi sostennero di aver scoperto anche loro il virus responsabile della Smon. Peccato che si trattasse di due virus diversi da quello ipotizzato da Shingu. Chi dei tre aveva ragione? Forse nessuno dei tre. Infatti, fino a quel momento, si credeva che la causa della malattia fosse un virus.
SOLO NEL 1969, CIOÈ 14 ANNI DOPO, LA VERITÀ VENNE A GALLA
Nel 1969 un altro studioso, il neurologo Tadao Tsubaki, evidenziò che il 96% delle persone che manifestava la SMON, in precedenza aveva assunto un farmaco anti-diarrea. Si chiamava Clioquinol e veniva prodotto dalla multinazionale Eli Lilly, che venne condannata a pagare cifre da capogiro come responsabile di tale disastro.
SONO STATO TRA I PRIMI A DENUNCIARE AIDS E SMON
L’intera storia viene in genere rimossa dai dati ufficiali e convenzionali in quanto assai disturbante e imbarazzante per il partito mondiale della vaccinazione e delle mascherine, per l’OMS e Bill Gates. Consiglio sempre di leggere alcuni dei miei articoli sui virus come “Aids non malattia ma programma di governo” e anche “Virus e viresse”.
HO IL DIRITTO E IL DOVERE DI SMASCHERARE I DELINQUENTI CHE OGGI PARLANO DI CORONA VIRUS MOSTRO DELL’UMANITÀ
Proprio per il fatto di non essere né medico né virologo ho avuto la mente e le mani libere per studiare a fondo l’intera questione, e per denunciare questi odiosi misfatti. Ed è in forza di questo che posso oggi mantenere con coerenza le mie posizioni contro l’intero l’infame apparato manipolatorio mondiale, OMS in testa, che sta ridicolizzando l’uomo, la sua dignità e la sua onorabilità.
Valdo Vaccaro
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