OGNUNO VOTI CHI VUOLE
Le elezioni politiche dovrebbero essere un momento sempre positivo, visto che si tratta di esercitare il diritto democratico chiamato voto. Ognuno lo eserciti votando o non votando, e scegliendo liberamente, in caso di voto, il partito o il movimento che più gli aggrada e lo convince. Ho tra i miei lettori amici schierati su tutti i fronti e l’ultima cosa che cerco è proprio quella di schierarmi.
NON ESISTE DESTRA E SINISTRA
In una delle ultime apparizioni di Giorgio Gaber in televisione, il grande artista accennò, chitarra alla mano, un motivetto che faceva “Ma cos’è la destra? E cosa è la sinistra?” Occorre dunque guardare alle cose concrete. Il mio blog parla di salute e di comportamento, argomenti che necessariamente si aggregano con l’economia e la politica. Starne del tutto fuori sarebbe assurdo, illusorio ed ipocrita. Il non dire come la penso a livello personale, suonerebbe come una stonatura ed un lavarsi le mani.
STANNO SCOPPIANDO BOLLE CARICHE DI PUS
A parte le elezioni, poi, stanno succedendo diverse cose in contemporanea. Le dimissioni di papa Ratzinger, gli scandali Monte dei Paschi collegati alla Banca Vaticana IOR, da sempre nelle capienti mani dei Rothschild, gli scandali Finmeccanica. L’Italia, per quanto impoverita e dissestata da una serie di fattori, non è l’ultima ruota del carro, per cui gli occhi del mondo sono puntati su quanto accade al di qua delle Alpi.
CON DIO O CON SATANA?
Se uno legge “La storia dell’igienismo naturale” (da Pitagora alle scie chimiche), e alcuni articoli sul blog, tipo “Il frullatore Bilderberg“, capisce che non sto affatto dalla parte delle oscure manovre dei ladri finanziari, dei manovratori tedesco-americani, dei Monti, dei Draghi, dei Frattini, dei Fini e dei Casini, per dire alcuni nomi. Allora sto con Berlusconi? Come dire o con Dio o con Satana, dove non si sa chi sia divino e chi sia satanico?
CHI TIRA LE FILA? CHI HA IMPICCATO ROBERTO CALVI?
Chi manovra le cose e le coscienze in questo paese? Chi tira le fila in Italia non sono nemmeno i governi, visto che l’opposizione parlamentare governa a volte più dei premier che si alternano. In questo paese ci sono molti scheletri nell’armadio della politica. Banchieri impiccati sotto il ponte dei Frati Neri (Blackfriars Bridge), e parlo di Roberto Calvi, ex presidente del Banco Ambrosiano, un orribile e spietato omicidio, tuttora misterioso dopo 22 anni (le prossime due udienze a Roma per il 15 e il 30/3/13 vedono imputati di omicidio Pippo Calò, Flavio Carboni, Ernesto Diotallevi e Manuela Kleinszig). E il processo ai veri mandanti?
I MALAFFARI E LE RUBERIE MILIARDARIE DI ROMANO PRODI E DELLA SGUAIATA “SINISTRA” DI DE BENEDETTI
Le cose peggiori però le ha realizzate un certo Romano Prodi, titolare della famigerata agenzia Nomisma, svenditore dell’IRI al suo alleato Carlo De Benedetti, dilapidatore storico del patrimonio nazionale. Capace di non finire mai nelle patrie galere, nonostante l’aver regalato alla FIAT debenedettiana l’Alfa Romeo per 1000 miliardi A RATE, contro i 2000 miliardi IN CONTANTI offerti dalla Ford e una cifra ancor maggiore offerta dai giapponesi della Toyota. Capace di regalare la SME, il più grosso gruppo alimentare dello stato (valore concreto di cassa e di titoli 3100 miliardi) alla Buitoni, sempre di De Benedetti, per la miseria di 393 miliardi.
SE SOLO SI APRISSERO I CONTI SEGRETI DELLA NOMISMA!
Capace di difendere i ladroni bancari del caso Parmalat. Specialista nel prendere dallo stato soldi a costo zero e nel far affluire nella Nomisma tangenti supermiliardarie. Capace di stendere tappeti rossi a George Soros, autore del più grande tentativo di affondare la lira! George Soros, il distruttore numero uno dell’export italiano verso l’Asia, in combutta con Bill Clinton nel luglio 1997, con la decapitazione delle Tigri Asiatiche e la speculazione contro l’ottimo e super-stabile Baht thailandese. Romano Prodi è stato persino capace di fargli assegnare una laurea honoris-causa dall’Università di Bologna.
SUCCHIATORE IMPAREGGIABILE DI RISORSE STATALI DA REGALARE AI COMPAGNI DI MERENDE
Che Romano Prodi fosse il primo in Italia a parlare di stop al danaro contante (estate 2011) non sorprende affatto. Con tutti i miliardi che ha sottratto alle casse dello stato, e finiti nei paradisi fiscali salvaguardati dai suoi preziosi sponsor e compagni di merende George Soros e Carlo De Benedetti, non ha certo bisogno di portarsi delle banconote in tasca quando gira. Silvio Berlusconi potrà anche non essere un santo. Ma cerchiamo di essere obiettivi, e di andare a fondo nelle cose.
OGNUNO SI FACCIA LE SUE OPINIONI
La verità la sta raccontando Beppe Grillo. La saggezza la sta esprimendo Roberto Maroni. Anche Di Pietro e Vendola esprimono punti di vista condivisibili. Non si capisce bene quali convergenze strane potranno mai accadere per rendere questo paese governabile. Più che un berlusconiano, sono un antiprodiano. Sono per un’Italia non schiava degli spread manovrati da Monti e da Draghi, servi di Rockefeller e delle banche ladre e fallimentari d’America. Sono contro il diktat delle lobby finanziarie che si appoggiano ai predoni rossi, falsi profeti di una sinistra ipocrita ed inesistente. Sono per una restituzione della dignità, dell’indipendenza e del diritto al lavoro a una nazione italiana stracarica di giovani disoccupati causati dai ladroni di ieri e di oggi, interni ed esterni alla catena delle Alpi.
VI OFFRO TRE DOCUMENTI MERITEVOLI DI ATTENZIONE
Conto zero e non ho nessuno alle mie spalle. Ho soltanto raccolto, per chi mi legge, i tre documenti più intelligenti e credibili di questi ultimi giorni, dove si parla contro la dittatura dell’Euro (professor Paolo Becchi, docente all’Università di Genova), contro la dittatura delle carte di credito obbligatorie (Maurizio Blondet, grande giornalista italiano), e contro la dittatura celata del prodismo. Ho soltanto inserito dei sottotitoli a ciascuno dei 3 documenti, per renderli, spero più comprensibili. Serve uno stato snello e amico, sgravato da assurde paghe e da parlamentari e dirigenti regionali-provonciali-comunali super-stipendiati e super-pensionati. Uno stato economico e risparmiatore e giammai uno stato di polizia tributaria.
Valdo Vaccaro
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CONTRO LA DITTATURA DELL’EURO
intervista a Paolo Becchi di CLAUDIO COMINARDI, Palazzolo sull’Oglio
CONTRO LA DITTATURA DELL’EURO, di Michela Apostoli e Laura Rolleri per Palazzolo 5 stelle
“La crisi”, termine a cui ormai chiunque è assuefatto, come ogni problema dovrà pur avere una soluzione (per quanto scomoda questa possa essere per la lobby del potere finanziario). Criticare lo stato attuale e le politiche di austerity dei governi europei senza proporre soluzioni a poco servirebbe. Poniamo quindi i dubbi che ci assillano al Professor Paolo Becchi, docente di Filosofia del Diritto all’Università di Genova, che ci parla spesso tramite il blog di Claudio Messora.
I FALSARI AMERICANI STAMPANO E I FALSARI EUROPEI SCIMMIOTTANO
Nel sistema monetario su stampo della Fed americana, la moneta nasce dal debito, cioè la Fed stampa moneta in cambio di obbligazioni (debito) emesse dal governo americano. Per legge ciò non può accadere in Europa, ma Draghi, a capo della BCE, ha aggirato l’ostacolo dando liquidità alle banche all’1% e chiedendo loro di acquistare il debito dei governi. Quindi indirettamente la BCE ha agito come la Fed. È evidente come una moneta che nasce dal debito sia un concetto paradossale. La moneta dovrebbe nascere dall’economia reale. La moneta dovrebbe essere un mezzo di scambio di beni e servizi (dati i limiti del baratto). Questo meccanismo inoltre alimenta la spirale del debito delle nazioni, in costante aumento, debito che i governi fanno pagare all’economia reale attraverso tasse che finiscono ad organismi sovranazionali europei e da questi a banche finanziarie private, che si fanno ripagare il default speculativo finanziario dall’economia reale (cittadini, famiglie, imprese che lavorano, producono beni e servizi e pagano le tasse).
SI TRATTA DI REIMPOSTARE IL RAPPORTO TRA MONETA ED ECONOMIA REALE
Alla luce di questa distorsione dell’economia attuale, Lei come reimposterebbe il rapporto moneta/economia reale? Hai messo bene in luce l’attuale situazione. Un vero e proprio groviglio ormai difficile da dipanare. Come reimpostare il rapporto tra moneta ed economia reale? Beh, è una domanda che andrebbe rivolta a un economista più che a un filosofo del diritto come il sottoscritto. Anche se, per la verità, la mia impressione è che molti economisti oggi brancolino nel buio. Basti pensare a come di solito la crisi attuale venga presentata come una conseguenza dell’enorme indebitamento pubblico dei cosiddetti PIGGS ( Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna), considerati come Stati incapaci di controllare un’eccessiva spesa pubblica. Mentre l’enorme indebitamento pubblico in realtà è esploso perché gli Stati sono stati costretti ad intervenire per il salvataggio delle banche e della finanza privata. Si confondono gli effetti con le cause.
INDISPENSABILE SGANCIARCI DALL’EURO E TORNARE ALLA LIRA
E la causa di molte nostre sciagure è proprio una moneta: l’Euro, che è stata imposta ad economie molto diverse tra loro, con il risultato che oggi sta sotto gli occhi di tutti. I Paesi forti (la Germania) sono diventati ancora più forti e quelli più deboli, come il nostro, hanno perso di competitività, si sono ulteriormente indebitati. Ecco, io credo che la moneta, per poter ritornare ad esprimere i bisogni dell’economia reale di un Paese, dovrebbe essere la moneta di quel Paese. Al contrario di quanto avvenuto con l’Euro, che certo ha avuto un effetto positivo per la Germania, provocando per quel Paese una svalutazione competitiva, ma per noi è solo servita a far aumentare le importazioni e diminuire le esportazioni, con un peggioramento complessivo della bilancia commerciale. Tutto si potrà dire dell’Euro, tranne che la sua introduzione sia stata un bene per la nostra economia reale. Noi al momento siamo legati a una moneta troppo forte per la nostra economia e che pertanto la danneggia. È come agganciare la carrozza di un treno locale alla locomotiva di un Freccia Rossa. Se vogliamo uscire dalla crisi non possiamo far altro che sganciarci dall’Euro e ritornare alla vecchia ma pur sempre amata Lira.
MECCANISMI SOVRANAZIONALI E AUSTERITY METTONO IL PAESE IN GINOCCHIO
Specialisti di vario genere quali il Prof. di Economia Alberto Bagnai, il Nobel Nouriel Roubini, il giornalista Giulietto Chiesa, vedono nell’uscita dall’Euro, nel ritorno alla Lira e quindi nella svalutazione la soluzione. A riprova l’Argentina, che svalutò dopo la crisi speculativa di 10 anni fa, finisce oggi di ripagare i titoli Boden in valore dollaro ai suoi cittadini, a cavallo di una crescita costante decennale. Tuttavia scuole come quella di economia austriaca Ludwig Von Mises citano autori come il filosofo Immanuel Kant o Frédéric Bastiat per sostenere che la svalutazione porterebbe nel breve termine a un boom economico a causa dell’aumento delle esportazioni, ma nel medio-lungo termine a un ristagno a causa dell’aumento del costo delle materie prime e del lavoro per le aziende che ritornerebbero a non esportare. Sarebbe quindi necessaria un’ulteriore svalutazione. In sostanza con il boom delle esportazioni di fatto lo Stato italiano stamperebbe più Lire da “dare” agli acquirenti esteri per comprare beni italiani, il che equivarrebbe a stampare maggiore moneta su modello della Fed. Ma certo il perseverare della crisi attuale con meccanismi sovranazionali ed austerity non può essere sostenuto a lungo dall’economia reale.
SERVIRÀ SVALUTARE, DIMAGRIRE, E RICOSTRUIRE DALLE FONDAMENTA
Come gestire quindi un corretto ritorno alla Lira che alimenti crescita anche nel medio e lungo termine? Per la verità pare che Nouriel Roubini abbia pian piano cambiato idea. Ogni uomo, dice Hobbes, ha il suo prezzo. Certo che certe giravolte fanno impressione. Non c’è dubbio che il ritorno alla Lira non sarebbe un’impresa facile, bisognerebbe farlo evitando quella spirale di attacchi di panico con l’assalto alle banche per ritirare i depositi, spiegando alla gente che non è la fine del mondo. Sarà inevitabile passare attraverso una svalutazione della nuova moneta, ma a parte i benefici immediati che potrebbe avere per le nostre esportazioni, non è affatto detto che questa si traduca in un insostenibile aumento dell’inflazione. Non si può neppure escludere che per proteggere l’economia interna siano necessarie misure di limitazione alla circolazione di merci e capitali. Inoltre credo si debba pensare a una riforma del settore finanziario, in modo che le risorse vengano dirottate dalla finanza all’economia reale.
SERVE IL RILANCIO DI UNA POLITICA BANCARIA NAZIONALE, AUTONOMA ED AUTOSUFFICIENTE
Uscire dall’Euro non basta se poi le banche continuano a fare attività di speculazione invece che aiutare le imprese in difficoltà. Uscire dall’Euro non basta se la Banca Nazionale continua a essere nelle mani della finanza privata. Occorre quindi come prima cosa superare il divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro, avvenuto all’inizio degli anni Ottanta. La Banca d’Italia dovrà tornare a svolgere il ruolo di acquirente di titoli di Stato eventualmente non assorbiti dal mercato. Insomma il nostro Paese ha bisogno di una politica economica che tenti almeno di accorciare le distanze tra finanza ipertrofica ed economia reale produttiva. Governare questo processo, questo è il compito dei prossimi anni. Ma le forze politiche attualmente in campo sono tutte (senza eccezioni) incapaci di farlo. Stanno solo diligentemente eseguendo i “compiti” che i centri di potere di Bruxelles e Francoforte e – non dimentichiamolo – anche Wall Street hanno loro imposto per difendere la moneta unica. Per Obama anche la semplice uscita della Grecia dall’Eurozona metterebbe a repentaglio la sua rielezione. Ecco perché i Greci almeno fino al 6 Novembre saranno costretti a rimanere nell’Eurozona pagando un prezzo altissimo: la perdita della dignità di un popolo.
MEGLIO UNA FINE SPAVENTOSA CHE UNO SPAVENTO SENZA FINE
Rimanere nell’Euro per i Paesi che sin dall’inizio sono stati indeboliti dalla sua introduzione significa esporsi ad un’agonia fatta di continue perdite e sacrifici, insomma una lenta morte. Noi italiani dovremmo fare la stessa fine dei greci? Non nascondo a me stesso le difficoltà dell’uscita dall’Euro, ma penso che sia “sempre meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine.”
IMPARIAMO DALL’ARGENTINA E DALLA STESSA ISLANDA
https://www.youtube.com/watch?v=BOPS234cjGY
https://www.youtube.com/watch?v=yr0qwlEcGzM
Svalutando, l’Argentina tutelò i cittadini e garantì la restituzione dei depositi in dollari entro 10 anni: i Boden che sono stati totalmente ripagati ad oggi. Passando alla Lira, il debito estero lo dovremmo ripagare in Lire (conveniente per noi, ma non per i creditori esteri che avendoci prestato ad es. 100 si vedrebbero restituire 70) o in Euro? Come tutelare i piccoli-medi investitori italiani (es: l’artigiano, il pensionato che ha BOT italiani)? Devo ammettere la mia incompetenza. Proverò a rispondere come posso. Uscendo dall’Euro il debito rimarrebbe in parte (quella parte posseduta dagli investitori stranieri) in Euro e di conseguenza con la svalutazione a cui andrebbe sicuramente incontro la nuova moneta questo comporterebbe un aumento del debito stesso. Proprio per questa ragione penso che una qualche forma di default sarebbe indispensabile. Insomma potremmo decidere di “ripudiare” una parte, cioè quella parte, del debito. Del resto un’esperienza di questo genere in area europea c’è già stata e non mi pare che l’Islanda sia sparita dalla cartina geografica.
I PASSAGGI DA UNA MONETA ALL’ALTRA IMPLICANO SOLO DEI CAMBIAMENTI DI PREZZO
Per quanto poi riguarda i titoli di Stato dei piccoli risparmiatori, questi sono già stati penalizzati dalla speculazione, ma non vedo perché verrebbero danneggiati dalla conversione dall’Euro alla nuova moneta. I titoli saranno semplicemente espressi nella nuova valuta. Quali difficoltà hanno avuto i piccoli risparmiatori nel passaggio dalla Lira all’Euro? Nessuna. Il problema è che andando al bar ed ordinando una tazzina di caffè invece di pagarla 1200 Lire d’improvviso siamo stati costretti a pagarla 70 centesimi (il 40% in più).
L’EURO NON CI AIUTA PER NIENTE AD ESSERE COMPETITIVI
Uno degli spauracchi sventolati dai sostenitori dell’Euro è la presunta impossibilità da parte dell’Italia tornata alla Lira di competere con nazioni come la Cina. Premesso che anche così l’Europa (con livelli di tassazione record come quello italiano) sembra fare ben poco contro un mercato del lavoro non tutelato, basato sullo sfruttamento dei minori e su turni di lavoro di 16 ore, secondo lei quali sarebbero i punti a favore di un ritorno dell’Italia alla Lira?
SE L’EURO CROLLA, CROLLA LA GERMANIA E NON L’ITALIA
Gli stessi punti per cui la Svizzera si tiene il suo Franco e l’Inghilterra la Sterlina, solo per fare due esempi. Non vedo proprio che differenza possa fare Euro o Lira rispetto alle sfide che ci pongono i cinesi. Debbo inoltre constatare che nell’attuale dibattito questo argomento non ha trovato largo credito. L’idea è semmai generalmente che un Paese piccolo fuori dall’Euro potrebbe essere schiacciato da quelli grandi. Il grosso comanda, il piccolo ubbidisce. Ma è proprio quello che succede già ora. Basti pensare alla Grecia. L’essere “piccolo” a volte ha anche vantaggi, quando il piccolo rifiuta di essere colonizzato ed è in grado di rivendicare la propria indipendenza. Tra l’altro c’è da tener presente che il problema della Cina non riguarda direttamente noi, ma semmai la Germania. Infatti se crolla l’Euro, è la Germania a veder compromesse le sue esportazioni. Avvantaggiata dai benefici della moneta unica, la Germania è divenuta l’interlocutrice privilegiata di Pechino. La metà delle esportazioni europee verso la Cina proviene infatti dalla Germania.
IL MOVIMENTO DI DECRESCITA FELICE
Le crisi sono sempre aperture al cambiamento. Nascono nuovi modelli economico-politico-sociali quali quello dell’Institute of New Economic Thinking, con esponenti quali Joe Stiglitz e Mauro Gallegati, che individua il problema dell’Europa nel costo del lavoro diverso tra nazioni e la soluzione in modelli economici basati su cultura, servizi, reddito di cittadinanza (welfare state), redistribuzione degli utili d’impresa; il movimento di decrescita felice di Maurizio Pallante; il Venus Project di Jacque Fresco, basato sulla tecnologia che determina abbondanza per tutti senza impatto ambientale ed estirpazione della scarsità, che in ogni società presente e passata ha portato a conflitti di potere e ricchezza e parallela povertà (NB: ad oggi ¾ del mondo sono poveri). Pensa che la società attuale sia pronta a compiere un salto di questo livello? Come crede insomma che in termini di politiche economiche reali si possa aiutarla a compierlo?
LA CRISI OFFRE L’OCCASIONE PER RIPENSARE AL MODELLO DI SVILUPPO
Non c’è dubbio che la crisi possa anche offrire un’occasione di ripensamento dell’attuale modello di sviluppo. È possibile uscirne compiendo un salto di qualità? Difficile dirlo, anche perché non dobbiamo dimenticare che la crisi globale attuale è anzitutto una crisi di valorizzazione del capitale e non è affatto chiaro come e se possa ripartire un nuovo ciclo di valorizzazione reale del capitale. Come bene aveva già visto Marx.( LINK AD ARTICOLO: http://www.byoblu.com/post/2012/08/14/Dobbiamo-vomitare-tutto.aspx?page=all). La crisi è connaturata al sistema capitalistico, ma ciò a cui noi però oggi assistiamo è il fatto che la crisi sembra essere diventata il modo d’essere del capitalismo.
TORNARE AL LOCALE E CONTRASTARE LA GLOBALIZZAZIONE
Quello che concretamente possiamo fare è contrastare il fenomeno della globalizzazione ritornando al “locale”. Favorire anzitutto capacità produttive locali, rilocalizzare le attività. Un esempio semplice riguarda i generi alimentari: consumare i prodotti delle nostre terre. E poi abbiamo bisogno di una nuova politica energetica che punti decisamente sulle fonti rinnovabili (di cui il nostro Paese è ricchissimo) e sulla geotermia, in modo da ridurre la nostra dipendenza dal petrolio e che favorisca politiche di risparmio energetico.
MEGLIO PUNTARE SULLA DECRESCITA E SULLA FRUGALITÀ
Del resto devo anche dire che nutro seri dubbi sulla “crescita” di cui oggi tanto si parla. “Austerity” e “crescita” mi sembrano due facce della stessa medaglia. Crescita per che cosa? Per ritrovarsi in un paio d’anni nella stessa merda? E se usassimo questa crisi per uscirne con una nuova idea di economia ecocompatibile che non ci spinga solo a produrre e consumare sempre di più e sempre più in fretta? Se vogliamo ragionare sul lungo periodo più che sulla crescita dovremmo puntare sulla “decrescita”, uno sviluppo sostenibile per il pianeta. Dobbiamo cambiare stile di vita, imparare a essere frugali. Per dirla con Hans Jonas: ” Per arrestare il saccheggio, la diminuzione delle specie e l’inquinamento del pianeta in pieno corso, per prevenire l’esaurimento delle sue risorse e persino una fatale variazione di clima provocata dall’uomo è necessaria una nuova “frugalità” nella nostra abitudine di consumo”.
L’ITALIA HA SUBITO UN GRAVISSIMO ATTENTATO SENZA PRECEDENTI, UN COLPO DI STATO FINANZIARIO
Il 25-26 Febbraio scorsi si è tenuto a Rimini, nel silenzio generale di stampa e mass media, un Summit nazionale MMT (Modern Money Theory) promosso in Italia dal giornalista Paolo Barnard, durante il quale i professori Michael Hudson, Stephanie Kelton, Marshall Auerback, William Black e Alain Parguez hanno fatto una singolare panoramica, molto interessante e a tratti spaventosa nella sua drammaticità, su quello che hanno definito essere un “colpo di Stato finanziario” del nostro Paese che sta pian piano portando ad un collasso economico senza precedenti, a meno che appunto non si ritorni alla sovranità monetaria.
IL PAREGGIO DI BILANCIO VISTO COME UNA FARSA
Dal canto suo come vede questa scuola di pensiero che ha contribuito a risanare l’Argentina e vanta come principi fondamentali, tra gli altri, il potere esclusivo di emettere valuta e le relative leggi in materia fiscale, l’aumento della domanda anziché la deregolamentazione per una politica sociale che miri alla piena occupazione e alla creazione di reddito per le famiglie e le imprese incentivando e NON tagliando la spesa pubblica, l’idea del debito come un qualcosa di logico ed indispensabile in un contesto in cui il pareggio di bilancio è visto come una farsa?
IL TENTATIVO KEYNESIANO NON PARE ADEGUATO ALLA SITUAZIONE
Devo ammettere che non so rispondere a questa domanda. La Modern Money Theory, che tra l’altro organizzerà alcuni importanti incontri a Rimini e Cagliari nel mese di Ottobre, è una scuola di pensiero che mi sembra cerchi di far valere nel nostro tempo una politica economica di tipo keynesiano e dunque di sostegno alla domanda interna, di ricerca del raggiungimento della piena occupazione e di redistribuzione dei redditi.Politiche espansive basate su forti interventi pubblici, che inevitabilmente comportano aumento di spesa per gli Stati. Negli anni seguiti alla fine della Seconda Guerra Mondiale questo ha funzionato. Può ancora funzionare questo oggi per il nostro Paese? Non lo so. La mia impressione è che la crisi attuale sia più complessa delle teorie che cercano di interpretarla.
COME VEDE IL NUOVO ORDINE MONDIALE?
Riagganciandoci all’informazione distorta che Tv e giornali offrono quotidianamente sull’attuale situazione economica e sociale a livello mondiale, a seguito della scomparsa degli Stati sovrani che vantavano le proprie radici nella democrazia e nel Parlamento, (ad oggi di fatto esautorati dalle direttive comunitarie europee), ed in considerazione della crescente perdita di fiducia nello Stato da parte dei cittadini, come vede la crisi sotto una chiave di lettura più maliziosa e diffidente? Nello specifico, che idea si è fatto del così detto Nuovo Ordine Mondiale?
PIÙ DISORDINE CHE ORDINE, CON UNA MONETA UNITARIA VANTAGGIOSA PER POCHI
Più che un nuovo ordine mondiale vedo un crescente disordine. Finita l’epoca della divisione in due blocchi, l’America è rimasta dominante. Ma nuove realtà si sono imposte nella storia: in particolare la Cina e l’India. L’Europa unita politicamente avrebbe potuto giocare un ruolo in questa nuova divisione della Terra, ma questa entità non è mai esistita. Ad unire 17 paesi è stata una moneta che alla fine si è rilevata vantaggiosa solo per pochi.
IL CONTROLLO DELLE VARIABILI FONDAMENTALI AFFIDATO AI BANCHIERI
Con l’Euro si è tolto agli Stati nazionali il controllo su alcune variabili fondamentali della politica economica (moneta, tasso di conversione, tasso di sconto) per affidarlo ad un gruppo di banchieri, ma la crisi attuale ha paradossalmente finito per rivitalizzare gli Stati. Questo spiega il ritorno alle identità nazionali e la richiesta di recupero della propria sovranità monetaria. Corsi e ricorsi: gli Stati nazionali che sembravano ormai finiti sono stati rianimati da un’Europa che – come appare sempre più evidente – è un’Europa di banchieri in cui i cittadini non si riconoscono più.
IMPRESE COSTRETTE AD EMIGRARE PER SOPRAVVIVERE
In un sistema in cui ormai la democrazia pare appunto sospesa, in cui le nostre aziende chiudono se non vengono trasferite selvaggiamente all’estero, un periodo in cui i leader politici sembrano non essere più interessati all’economia reale, e le banche commerciali risultano essere più tutelate di ogni singolo risparmiatore se non addirittura dello Stato stesso, come inquadra l’ipotesi che il Governo, non disponendo dei mezzi necessari per garantire il proprio debito, si veda “costretto” a svendere il nostro patrimonio storico-culturale a favore di una finanza che indegnamente si appropria del dominio pubblico?
SERVIREBBE UNA NUOVA RESISTENZA
(LINK AD ARTICOLO: http://www.byoblu.com/post/2012/05/17/Uno-spavento-senza-fine.aspx) Questo governo è nato “con un colpo di stato sobrio” guidato da Re Giorgio. Per l’amor di Dio, tutto è avvenuto nel rispetto della legalità, come nel rispetto della legalità è avvenuta la modifica della Costituzione ad opera del Parlamento con l’introduzione dell’obbligo di pareggio di bilancio. Mi viene in mente un romanzo di Brecht in cui alla fine il capo dei gangsters comanda ai suoi seguaci: “il lavoro deve essere legale”. La svendita del patrimonio pubblico è solo la ciliegina sulla torta. Del resto ci si può chiedere chi mai abbia oggi i soldi per comprare. Diciamolo con franchezza, il Parlamento e il Governo italiani sono andati persino al di là delle previsioni di Marx, non sono più i comitati d’affari della borghesia nazionale, prendono ordini dal potere sovranazionale di Bruxelles e Berlino e li eseguono. Ci vorrebbe una nuova Resistenza!
LA FREGATURA DEL MES, O DECRETO SALVA STATI
Di recente, sempre nel silenzio generale, è stato firmato il nuovo trattato Europeo, l’ESM. Cosa ne pensa di questa imposizione sovranazionale che di fatto riduce ulteriormente la nostra Costituzione incatenandoci per così dire ad un servilismo ossequioso nei confronti di un’Europa a cui facciamo solo comodo? Con il fiscal compact e con l’ESM (o MES, vale a dire il cosiddetto Fondo Salva Stati) si cerca di diminuire il debito pubblico facendolo pagare ai cittadini. Facciamolo invece pagare a chi ha generato questo debito: poteri forti, lobbies finanziarie, banchieri, speculatori. Il nostro Parlamento, ormai uno strumento che serve solo a ratificare decisioni già prese dal Governo dei banchieri guidato da Mario Monti, ha già approvato tutto. Il MES tuttavia è ancora appeso alle decisioni della Corte Costituzionale tedesca, ma è abbastanza improbabile che la Corte lo ritenga incostituzionale. Comunque la cosa la dice lunga su chi comanda l’Europa oggi e sul ruolo che ci è stato riservato.
UN DEMONIACO CONTRIBUTO DI 125 MILIARDI DI EURO DA PAGARE
In pratica con il MES noi ci indebitiamo ulteriormente (l’Italia dovrà contribuire complessivamente con 125 miliardi di Euro) e lo facciamo affinché, qualora se ne presentasse la necessità, l’organizzazione intergovernativa che dovrà gestire il MES (dotata di un potere immenso e non sottoposta ad alcun controllo democratico) ci possa prestare a chissà quali tassi d’interesse un po’ di quello che abbiamo versato. Dal momento che per pagare la prima tranche del versamento dovremo fare dei debiti, quel meccanismo non farà che indebitarci ulteriormente. E’ lo strozzinaggio perpetuo. Il trattato che ha istituito il fondo è costruito in modo tale da permettere allo strozzino di fare qualsiasi cosa senza essere mai chiamato in giudizio per quello che fa. Un tassello importante per la dittatura europea sui popoli, i quali saranno costretti a subire politiche di austerity sempre più rigide non già per rilanciare lo sviluppo, ma per pagare il Fondo Salva Stati. C’è qualcosa d’inspiegabile, di demoniaco, in quello che sta succedendo.
USCIRE DALL’EUROZONA PER PORRE FINE AL MASSACRO DELL’ITALIA
Alla luce di quanto emerso dalle risposte precedenti, se dovesse darci la Sua ricetta di base per l’uscita dell’Italia dalla crisi, cosa ci direbbe? È mia moglie che cucina benissimo, mentre io non ho nessuna ricetta da proporre. Scherzi a parte. L’uscita dall’Eurozona non è certo la soluzione di tutti i nostri guai, ma è una condizione necessaria per porre fine al massacro del popolo italiano, dopo avere assistito al massacro di quello greco.
NON C’È RIVOLUZIONE SENZA TEORIA
Ma, ovviamente, l’Italia ha bisogno di altro. Anzitutto di una nuova classe dirigente. Dopo Mani Pulite abbiamo bisogno di un Parlamento Pulito. Tra pochi mesi due calvi si contenderanno l’uso del pettine, il pettine siamo tutti noi, ma soprattutto voi, giovani, avete una grande possibilità, quella di dare il pettine a chi ancora i capelli li ha. Come? Facendo sì che quel vostro movimento di opposizione che già esiste nel Paese, il Movimento Cinque Stelle, prenda posizione chiara ed esplicita sull’Euro in vista delle prossime elezioni politiche. Altrimenti il rischio è che quel movimento di lotta anti-sistema venga utilizzato come valvola di sfogo del sistema stesso. Insomma, da vecchio professore quale sono, consentitemi di dire: non c’è rivoluzione senza teoria. La rivoluzione della rete, l’idea di una democrazia diretta telematica può essere una grande risorsa per il futuro, ma ci vuole anche un programma contingente.
UN GRAZIE AL PROFESSOR PAOLO BECCHI
Un’ultima cosa, perché ho accettato questa intervista, rifiutandone molte altre? Perché ho sentito la voce candida e pura di una ragazza che me lo ha chiesto. Quello a cui andiamo incontro sarà inevitabilmente uno scontro generazionale, tra padri e figli. I padri con l’approvazione del fiscal compact e del MES, hanno abbandonato i loro figli a un futuro di infelicità e di miseria. Non dovevamo farlo, ma avevamo il diritto di farlo. Parole che infondono coraggio. Il futuro non ce lo possono togliere, come non ci possono negare la voglia di fare e la fiducia nei nostri progetti. Aggiungere altro sarebbe superfluo e ci limitiamo quindi a ringraziare il Professor Paolo Becchi per la sincera collaborazione
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BERSANI E LA GUERRA AL CONTANTE (Maurizio Blondet, gennaio 2011)
LE BANCHE SVEDESI CONTRO L’USO DI BANCONOTE E MONETE
Dall’estate le banche svedesi hanno messo in atto la più determinata offensiva ai pagamenti in contanti. Coadiuvate dalla rete di banda larga più avanzata del mondo e sotto la regia della Banca Centrale, Riksbank, tre delle quattro maggiori banche del Paese, ossia 530 delle 780 filiali, non accettano banconote in pagamento né pagano in contanti. Ormai 200 su 300 uffici della Nordea Bank, e tre quarti degli sportelli della Swedbank, fanno solo transazioni elettroniche. «Stiamo attivamente riducendo il contante nella società», vanta Peter Borsos, portavoce della Swedbank. I motivi proclamati dalla propaganda sono quelli che già conosciamo: non che alle banche conviene prelevare una commissione da ogni transazione, questo no; i pagamenti elettronici sono più sicuri, riducono il pericolo di furti e rapine, e soprattutto – per toccare la corda «verde» della popolazione – «il trasporto del denaro su automezzi blindati produce centinaia di tonnellate di gas-serra. Noi soli della Swedbank emettiamo 700 tonnellate di biossido di carbonio per questo, con un costo per la società di 11 miliardi l’anno». Orrore, orrore.
LA POPOLAZIONE SVEDESE NON SEMBRA ABBOCCARE ALLE PROMESSE DELLA CASHLESS SOCIETY
Come resistere al richiamo alla responsabilità ecologista? Ristoranti di sushi ad Uppsala sono passati di botto al «no contanti». Le chiese luterane (sempre all’avanguardia del politicamente corretto) hanno approntato all’entrata impianti per raccogliere offerte ed elemosine, i kollektomat. Ma la cittadinanza, benché storicamente ligia, progressista e disciplinata, non sembra abboccare alle meravigliose promesse della «cashless society». L’anno scorso il valore delle transazioni in contanti è stato di 99 miliardi di krona, solo lievemente inferiore rispetto a un decennio prima.
LA GENTE CONTINUA GIUSTAMENTE A PRETENDERE BANCONOTE E LIBERTÀ DI GUADAGNARE E DI SPENDERE SENZA CONTROLLI, SPIONI E FICCANASO STATALI
I piccoli negozi continuano ad accettare pagamenti in contanti tra un terzo e la metà dei casi. Un’indagine sulla soddisfazione dei clienti delle banche condotto dallo «Swedish Quality Index» ha mostrato che i clienti sono, appunto, poco soddisfatti di quelle banche che praticano il «niente contanti». Il guaio è che il passaggio al «niente contanti» non è stato reso obbligatorio, e il più grande istituto bancario del Paese, Handelsbanken, s’è dissociato dall’iniziativa, «vediamo arrivare clienti da altre banche», dichiara Kai Jokitulppo, il capo dei servizi privati del grande gruppo bancario. «Finché i nostri clienti chiedono banconote, è nostro compito, come banca, fornirle». Le 461 filiali della Handelbanken trattano banconote, tranne una decina, e la banca si propone di continuare a farlo nel 2013».
E’ UNA QUESTIONE DI LIBERTA’
La Svezia è all’avanguardia delle sperimentazioni sociali di marca «progressista»; negli anni ‘90 provò la legalizzazione degli stupefacenti, per poi tornare indietro quando l’esperimento rivelò un aumento disastroso del consumo tra i giovanissimi; il progressismo svedese non giunge fino all’accecamento ideologico. Per questo l’esperimento «no-cash» in corso è da seguire con attenzione. Perché certamente il prossimo governo Bersani-PD, con o senza Mario Monti, imporrà anche agli italiani fiere limitazioni all’uso del contante; più di quanto abbia già fatto Monti vietando i pagamenti oltre mille euro. Del resto, il «Contrasto all’uso del contante» è già scritto nella finanziaria di Monti, orwellianamente ridenominata «Decreto Salva Italia».
MARIO MONTI E LA SUPER-CORROTTA BANCA DEI COMPAGNI
La convergenza d’interessi fra le grandi banche, il professore e il Partito a questo fine sono patenti. Basti ricordare che il presidente dell’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, ha recentemente chiamato il contrasto al contante annunciato da Monti «una battaglia di civiltà». E chi è il presidente dell’ABI? Lo sapete: il compagno Giuseppe Mussari, già capo supremo del Monte dei Paschi di Siena. La banca dei compagni, che lui e loro hanno mandato in rovina utilizzandola come vaso della marmellata per le loro clientele, e che Mario Monti ha salvato in molti modi. Prima, esentando Montepaschi dal pagamento degli interessi che doveva sui Tremonti Bond, i 2 miliardi di euro che aveva ottenuto in prestito dallo Stato (e non ancora rimborsati), circa 200 milioni che grazie a Monti noi contribuenti non rivedremo più. Tassati per arricchire i banchieri.
4 MILIARDI DI IMU PASSATI NELLE TASCHE BUCATE DEL MONTEPASCHI
Non è bastato. In bancarotta, Montepaschi avrebbe dovuto rivolgersi al «mercato» per raccogliere 4 miliardi di fondi. Ma così facendo, le azioni in mano ai compagni del direttivo PD che possiedono la banca, si sarebbero diluiti, e il PD avrebbe perso il controllo assoluto della sua vacca da latte. Ma il «liberismo di mercato» ha incontrato un limite in questo caso. Il governo Monti ha versato a Montepaschi i 4 miliardi che gli servivano: come ha notato sarcastico Tremonti, è l’intero gettito dell’Imu sulla prima casa. Invece di impiegarlo per i tanti pressanti bisogni del Paese, dalla riduzione del debito alle pensioni degli esodati (ridotti in quello stato dalla Fornero), il governo «tecnico» ha semplicemente girato l’introito fiscale della patrimoniale alla banca dei rossi. Che è un buco nero da cui nulla sarà più restituito.
LA VERGOGNOSA SPOLIAZIONE DEL CETO MEDIO
Da qui si capisce che Bersani e il suo governo comunista, e i banchieri, abbiano il medesimo interesse all’abolizione del contante nelle transazioni, come ne hanno all’imposizione di una più feroce patrimoniale sui piccoli patrimoni visibili (immobili, conti bancari) per girarla ai grandi patrimoni finanziari dissestati. A questa spoliazione del ceto medio il PD porterà tutto il know-how propagandistico-incitante che ha affinato nei decenni in cui si chiamava PCI e dipendeva dall’URSS. «Lotta all’evasione», «colpire le grandi fortune», tutto ciò che invelenisce l’invidia sociale (molla primaria dell’elettorato di sinistra) sono i motivi che notoriamente vengono agitati.
DEMONIZZAZIONE DEL DANARO CONTANTE E DI CHI SE NE SERVE PER BISOGNI ESSENZIALI
Quando la sinistra sarà al potere, preso possesso di tutti i mezzi televisivi di propaganda (pardon, «informazione») di Stato, la demonizzazione del contante – e di chi lo usa – diverrà assordante. Non si potrà più ribattere che il contante come mezzo di evasione conta poco, e solo il piccolo «nero» dei meccanici e degli idraulici, ma che il governo lascia impunita la grande evasione fiscale fatta per i loro clienti privilegiati, o per se stesse, dalle banche; sarete bollati come complici dell’evasione, gente che «non ama la nostra Costituzione». Provate a dire che il ministro Passera è indagato per una evasione miliardaria fatta quando era capintesta di Intesa, e fatta a forza di transazioni elettroniche all’estero, ciò che dimostra che l’evasione riesce meglio senza contanti. Passera indagato per frode fiscale. In quali mani siamo finiti!
HSBC E BUNDESBANK TRA LE BANCHE IPOCRITE
Il titano bancario anglo-americano HSBC è stato trovato colpevole (ancorché non processato, «per non destabilizzare il sistema») di aver riciclato almeno 7 miliardi di dollari dal cartello dei narcos messicani: ossia ha trasformato vagonate di contanti sporchi in bit elettronici candidi e profumati. Delitto che un divieto dell’uso del contante non avrebbe certo ostacolato. Persino la Bundesbank, ed è tutto dire, ha smentito i miti demonizzanti sull’uso del contante («insicuro, costoso, inquinante, pericoloso») in un recente seminario, riscoprendo l’acqua calda, cioè che «il pagamento in contanti è il più naturale» (e infatti in Germania l’80% degli acquisti avviene in contanti).
BERSANI E LA GUERRA AL CONTANTE, CON LA BENEDIZIONE DI PRODI
Ma tutte le obiezioni saranno inutili: il governo Bersani scatenerà la guerra al contante, indurirà la campagna già lanciata da Monti. Lo farà per molti motivi. Uno, perché questo è uno dei cavalli di battaglia ideologici delle sinistre, come le «nozze gay», e bisogna accontentare settori estremi, come la Gabanelli che hanno proposto di tassare l’uso del contante (perché già, occorre renderlo costoso come l’uso delle carte di credito: le banche lo chiedono).
COOPERATIVE ROSSE SIGNIFICA POLIPI DAI TENTACOLI ENORMI
Il secondo motivo attiene al fatto che il PD è il nucleo di grossi e concreti interessi, che «naturalmente» convergono con quelli dei banchieri. Chi crede Bersani «una brava» persona perché ha una faccia così e l’accento emiliano, tende a dimenticare che è il rappresentante e l’agente dei conglomerati d’affari detti Cooperative Rosse: polipi con tentacoli grossi e idrovori dappertutto, nella grande distribuzione come nella banche, nelle assicurazioni come nelle grandi opere e nei «servizi» sanitari.
UNA BECERA SINISTRA CAMPIONESSA IN EVASIONE FISCALE CHE PRETENDE DI DARE LEZIONI MORALI AL POPOLO ITALIANO
Tra parentesi, le COOP sono dei campioni di evasione fiscale: «legale», ovviamente, perché profittano di agevolazioni nate nel tempo in cui «cooperativa» voleva dire un gruppo di operai poveri e solidali, mica Unipol, Ipercoop e CMC. È interesse del PD sviare l’attenzione verso gli idraulici che fanno il nero. Finché siamo in tempo, opponiamoci. Converrà ricordare i motivi profondi per cui il sistema bancario vuole ad ogni costo abolire il contante. Ovviamente, nei miliardi di pagamenti in contanti le banche non ci guadagnano nulla, e vogliono trovare il modo di annullare questo «scandalo», vogliono estrarre la loro commissione dal caffè e cornetto mattutino, incettare il loro tributo dalla corsa in taxi e dalle verdure che compriamo al fruttivendolo.
LE BANCHE SONO SENZA CONTANTI IN QUESTA CASHLESS SOCIETY
Ma questo è solo il motivo più evidente. Molto più importante è il seguente. Imponendo la «cashless society», le banche si liberano del loro incubo secolare: la corsa agli sportelli. Le banche non hanno veramente in cassa i soldi che avete dato loro in deposito. Li hanno impegnati dieci o venti volte il loro valore, in «investimenti» vari e lucrano gli interessi su questa moneta fittizia. Il gioco regge perché la gente non conosce questo fatto – la frode fondamentale del credito frazionale – e crede che i suoi depositi «siano al sicuro in banca». Ma basta che spaventata da qualche crack la massa dei risparmiatori si presenti agli sportelli a reclamare i suoi depositi, e scopre che essi non ci sono più. Che la banca non ha nemmeno l’obbligo di restituirli, essendone diventata per il codice civile, la proprietaria. Ma la corsa agli sportelli rivela la frode fondamentale e scuote la cosiddetta «fiducia» nel sistema, in modo permanente.
TU PORTI CONTANTI E LA BANCA TI RIPAGA CON BIT ELETTRONICI
Nella cashless society, il problema è risolto. La banca può mancare di banconote in cassa, ma non è mai a corto di bit elettronici. Volete 10 mila euro? Oggi, chiamano il direttore, ti dicono che «è vietato», e se proprio insisti, ti dicono di passare «fra cinque giorni». Domani: pronti, i 10 mila euro sono già versati nel vostro borsellino virtuale, che può essere anche il vostro smartphone. E qui si apre un altro grande business, in rapido sviluppo. Voi umani non siete capaci di vedere quei 10 mila euro in bit sul vostro smartphone. Ma li «vedono» le migliaia di sensori di cui presto saranno sparse le città, dai cartelloni pubblicitari alle entrate dei negozi: e faranno a gara per farveli spendere.
UN CONTROLLO FURIBONDO ED ESASPERATO
Passate accanto a un ristorante? Un SMS vi trilla: «Amico entra! Oggi lasagne al pesto, cima genovese e tiramisù alla pera!». Un manifesto della Toyota vi «sente», scruta il vostro borsellino, e vi invita all’acquisto dell’ultima utilitaria a «9.990 euro TAEG Zero». Qualunque entità economica o poliziesca vi segue passo passo, conoscendo perfettamente la vostra identità, la vostra posizione geografica, la vostra possibilità economica e la capienza del vostro protafoglio in bit.
SARA’ UN GIOCHINO PER I BORSAIOLI ELETTRONICI
Non ci credete? È l’esperimento in corso a Tokio, dove esistono già 650 mila carte (Edy Cards, le chiamano) che possono essere lette da sensori a distanza, WiFi. Queste carte hanno una inquietante caratteristica: che non c’è bisogno di strisciarle in una macchinetta, né di digitare un pin o una password per effettuare il pagamento. Ciò ha un vantaggio: salite in metropolitana, e il prezzo del biglietto vi viene detratto dal vostro smartphone automaticamente dal sensore appena passate la bussola girevole. Ciò ha anche uno svantaggio enorme: un buon gruppo di hacker può svuotarvi il borsellino elettronico senza che voi ve ne accorgiate. Nasce il borsaiolo elettronico, con la mano più leggera che si possa immaginare. Ecco il punto da tener presente quando la banca vi dice che il contante è esposto a furti e rapine, quindi non è sicuro. Coi bit, la banca si libera da questo rischio, e lo accolla a voi. Come fa sempre, del resto.
CI SONO ANCHE LE CARTE DI CREDITO SOTTOPELLE
Naturalmente al termine di questo «progresso» ci sono i chips RFID impiantati sottopelle, che fanno di voi un essere di cui chiunque lo voglia, e ne abbia i mezzi tecnici, saprà tutto di voi. Saremo alla società descritta dall’Apocalisse 13, in cui l’Anticristo o il suo portavoce «obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e gli schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome». Numero che, come sapete, è 666.
TUTTI NELLE MANI DELLA MONTIANA GOLDMAN SACHS
Sarete perfettamente trasparenti al potere, bancario o statale che sia (sempre più i due poteri coincidono, essendo ex funzionari di Goldman Sachs a governare in Occidente). È ciò che pretendono, del resto, i virtuosi cittadini che militano soprattutto a sinistra, gli innocenti, i puri angeli che proclamano: «Mi intercettino pure, non ho niente da nascondere, IO».
LA LIBERTÀ INDIVIDUALE SOTTO I TACCHI
Questi innocenti creano il clima, in cui chi non vuole essere intercettato al telefono o nella e-mail, viene bollato come sospetto, e oggetto di indagini poliziesche o tributarie. Una società in cui non sarà più possibile difendere il principio: «Non è affar vostro sapere come spendo i miei soldi, una volta che li ho guadagnati onestamente», perché ciò sarà visto come potenzialmente delinquenziale. Dove, cioè, è sospetto l’esercizio della volontà individuale – altro nome della libertà. La tecnologia fornisce i mezzi a questa società della trasparenza assoluta, voluta dagli «innocenti» fra noi. Una società di dossier, dove si accumuleranno i dati imbarazzanti per voi: quel giorno in cui siete andati fuori porta con l’amante invece che con la moglie, quel giorno in cui vi siete fatti visitare da uno specialista di un genere di malattie che non volete divulgare, eccetera, eccetera. Il «magistrato» Ingroia e la procura di Palermo si volevano tenere care le intercettazioni telefoniche tra Napolitano e Manini; eppure dicevano che in queste non si configurava alcun reato: e allora perché tenerle, se non per ricattare?
LA SOCIETÀ DELLA SORVEGLIANZA
Una società senza contanti è una società della sorveglianza totale e più intrusiva: via satellite, fibre ottiche, sensori e chips, sarete sempre allo scoperto. Nel romanzo 1984, il protagonista Winston poteva almeno sottrarsi allo sguardo del Grande Fratello dietro una nicchia del muro; qui, nessuna nicchia. E qui veniamo al motivo più fondamentale per cui personalmente, benché non abbia «nero» da proteggere, sento un pericolo estremo nella cashless society: che in essa, nessun oppositore politico può più esistere.
QUESTA GENTE È OLTREMODO PERICOLOSA
Se disturbi il potere vigente, esso ti neutralizza in silenzio, senza spararti per la strada né arrestarti di notte; ti condanna senza processo e senza appello. Senza che nessuno lo sappia. Togliendoti i bit-denaro. Il monitor del Bancomat ti risponde: «Carta di credito non riconosciuta», e tu sei un paria. A poche ore dal prossimo pasto che non potrai consumare, alla fame che piega ogni velleità di resistenza. Nemmeno potrai più chiedere l’elemosina di un panino, o il prestito di un amico. Non avrai nemmeno i soldi elettronici per comprare un biglietto e saltare sul primo treno per la Svizzera, rifugio di perseguitati (se hai da mantenerti): Addio Lugano bella, mai più ti rivedrò.
QUESTA NON È SINISTRA MA ULTRA-DESTRA STALINIANA, SORVEGLIATRICE E CAMUFFATA DI OPERAISMO
Ora capite meglio la strana convergenza di interessi ed intese per cui il governo Bersani, in accordo con il tecnico Monti, e il sistema bancario, vuole abolire il contante. Non è solo che «la sinistra fa sempre il gioco del grande capitale, a volte perfino senza saperlo» (Spengler). È che vuole sorvegliarti. Vuole controllare cosa fai, come eserciti la tua privata volontà (altresì detta libertà), che il Partito trova indebita e illegittima. La sorveglianza totale è la sua passione e la sua ossessione; è nel suo DNA fin dai tempi in cui i comunisti non fingevano di essere altro che comunisti sovietici. Loro devono sapere tutto di te, tu non saprai nulla di loro: banchieri o partitanti, è lo stesso.
VORREBBERO TENERCI IN PUGNO, CONTROLLARE LA NOSTRA VITA ED ESPROPRIARE OGNI NOSTRO RISPARMIO
La società della trasparenza globale è a senso unico. Senza contanti, il Partito – e la Banca, o la banca-partito – ti tiene in pugno. Te e me, tutti noi. Se la prospettiva non vi piace, vi invito ad aderire all’iniziativa Contante Libero, una raccolta di firme in favore dell’uso e della circolazione del denaro contante, dunque per impedire alle banche e al governo di controllare la nostra vita e espropriare la nostra ricchezza, non solo materiale. Il manifesto dell’iniziativa si trova qui: Manifesto per il contante libero. Più in breve, 10 Punti per Il Contante Libero: 10 punti per il contante libero.
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COMPLICITÀ TRA PRODI E DE BENEDETTI A PARTIRE DAL 1982
La ‘complicità’ (lo affermerà la stessa Magistratura) tra Romano Prodi e Carlo De Benedetti inizia nel luglio 1982, quando Prodi viene nominato presidente dell’IRI, il più grande ente economico dello Stato, in casa del suo storico compare Carlo De Benedetti (proprietario del gruppo Repubblica ed Espresso e di altre 30 riviste/quotidiani/settimanali/mensili in tutta Italia), nel caso di Repubblica addirittura De Benedetti ne è l’unico editorialista, quindi gli articoli se li scrive lui stesso (ci immaginiamo l’obiettività).
CANALIZZATORE DI ENTI PUBBLICI VERSO IL SUO ALLEATO STORICO
L’attività di Prodi dal 1982 al 2007 è stata concentrata principalmente in un solo unico compito, quello di svendere (o regalare) tutti gli enti pubblici dello Stato al suo alleato Carlo De Benedetti a un prezzo irrisorio con bandi truccati. De Benedetti, dal canto suo, si è poi puntualmente affrettato a rivendere immediatamente tali società al loro reale valore di mercato (di solito 20 volte il loro prezzo d’acquisto) a gruppi stranieri (o addirittura allo Stato stesso, che li ricomprava a prezzi folli), realizzando guadagni incalcolabili a danno degli italiani.
CONFLITTO DI INTERESSI, REGALI ALLA FIAT E 170 NOMINE FASULLE
Prodi, per 7 anni guidò l’ IRI dello Stato, concedendo tra l’altro incarichi miliardari alla sua società di consulenza “Nomisma”, con un evidente conflitto di interessi. Al termine di questi 7 anni il patrimonio dell’ IRI risultò dimezzato per la cessione di importanti gruppi quali Alfa Romeo e FIAT, dalla quale prese grosse somme di denaro in tangenti per la Nomisma, passando da 3.959 a 2.102 miliardi. La Ford aveva offerto 2.000 miliardi in contanti per l’Alfa Romeo, ma Prodi la regalò alla FIAT per soli 1000 miliardi a rate. Egli nel frattempo lottizzò ben 170 nomine dei quali ben 93 diessini.
DEMOLITORE IMPAREGGIABILE DEL PATRIMONIO ECONOMICO ITALIANO
Le privatizzazioni dell’IRI fatte da Romano Prodi sono state delle vere e proprie svendite del patrimonio economico italiano a gruppi privati della Sinistra (De Benedetti, Coop Rosse) complici del professore, anche se “svendere” un ente pubblico a un decimo del suo valore quando ci sono altri gruppi privati che offrono il doppio, più che una “svendita” è un regalo, o per essere ancora più precisi è una serie incredibile di furti colossali a danno dello Stato e degli italiani perpetrata impunemente per anni.
CIFRE IMPRESSIONANTI
Giocando sulle parole e sull’interpretazione dello statuto dell’Ente, Romano Prodi vantò utili inverosimili (12 miliardi e 400 milioni nel 1985). La Corte dei Conti, magistratura di sorveglianza, portò alla luce l’enorme falso in bilancio di Prodi: «Il complessivo risultato di gestione dell’Istituto IRI per il 1985, cui concorrono sia il saldo del conto profitti e perdite sia gli utili e le perdite di natura patrimoniale, corrisponde a una perdita di 980,2 miliardi, che si raffronta a quella di 2.737 miliardi consuntivata nel 1984». La Corte, inoltre, segnalava che le perdite nette nel 1985 erano assommate a 1.203 miliardi contro i 2.347 miliardi del 1984.
REALIZZATORE DI PERDITE STRATOSFERICHE
Romano Prodi, davanti alle folle dei suoi fan (si sa, l’Italia non scarseggia in quanto a coglioni) tutt’oggi si vanta tantissimo che durante i suoi 7 anni alla presidenza dell’ IRI riuscì a far guadagnare utili stratosferici. La verità, come chiarito dalla Corte dei Conti, è che invece di utili stratosferici realizzo perdite stratosferiche, regalando il patrimonio dello Stato e degli Italiani ai suoi amici della Sinistra. Prodi uscì indenne dai processi perché le aziende erano S.P.A. di diritto privato e quindi i dirigenti non erano qualificati come pubblici ufficiali. Mani Pulite cambierà anche questo, per cui le società controllate da enti pubblici sarebbero state considerate tutte operanti nell’interesse pubblico, con le relative conseguenze per gli amministratori.
L’ITALIA STA PAGANDO ANCHE QUESTO, E SOPRATTUTTO QUESTO
La conferma di tutto questo si trova nell’indebitamento dell’Istituto, salito dal 1982 al 1989 da 7.349 a 20.873 miliardi (+184 per cento), e quello del gruppo IRI da 34.948 a 45.672 (+30 per cento). Perdite stratosferiche appunto. Lo stesso D’Alema, intervistato da Biagi in televisione, affermò che Romano Prodi, da lui scelto per guidare la coalizione contro Berlusconi, era un «uomo competente» perché quando lasciò l’IRI nel 1989 il bilancio dava un «più 981 miliardi». Fu facile confutare queste affermazioni, facendogli notare che la cifra reale, tenendo contro delle perdite siderurgiche transitate soltanto nel conto patrimoniale, era di «meno» 2.416 miliardi. Il buco reale non fu mai contestato dai diretti interessati.
ABILITÀ DEL RAGIONIER PRODI NEL PRENDERE IL SOLDO STATALE A TASSO ZERO, E NEL REGALARE LA SME ALLA BUITONI
La vera abilità di Romano Prodi è sempre stata di riuscire a prendere soldi dallo Stato a costo zero. La conferma ci viene da un articolo di Paolo Cirino Pomicino, nel quale rileva che dei 28.500 miliardi erogati dallo Stato a titolo di fondo di dotazione dalla data di nascita dell’IRI, Romano Prodi ne ottenne ben 17.500! Nel 1986, Romano Prodi, con un contrattino di appena 4 paginette (anziché centinaia come normalmente si fa) a trattativa privata, svendette il più grande gruppo alimentare dello Stato, la SME, alla Buitoni del suo amicone Carlo De Benedetti per soli 393 miliardi. La SME, già nelle casse aveva più di 600 miliardi di denaro liquido, ma il suo valore globale era di 3.100 miliardi.
NESSUN TRIBUNALE È STATO MAI CAPACE DI INCASTRARLO
A Prodi e De Benedetti fu dato torto in primo grado, in Corte d’appello e in Cassazione da ben 15 magistrati, all’unanimità. Il magistrato Saverio Borrelli del pool Mani Pulite di Milano, 6 anni dopo, incriminerà invece penalmente Silvio Berlusconi, per aver impedito (insieme a Ferrero e Barilla con una pubblica offerta d’acquisto enormemente superiore rispetto a quella di De Benedetti) l’ennesima svendita di Romano Prodi: la SME (un regalo di 3100 miliardi dello Stato) a Carlo De Benedetti, nonostante a questi due compari fosse stato dato torto in tutti e 3 i gradi di giudizio dal Tribunale di Roma e dal TAR del Lazio e nonostante Berlusconi e gli altri imprenditori non ci avessero guadagnato alla fine nulla.
NEL GIRO DI UNA GIORNATA IL PRESIDENTE SCALFARO (ALTRO BUONO!) GLI CANCELLÒ TUTTI I CRIMINI
Come presidente dell’IRI, svendette anche la Italgel alla Unilever, essendo contemporaneamente consulente di quest’ultima, nonostante quindi un conflitto di interessi evidente. Se l’IRI era, come in realtà era, un covo di corruzione senza limiti sarebbe stata giusto arrestare e processare Prodi, che la presiedette per 7 anni e non solo chi (Nobile) lo fece per soli 17 mesi. Durante Tangentopoli, Di Pietro stava per arrestare Prodi, ma lui se ne andò dritto a piangere (nel vero senso della parola) da Mancuso e dal presidente della Repubblica Scalfaro, il quale, come presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, riuscì a non farlo incriminare. Tutto in un giorno.
DIFENSORE DEI BANCHIERI-TRUFFATORI NEL CASO PARMALAT
Durante il suo Governo nel 1996 regalò 5.000 miliardi alla Fiat per fare una rottamazione. Durante i fallimenti Parmalat e Cirio, Prodi difese i banchieri che truffarono i risparmiatori e loro ricambiarono il favore con i loro giornali schierati. I PM dovrebbero usare lo stesso metro, lo stesso zelo sia con Fiorani che con Consorte; o, almeno, sullo stesso Fiorani credergli sempre o mai. Anche quando dice, e Boni conferma, d’aver dato 750 mila euro Palenzona (Margherita), che sono 15 volte di più di quanto dato (e rifiutato) dal leghista Giorgetti. Anche se il Corriere su Giorgetti ha fatto un titolo 15 volte più vistoso di quello per Palenzona.
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COMMENTO FINALE
Esprimo il massimo rispetto nei riguardi del Pontefice e dei Cristiani di fede Cattolica che lo seguono con trepidazione. Non so di certo il perché si è dimesso. Ma posso sicuramente immaginarlo. Anche per chi deve per forza essere di bocca buona, arriva prima o poi il rospo marcio che non può assolutamente andare giù e varcare la soglia dell’appetibile. Quando l’impregnazione tossica raggiunge i limiti di tolleranza, anche una piccola goccia è in grado di far traboccare il vaso.
Valdo Vaccaro
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