Thomas Parr, un giardiniere davvero eccezionale
L’inglese Thomas Parr è tuttora famoso tra i gerontologi nel mondo intero, e ancor più lo è ovviamente nel Regno Unito.
Nato nel 1483 sotto il regno di Enrico VII (1457-1509), diventò giardiniere capo di Casa Reale, e fin qui nulla di strano. Amava il suo lavoro tra le piante, le siepi e i rosai, ed era notoriamente vegano.
Passavano le Corone e lui non passava mai
Passavano le epoche e passavano le guerre, e con esse si alternavano i sovrani.
Ma lui restava sempre lì al suo posto di combattimento, con la zappa e il badile al posto della sciabola.
Lo ritroviamo con Enrico VIII (1509-1547), con Maria Tudor, o Bloody Mary la Sanguinaria (1553-1558), con Elisabetta I (1558-1603), e infine con Carlo I d’Inghilterra (1625-1640).
Sia l’età che lo spirito virile di Parr indispettivano il Sovrano
Quest’ultimo era assai scocciato di questo vecchio dipendente che continuava a sopravvivere in modo quasi blasfemo ai suoi padroni dal sangue blu. Non gli dava fastidio solo il fatto che Thomas vantasse un secolo e mezzo di età, ma soprattutto il fatto che continuasse ad essere arzillo ed apprezzato in diverse alcove. Qualche anno prima, alla tenera età di 130 anni, si era persino beccato una denuncia per stupro, da parte di tre donne che lavoravano a corte, sollevando uno scandalo e un putiferio.
La scarsa durata dei monarchi inglesi
Essere reduce da 6 monarchie diverse e dimostrare performance sessuali fuori della norma, quando alla corte inglese i re erano famosi per durare poco in tutti i sensi, era già un imperdonabile insulto alla Corona.
A Carlo I non comodava affatto di fare la fine dei suoi predecessori reali, che avevano visto il loro giardiniere portar loro cetrioli e melanzane da vivi, e poi vasi di camelie e di ciclamini, in qualità di banali cadaveri stesi sotto la rispettiva pietra tombale.
Due soli mesi di dieta reale e Thomas Parr morì avvelenato
Decise pertanto di fargli cambiar dieta. Non più cicoria e zucche, non più lattuga e ravanelli.
Lo convocò a corte nel 1635 e gli comunicò la variazione, barattandola come premio speciale per la sua lunga carriera.
Lo costrinse per un paio di mesi a cibarsi presso la cucina reale, usando esattamente lo stesso menù del re e della regina, fatto di carni lesse, spiedini alla griglia, latticini, manicaretti, dolciumi e vini marsalati.
Mangia, bevi e saziati a volontà, che fa bene alla tua salute! Gli ripeteva il re.
Thomas cominciò a gonfiarsi e a star male, preda di indigestioni e di coliche, finchè lo trovarono finalmente morto stecchito.
Almeno non sarà lui a portarmi i fiori in cimitero! si consolò re Carlo I
Il re trasse un sospiro di sollievo. Il primo obiettivo era raggiunto.
Neppure lui era in splendida forma, ma gli restava almeno la consolazione di non essere fregato dal suo giardiniere in tempistica mortuaria.
Il secondo obiettivo era quello di scoprire i segreti del coriaceo agricoltore.
Per questo delicato compito chiamò nientemeno che William Harvey (1578-1657), il medico famoso per le sue ricerche sulla circolazione del sangue.
Uno sconvolgente referto anatomico
I risultati dell’esame anatomico furono sconvolgenti!
Thomas aveva tutto in ordine. Cuore, fegato, stomaco, pancreas.
In particolare prostata, reni e organi sessuali sono quelli di una persona di 30 anni. Avrebbe potuto vivere comodamente altri 100 anni.
A causare la morte è stato un banale avvelenamento da cibo, chiamato costipazione.
Questo il responso finale del professor Harvey.
L’asse culturale italo-inglese
La scienza inglese di quei tempi si era posta ai vertici, nel settore medico, sfruttando spesso i lavori pionieristici dei vari Andrea Cesalpino, Gaspare Aselli e Marcello Malpighi.
Niente di scandaloso. Anche negli altri settori si assisteva a qualcosa di simile.
Una specie di pescaggio o di osmosi attrattiva esercitati sull’asse Italia-Inghilterra. Era successo pure con Leonardo da Vinci, con Giordano Bruno e con Galileo Galilei. Il forte e unito Impero Britannico che assorbiva conoscenza dall’Italietta politicamente immatura, divisa e sgangherata, creando le basi per la futura Rivoluzione Industriale.
Le ricerche sui reni da parte di Richard Bright
Sulla scia di William Harvey e di altri medici britannici, si mise in luce Richard Bright (1789-1858) che fu il primo a descrivere la nefrite cronica parenchimatosa o glomerulite.
Capita l’importanza del sangue, era logico che anche i filtri del sangue, e le urine che essi estraevano dal sangue stesso, finissero sotto i riflettori della ricerca.
In realtà non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole.
Nefro, in greco, significa rene, per cui già gli antichi avevano capito l’importanza fondamentale dei nostri filtri.
Nefrite acuta e putredine reale colpivano regolarmente i reali inglesi
Fatto sta che la nefrite acuta (patologica infiammazione del rene), era un problema molto diffuso nell’ambiente nobiliare inglese, paese del roast-beef, della birra scura e del whisky scozzese.
I reali d’Inghilterra erano particolarmente soggetti a questi problemi, spesso correlati alla loro putredine reale, nome con cui a quei tempi venivano chiamate le neoplasie o il cancro che dir si voglia.
La nefrite era dunque di casa tra i Tudors e gli Stuarts.
L’unità anatomico-funzionale chiamata nefrone
La nefrite cronica ha la stessa eziologia della nefrite acuta, ma è più grave in quanto attacca in profondità il nefrone, compromettendone le funzioni.
Il nefrone è l’unità anatomico-funzionale renale, un complesso e microscopico setaccio costituito dal glomerulo di Malpighi, dalla capsula di Bowman, dal tubulo contorto di prim’ordine, dall’ansa di Henle e dal tubulo contorto di second’ordine.
È in questa cellula, in questa unità chiamata nefrone, che si forma il nostro liquido di scarto chiamato urina.
Un rene contiene circa un milione di nefroni.
Un ex-sangue chiamato urina
Con l’urina l’organismo elimina le scorie del ricambio, le sostanze tossiche eventualmente introdotte nell’organismo, le sostanze tossiche prodotte dall’organismo stesso, e le sostanze normali in eccesso (acqua, sali, zuccheri).
La quantità di urina normalmente eliminata è di 1000-1500 cm cubi al giorno, ma dipende sempre da cosa si immette nell’organismo, e da quanto si immette.
Oltre i 2000 cmc si parla di poliuria, mentre con meno di 600-700 cmc siamo in zona oligouria.
Nefroni inattivi significano insufficienza renale
Quando il nefrone non fa il suo lavoro, cloruri, urea, minerali inorganici, e altro materiale di scarto e di eccesso, non vengono più eliminati e si accumulano nel sangue causando edemi, ovvero processi infiammatori e vasculiti, con aumento patologico del liquido interstiziale, ipertensione arteriosa, uremia (o nefrite azotemica, con forte accumulo di scorie azotate nel sangue).
L’uremia, assieme alla creatinemia, è indice di insufficienza renale.
Le sostanze innaturali intossicano ed indeboliscono i reni
Non scordiamo che la funzione del rene è quella di filtrare costantemente il sangue, sottraendogli tutte le sostanze estranee che sono l’urea, l’acido urico, i cloruri, gli psueudo-zuccheri (saccarosio), gli pseudo-sali (inorganici), le pseudo-proteine (quelle cosidette nobili ma in realtà putride e putrefacenti), le pseudo-vitamine (sintetiche).
Queste sostanze innaturali, e in particolare le proteine animali, hanno la proprietà di irritare, intossicare ed indebolire i reni, obbligandoli a sopportare le conseguenze nefaste delle putrefazioni intestinali e della stitichezza.
L’importanza dei polmoni e dell’epidermide
Respirando poi male, respirando corto e non a pieni polmoni, respirando aria viziata, nicotinizzata, catramata, deodorizzata, riscaldata e condizionata, non facciamo altro che complicare ulteriormente il lavoro renale.
Trascurando la traspirazione cutanea, l’esposizione al sole, il movimento, il nudismo, il vestire comodi, l’idroterapia, si compromettono le funzioni quasi-renali dell’epidermide, chiamata anche secondo rene e secondo polmone del corpo umano.
Coi cibi-spazzatura e le bevande pastorizzate è raro trovare reni impeccabili
La malattia di Bright, se non capita e monitorata, guarisce oppure non perdona, e tutto nel giro di poche settimane.
Le cellule renali distrutte non vengono rimpiazzate, anche se quelle rimaste possono accollarsi sulle spalle tutto il lavoro renale.
Con la vita odierna, costellata di cibi spazzatura e di bevande pastorizzate, colorate, dolcificate e prive di enzimi, è raro trovare persone dotate di reni sani ed efficienti.
Reni come punto di confluenza del sangue e dei veleni
La gente poi si ammala e a volte muore di tante malattie diverse, ma in ogni malattia c’è sempre lo zampino, il comune denominatore del rene scassato e degenerato.
Gli studi statistici post-mortem rivelano che sia i 14enni che gli 80enni hanni gli stessi danni strutturali al rene, per cui si comprende come le vaccinazioni dell’infanzia abbiamo effetti perversi e devastanti sul corpo umano. Il che non sorprende affatto.
Sui reni viene scaricata gran parte del lavoro di mantenimento dolce e pulito del sangue.
Il rene è un po’ la zona di confluenza e di scarico dei veleni, il punto di raccolta e la fogna interna del corpo umano.
Sostanze irritanti e agenti distruttivi
Sebbene resistentissimi alle tossine chimiche, i reni hanno i loro limiti e spesso, sotto il peso del continuo lavoro, degli straordinari e delle irritazioni aggiunte che gli affibbiamo, finiscono per cedere di schianto. I farmaci, le droghe, i sieri, i vaccini, gli estratti ghiandolari, gli ormoni, i sali inorganici, le vitamine sintetiche e gli integratori minerali, sono tutti degli irritanti renali.
Tabacco, the, caffè, cioccolato, cacao, alcol, bevande gassate, cole, zuccheri commerciali, aspartame, pepe, mercurio, piombo, arsenico, cadaverina, caseina e simili, sono agenti distruttivi nei riguardi dei glomeruli renali.
Il ruolo devastante delle vaccinazioni
I danni causati dal pus e dalle tonsille infiammate sono stati considerati a lungo come causa di problemi renali, ma essi sono poca cosa rispetto all’insulto rappresentato dai vaccini.
Le vaccinazioni, a danno dei bambini del mondo, sono responsabili in gran misura delle patologie renali e non solo di quelle.
La sepsi, la setticemia, la suppurazione, ovvero l’infezione generale casata da agenti tossici
(e accompagnata da ininfluenti batteri e da detriti cellulari o virus), viene assorbita nel tratto digestivo e diventa materiale patologico per il sistema renale.
Dove si formano i veleni
Il fegato degli astemi e dei non-vaccinati non sviluppa queste patologie.
Le irriazioni renali arrivano pure dai ghiottoni, dai grandi mangiatori di carni e formaggi, dai bevitori incalliti di vino e di spiriti, di birra e di caffè, che hanno l’intestino costantemente pieno di cibarie indigerite.
Le proteine in decomposizione sono particolarmente virulente e cariche di veleni che il corpo spedisce ai reni per una improbabile eliminazione.
Quando il mangiare fa più male che bene
Mangiare troppo, mangiare in modo continuo e scriteriato, mangiare nervosamente e malvolentieri, mangiare in fretta e senza masticare, mangiare senza piacere ed entusiasmo, mangiare quando la digestione è impedita o sospesa, mangiare quando il potere digestivo latita, è come darsi la zappa sui piedi.
Tutti questi errori alimentari portano dritto a decomposizione gastrointestinale e a infezione settica del corpo.
Mangiare dolciumi, torte, focacce, panettoni, torroni, confetture, marmellate, merendine, pasticcini, budini, biscotti, confetti, caramelle, chewing-gum, e simili, porta a fermentazione degli zuccheri e a putrefazione delle proteine, e pertanto alla intossicazione intestinale e a quella renale.
La vulnerabilità renale della gente
In alcune persone particolarmente forti, dal sangue ancora puro e tollerante e dai nervi resistenti, non si sviluppa la malattia di Bright.
Ma l’enevazione e la tossiemia sono diffuse universalmente tra la popolazione, per cui ci sono poche persone coriacee e resistenti nel mondo di oggi, e il potere di resistenza glomerulare è assai ridotto e limitato.
Il sistema renale della gente è dunque molto vulnerabile.
Si può certamente guarire in fretta dalle malattie renali
Non esiste malattia cronica che risponda così velocemente ad appropriate cure dietetiche e terapeutiche, come la malattia di Bright.
Pertanto ci troviamo di fronte a una patologia curabile e guaribile.
Esistono casi di gente diventata cieca, delirante, epilettica, con uremia e sangue nelle urine, e che nonostante ciò è stata guarita.
Il metodo sicuro e naturale per auto-guarire da una crisi nefritica
Nelle malattie acute c’è sempre una buona speranza di recupero.
Basta stare a letto in perfetta quiete, senza farmaci e senza cibo, bevendo acqua fino a quando tutti i sintomi acuti se ne sono andati.
La ripresa del cibo avverrà con frutti in quantità moderata per i primi 3 giorni, e sarà poi seguita da una dieta normale e non più patologica.
Le nefriti croniche richiedono molto più tempo di quelle acute, come scrive Herbert Shelton, sul suo testo Getting Well.
Uno stile di vita corretto senza apparati obitoriali
La persistenza nei comportamenti virtuosi, e lo stare sulla strada giusta, produce qui come altrove ottimi risultati.
La mossa fondamentale rimane uno stile di vita corretto, dove cibi e bevande proibiti non trovino cittadinanza, dove i vasetti con scritto zucchero, sale, caffè, vengano rimossi dalla dispensa, e dove il frigorifero funga da conservatore dei cibi, senza diventare l’obitorio casalingo della crudeltà e degli orrori.
Le riflessioni di Thomas Parr sui mangiatori di carne
Thomas Parr era circondato da gente che mangiava disordinatamente di tutto, anche se non aveva mai sentito un mangiatore di carne esprimersi in toni entusiastici sul carnivorismo.
Vedeva sì che si può anche vivere mettendo dentro tale orrendo materiale, e che c’era gente che non esitava a sgozzare la gallina e l’anatra per poi cibarsene, e che si mostrava tutto sommato sana e attiva, quasi al pari di lui.
La strabiliante importanza dell’aspetto etico
Essere vegan o carnivori non era dunque la stessa cosa? Dove stava mai la differenza?
La differenza sta nel sangue, nella saliva, nella mente, nell’occhio, nel cuore, nel morale.
E, quando si tocca l’aspetto morale nell’essere umano, si tocca tutto.
Chi fa finta di non attribuirgli l’enorme importanza che esso riveste, certamente bara con se stesso e con gli altri, oppure conduce una vita culturalmente e spiritualmente limitata.
Un carburante scadente e di scarso rendimento energetico
Tecnicamente parlando poi la carne è un carburante scadentissimo che rende poco e male.
In ogni sostanza che si consuma, è sempre essenziale valutare non solo i valori teorici di partenza, ma anche quelli concreti e reali di arrivo sul piatto, e soprattutto i valori nutritivi netti alla fine dell’intero ciclo alimentare-evacuativo, mettendo sulla bilancia apporto energetico e costi digestivi-assimilativi.
La delusione e i contraccolpi della carne
Chi va in cerca di energia, di potenza e di resistenza nella carne troverà sempre risultati amari e contradditori.
La carne gli costerà cara per i residui velenosi, per i grassi, per il colesterolo, per l’acidificazione del sangue, per le difficoltà digestive e la sete continua che comporta.
La carne gli costerà carissima per gli inconvenienti fisici e le patologie che inevitabilmente comporta.
Il calore della carne
Ma il calore che dà la carne, scaldando e arrossendo le gote della gente, rendendola rubiconda, grintosa e a tratti piena di vita, da cosa mai deriva?
Thomas Parr non era medico nè filosofo, essendo figlio di modesti agricoltori.
Ma sapeva porsi le domande e dare le relative risposte.
Sapeva ragionare come i medici e più ancora di essi.
I prelevamenti di vitalie e micronutrimenti dal corpo umano
Il calore della carne, diceva a se stesso, deriva dai condimenti, dal sale, dalle spezie, dal vino e dagli spiriti bevuti dopo di essa, nonché dall’avvelenamento della cadaverina e dalla stimolazione esercitata sul sistema e sul cuore.
Questi stimoli incrementano il battito cardiaco nel breve periodo e danno un’accelerata generale a spese del nostro capitale enzimatico-vitale, una specie di conto bancario fatto non di soldini ma di vitalie o buoni-spesa energetici o cartucce vitali da sparare mella vita quotidiana con buonsenso e morigeratezza.
Questi erano i suoi illuminati ragionamenti.
Richard Bright, un medico esperto e meticoloso
Richard Bright si era laureato nel 1813 presso la Edimburgh University.
Dopo aver lavorato in diversi ospedali del continente e poi a Londra, scrisse le sue meticolose e precise osservazioni in un libello dal titolo Reports of Medical Cases, dove evidenziava che edemi renali (infiammazioni) e proteinuria (presenza di albumine nelle urine) erano sintomi clinici primari del disordine renale che porta tuttora il suo nome.
La lezione di Thomas Parr
Thomas Parr non conosceva Richard Bright e non sapeva nemmeno cosa fosse la glomerulite, essendo vissuto 300 anni prima.
Non sapeva nemmeno come funzionasse il filtraggio del sangue e cosa fosse il sistema renale, essendo egli quasi-analfabeta, al pari della maggioranza della popolazione di quel tempo.
Ma la sua intelligenza naturale, la sua saggezza, e il vivere giornalmente accanto alla natura, gli avevano insegnato ad alimentarsi rispettando il proprio corpo.
E questo gli bastò per durare 152 anni, e dare una lezione di vita ai regnanti e ai popoli d’Inghilterra.
Valdo Vaccaro
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