IL MOMENTO DI BEPO DAL PARCO
Il buon Bepo era conosciutissimo, e lo è tuttora nella memoria dei tavagnacchesi e degli udinesi, nonostante sia passato qualche anno dalla sua dipartita. Personaggio pubblico di rilievo e di sani principi, ottimo padre di famiglia, titolare dell’Osteria e annesso Albero-Trattoria al Parco, ed anche rinomato assessore ai LLPP del Comune di Tavagnacco. Famoso anche per il suo religioso attaccamento al lavoro e ai giusti e sudati soldi che si ricavano dal medesimo. Girava su di lui ancora vivo e vegeto una simpatica barzelletta costruitagli su misura dal geometra mattacchione Giovanni Zamparo, che fece scompisciare dal ridere mezzo paese e lo stesso protagonista, a cui non mancava di certo un buon senso dell’umorismo.
LA BARZELLETTA SULLA SCOMPARSA DI BEPO
Succede dunque, nella storiella, che Bepo sta per morire. È malandato a letto, sente poco e vede ancora meno. È proprio agli sgoccioli. Già è venuto il parroco, che da queste parti chiamano il corvo nero, a tentare di dargli l’estrema unzione, la qual cosa ha ridato al morente nuova e inaspettata vitalità, in quanto voleva saltar fuori dal letto e corrergli dietro con una scopa in mano. Va a lavorare, come tutti i mortali, gli ha gridato dietro. E il prelato se ne è scappato frettolosamente con la coda tra le gambe. Si avvicina a quel punto, dolce e amorevole, la moglie, e lui la redarguisce: Che vieni a fare qui? Perché non vedi della griglia. Non preoccuparti caro, tutto è in ordine, tutto è a posto. Ma, dove stanno i nostri figli? Dove sta Pierino? Sono qui papà, non senti che ti accarezzo la fronte? E Stefano, dov’é? Sono a fianco di Pierino, babbo. E Maria Luisa? Ma sì paparino, sono qui anch’io, non senti che ho la tua mano sinistra nelle mie mani? E la Elida, dove sta la Elida? Sior Bepo, Sono qua anche io. Ma, porco di un d., chi è allora dietro al banco e dietro alla cassa?
Questa storia sta a indicare che persino un momento caratterizzato in genere da momenti drammatici, ansie e paure, quale la morte fisica, possa essere visto anche sotto una luce meno tragica, più serena e rilassata, e persino con una vena di sottile umorismo.
Qualche anno dopo, quando venne davvero il suo momento, il buon Bepo Rigo, pur restando tosto e tutto di un pezzo fino alla fine, non mandò il monsignore a quel paese. E, prete o non prete, la sua anima, magari con qualche piccolo correttivo (fare grigliate di carne per i clienti non è la stessa cosa che arrostire innocenti patate), aleggia di sicuro tra le anime dei giusti.
IL MOMENTO FATALE DELL’ALLEVATORE E DEL MACELLAIO. DIMMI QUANTI ANIMALI HAI SULLA COSCIENZA, E TI DIRÒ CHE TIPO DI CRIMINALE SEI.
Non esistono grandi barzellette, che io sappia, su allevatori, purcitàrs e macellai della zona. Con un po’ di fantasia, potremo però immaginarci la scena che si presenta ad essi nel momento fatidico della dipartita. Una breve trasvolata nei cieli e si arriva alla porta del giudizio. San Pietro è lì, impettito e serio, in tunica bianca e mazzo di chiavi in mano per i vari dipartimenti delle anime. Si apre la porta del giudizio e appare il governo di Dio. Solo che al posto della Santa Trinità, c’è il Dio umano dalla lunga barba bianca, attorniato e coadiuvato dal Dio Bovino, un bue dalle corna di oro fosforescente, accigliato e minaccioso, dal Dio Porcino, un grosso maiale ricoperto da sgargiante manto di seta, dal Dio Gallinaceo, un gallo multicolore ed elegante dalla cresta e dal becco di platino, dal Dio Palmipede, un enorme anatroccolo ricoperto di pietre preziose.
Tutti squadrano il nuovo arrivato dalla testa ai piedi in assoluto e imbarazzante silenzio. Finché San Pietro gli parla. Dicci adesso, quanti animali sono passati nelle tue stalle e nei tuoi macelli? E quante cisterne di latte hai spillato a questi poveri animali? Diccelo con la massima precisione, e così possiamo incasellarti nella giusta categoria per il giudizio finale. E guarda di non barare, perchè se cerchi di sminuire le tue responsabilità va a finire che ti dai la zappa sui piedi, e che al tuo karma di torturatore e di macellatore aggiungeremo l’aggravante e il sovraccarico della falsità e dell’ipocrisia. In altre parole, continua Pietro, dimmi quanti animali hai sulla coscienza e ti dirò che tipo di criminale sei.
MA COME, IO PENSAVO CHE TUTTO FOSSE GIÀ STATO RISOLTO IN TERRA, CON LA MESSA E L’ASSOLUZIONE
A questo punto, tutti si attendono il finale comico e la risata liberatoria, come nel caso del buon Bepo dal Parco. Solo che, in questo caso, il finale non c’è proprio. Anche perché questa, più che una barzelletta comica, potrebbe essere una anticipazione della scena reale che si presenta a certe persone al momento del giudizio. Quello che potrebbe ancora fare un po’ ridere, sarà la reazione stupefatta e incredula dell’anima in pena in attesa del giudizio. Cosa hai da dire a tua discolpa? Gli chiederebbe una voce roca e severa. Ma come. Io pensavo che tutto fosse già stato risolto in terra. Avevo già confessato il mio dispiacere e il mio pentimento al cappellano. Avevo recitato le mie preghiere. Ero andato a messa tutte le domeniche. Avevo detto in confessione che in realtà gli animali che ammazzavo mi facevano gran pena, e che di notte mi svegliavo di soprassalto, in quanto mi sognavo di loro. Mi correvano dietro nei sogni e mi chiedevano il perché. Rispondevo loro che quella era la mia professione, e che non sapevo fare altro nella vita. E loro scuotevano la testa e mi ripetevano Perché lo hai fatto? Alla fine, il prete mi aveva assolto in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
NON VORRETE MICA DIRMI CHE GLI ANIMALI HANNO PURE L’ANIMA? I PRETI MI HANNO INSEGNATO ESATTAMENTE L’OPPOSTO. I PRELATI LASCIACELI A NOI. NON SE LA CAVERANNO DI CERTO A BUON MERCATO.
E poi, come mai mi trovo di fronte a tutti questi giudici, piagnucola tremante l’imputato. Non vorrete mica dire che gli animali, che ho comunque macellato con giudizio e senza alcun accanimento, hanno pure un’anima? Se i preti e gli arcivescovi, cioè i vostri rappresentanti in Terra, mi hanno da sempre insegnato l’esatto contrario. Se mi hanno sempre ringraziato e benedetto quando inviavo loro il maialino, il tacchino, e l’anatra per il Natale, la colomba e il coniglio per Pasqua, il cappone e il fagiano durante l’anno. Se venivano ogni anno da me a dare la benedizione alla mia stalla alle mie bestie e ai miei macelli, ai miei camion-bestiame, ai crocifissi che tenevo appesi persino nelle stalle e nei macelli. Non ti preoccupare per il cappellano che ti ha confessato, e nemmeno per i preti, i vescovi, i cardinali e i papi. Per tutti loro ci penseremo noi. E il giudizio sarà molto più complesso e pesante. Dovremo convocare per loro le Camere Divine Unite, con tutti gli altri Divini, in particolare il Dio Colombaro e il dio Capponaro, oltre a quelli che hai già visto qui schierati. E per i prelati dovremo pure inventare un Inferno assai più rovente e purificatore di quelli riservati alla gente comune. Perchè chi ha portato voi uomini di cattiva fede sulla stolta via dell’antropocentrismo e della religiosità formale dei segni, delle acque sante e delle chiacchiere, non può certo sperare di cavarsela a buon mercato.
Valdo Vaccaro
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