DIGESTIONE ENZIMATICA, RADICALI LIBERI E STRESS OSSIDATIVO

da 31 Ott 2014Salute

LETTERA

Salve Valdo. Innanzi tutto le comunico tutta la mia stima per il lavoro di divulgazione che svolge e le verità e le intuizioni che condivide sul web. Ho iniziato da poco più di 8 mesi un percorso detox alimentare basato su Dieta Alcalina e Dieta senza Muco.

DOMANDE VARIE SU RADICALI LIBERI E PROCESSI DIGESTIVI

Avrei bisogno di un suo aiuto e vengo al concreto. Quale rapporto esiste tra stress ossidativo, conseguente produzione di radicali liberi e aumento delle condizioni di acidosi tissulare, e con che modalità biochimiche si svolge? Quali sono gli enzimi coinvolti nel processo digestivo di:

  • Carne e pesce.
  • Zuccheri semplici.
  • Zuccheri complessi.
  • Legumi.

Quali sono i tempi di digestione per ognuna delle suddette categorie alimentari? Confidando in un suo interessamento, la saluto con la speranza di incontrarla in pubblico. Grazie.
Alessandro

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RISPOSTA

TEMPI DI DIGESTIONE

Ciao Alessandro, Per i tempi di digestione sappiamo come il succo zuccherino della frutta fresca e matura, assunto correttamente a stomaco vuoto, sia il più rapido a trasbordare nel sangue i suoi nutrienti grazie al fatto di subire una pre-digestione enzimatica prima ancora di essere portato alla bocca. Si parla in genere di 25-40 minuti richiesti nell’operazione, con la frutta acquosa e agra ai vertici della velocità digestiva. Più lenta ed elaborata la digestione di banana e avocado che arrivano alle 3 ore e quella della frutta secca che tocca le 4 ore, al pari degli zuccheri complessi o amidi.

I tempi di digestione delle verdure e dei tuberi crudi, soprattutto pressati, estratti e centrifugati, sono quasi altrettanto rapidi ad essere assimilati, mentre nella versione cotta-conservativa, tipo al vapore, o saltate in padella, o bollite brevemente in pentola normale e coperchio, o al forno in tempi abbreviati e a temperature minimizzate, si raddoppiano i tempi di digestione globale.

DIGESTIONE GASTRICA E DIGESTIONE INTESTINALE

I tempi di digestione degli alimenti possono variare notevolmente da individuo ad individuo, a seconda della lentezza e dell’accuratezza della masticazione, della sua acidità gastrica e della motilità intestinale, e a seconda dei suoi comportamenti di contorno, del fare una camminata o nel concedersi o meno una rilassante pennichella nella fase postprandiale. Va anche differenziata nettamente la digestione gastrica nello stomaco dalla digestione intestinale che porta il cibo alla zona finale del piccolo intestino, e ancor più dalla digestione globale che in genere, per un pasto completo e e ben combinato, si effettua in 6-8 ore.

DIGESTIONE GLOBALE INCLUSO EVACUAZIONE DELLE SCORIE

L’eliminazione delle scorie e dei residui indigeribili inizia circa 24 ore dopo la deglutizione e per completarsi può richiedere alcuni giorni. Il tempo medio di passaggio dei residui di cibo non digeriti nell’intestino umano è di 50 ore nell’uomo e di 57 ore nella donna, con ampie variazioni intra ed interindividuali, con minimi al di sotto delle 20 ore e massimi al di sopra delle 100 ore. Questi tempi variabili sono determinanti nel fissare il ritmo giornaliero e bigiornaliero delle evacuazioni. Più lenta è la liberazione totale dei residui, come succede ad esempio nei consumatori seriali di proteine e grassi animali, e più il corpo vive in condizioni di stitichezza e di scarsa funzionalità intestinale, con tutte le conseguenze negative che ne conseguono.

DIROTTAMENTO EMATICO VERSO STOMACO E COLON, CON CONGESTIONE SANGUIGNA E FEBBRE INTERNA GASTROINTESTINALE

Conoscere quali sono i tempi di digestione degli alimenti più comuni aiuta gli sportivi ad evitare di ritrovarsi appesantiti durante gli allenamenti o le competizioni. Se il cibo permane a lungo all’interno dello stomaco si ha un ovvio dirottamento ematico verso l’apparato digerente, così come se il cibo permane per giorni all’interno del colon, dei diverticoli e delle tasche intestinali, il dirottamento e la congestione ematica si hanno verso la parte bassa dell’intestino e verso il ventre, con fenomeni tipo quella febbre interna gastrointestinale non rilevabile strumentalmente di cui parla Manuel Lezaeta nella sua formidabile teoria dell’equilibrio termico.

PELLE ESTERNA E ARTI ANEMIZZATI PER L’EMIGRAZIONE DEL SANGUE IN ZONA VENTRALE

In questi casi la pelle esterna e le estremità rimangono fredde, anemiche, ipossiache e prive di flusso ematico sufficiente, con ovvia riduzione dell’ossigeno disponibile per il muscolo sotto sforzo. Per i non atleti, consumare alimenti poco digeribili in grosse quantità può provocare peraltro sensazioni sgradevoli a livello gastrico e intestinale con fenomeni tipo pesantezza, acidità, bruciori, crampi.

MAGGIORE BIODISPONIBILITÀ E DIGERIBILITÀ PER I CIBI AMIDACEI SOTTOPOSTI A COTTURA LIMITATA E INTELLIGENTE

In generale, i tempi di digestione aumentano proporzionalmente al contenuto in grassi degli alimenti, mentre diminuiscono quando il cibo viene masticato con cura, o quando viene adeguatamente cotto nel caso di cibi amidacei tipo patate, carote, tuberi, cavolfiori, cereali integrali pre-inteneriti nell’acqua. Tra i vari metodi di cottura quelli più impegnativi dal punto di vista digestivo sono la frittura e la grigliatura, in particolare se sono presenti parti carbonizzate. Da rilevare poi che il riscaldamento prolungato dei cibi oltre i 50-60 °C comporta distruzione degli enzimi, perdita vitaminica, disorganicazione minerale. Se si superano poi i 120 °C applicati ai carboidrati si ha formazione di veleni pericolosi tipo l’acrilamide.

MASTICAZIONE ACCURATA E LIQUEFAZIONE DEL CIBO SOLIDO

Per avere un’idea dell’importanza di un’adeguata masticazione e del liquefare il cibo solido, basti pensare che i frullati di frutta e verdura vengono digeriti assai più rapidamente rispetto alla materia prima intera. Ovviamente non mancano le eccezioni. Il latte intero di mucca, ad esempio, richiede tempi di digestione lunghi nonostante sia liquido, essendo sostanza estranea Non-Self per l’uomo e carica di caseina.

COMBINAZIONI ALIMENTARI E PIAZZAMENTO FRUTTA LONTANO DAI PASTI SALVO POCHE ECCEZIONI

Da non sottovalutare, inoltre, le combinazioni alimentari, visto che i tempi di digestione si allungano quando nello stesso pasto si consumano diverse categorie cibarie. A digiuno, ad esempio, l’acqua lascia quasi immediatamente lo stomaco, mentre quando viene consumata durante i pasti vi permane a lungo. Se bevuta in grandi quantità, inoltre, diluisce i succhi gastrici allungando i tempi di digestione. Analogo discorso può essere fatto per la frutta che, se consumata a fine pasto come da pessima abitudine, prolunga il soggiorno del bolo nello stomaco. Questo vale a maggior ragione per la frutta agra ed acquosa, ed anche per meloni e angurie, che consumati a digiuno e a stomaco vuoto, lasciano rapidamente lo stomaco. L’eccezione che conferma la regola è data in questo caso dalla mela, dall’ananas, dalla papaia, ed entro certi limiti dalla pera e dal mango, tutta frutta ricca di enzimi antifermentanti e proteolitici come la pectina, la bromelina e la papaina che facilitano persino la digestione delle proteine ivi associate.

DIGESTIONI GASTRICHE LEGGERE E DIGESTIONI GASTRICHE PROLUNGATE

Infine, com’è logico aspettarsi, anche le quantità influenzano notevolmente i tempi digestivi. Un cioccolatino, ad esempio, viene digerito molto più rapidamente rispetto ad una fetta di torta al cioccolato. A titolo indicativo pasti leggeri richiedono tempi di digestione gastrica di 2 o 3 ore. Pasti normali e sobri rimangono nello stomaco per 3 o 4 ore, mentre menù particolarmente elaborati richiedono fino a 5 o 6 ore prima di arrivare nell’intestino tenue.

PERCHÉ ALCUNI CIBI NON VANNO CONSUMATI ASSIEME?

Le Regole delle compatibilità o Combinazioni alimentari costituiscono una proposta alimentare che si basa sulla combinazione dei vari alimenti tra loro in modo da renderli più digeribili e nutrienti. Sono sempre più diffuse e vengono in genere suggerite come base di una sana alimentazione. Le combinazioni alimentari sono regole fondate sulla fisiologia della digestione e sulle ricerche ed esperienze di molti studiosi. Non tutti i cibi vengono digeriti allo stesso modo e con gli stessi tempi. È questa la regola fondamentale che sta alla base delle combinazioni alimentari.

ENZIMI CHE CHE SCINDONO GLI ALIMENTI NEI LORO COSTITUENTI FONDAMENTALI

La digestione avviene ad opera di sostanze particolari, chiamate enzimi, che scindono gli alimenti nei loro costituenti fondamentali. Nell’organismo ci sono numerosi enzimi ed ognuno specifico per ogni sostanza. Questo concetto aiuta a comprendere la complessità del processo digestivo. Ciascun enzima necessità di specifiche condizioni di acidità (pH) per poter agire al meglio. La ptialina funziona meglio in ambiente alcalino, la pepsina meglio in uno acido. Quando viene ingerito un alimento si dovrebbero creare le condizioni ideali di acidità affinché l’ambiente sia il più idoneo possibile per favorire l’attività enzimatica. Quando invece si associano nel pasto alimenti che hanno esigenze digestive diverse, se non addirittura opposte, la digestione è più lenta e difficoltosa e con una serie di inconvenienti tipo sonnolenza post-prandiale, bruciore gastrico, senso di pesantezza, gonfiore e meteorismo.

SEMPLIFICARE E NON OSTACOLARE IL LAVORO ENZIMATICO

Impostare la propria condotta alimentare secondo i principi delle combinazioni alimentari significa associare alimenti che richiedono condizioni digestive simili, in modo da semplificare il più possibile il lavoro enzimatico. Un sistema alimentare basato sulle combinazioni alimentari mira a sfruttare al pieno le potenzialità nutritive e terapeutiche degli alimenti tenendo conto delle sinergie e degli antagonismi tra loro. Il pasto può consistere di un monopiatto ben combinato e assortito ma anche di più portate, purché gli ingredienti e le portate siano combinati in modo che si completino nell’apporto nutrizionale e che favoriscano l’uno la digestione dell’altro anziché ostacolarsi a vicenda. Durante i pasti si dovrebbe bere poco o nulla.

COMBINAZIONI SCONSIGLIATE

Non fare associazione di cibi proteici grassi e magri con cibi amidacei, ossia proteine concentrate come carne, pesce, uova, formaggio, leguminose, semi oleosi con carboidrati complessi come cereali e verdure a contenuto amidaceo. Si tratterebbe di pessime combinazioni peggiori in quanto gli uni impediscono la digestione degli altri e viceversa. La digestione dei cibi amidacei inizia in bocca, ad opera dell’enzima salivare ptialina che si attiva in ambiente alcalino, trasformando l’amido in zuccheri più semplici attraverso la masticazione.

INTELLIGENTE PRECEDENZA CONCESSA DALLO STOMACO ALLA FRUTTA

Quando il bolo viene deglutito, lo stomaco inizia intelligentemente a produrre un succo debolmente acido, adatto a permettere il proseguimento dell’attività enzimatica della ptialina, che sarebbe resa inattiva dall’acidità. Lo stomaco dà così luce verde e precedenza al transito digestivo della frutta. Solo a questo punto il succo gastrico diventerà acido per permettere la digestione della componente proteica dei cereali e dei legumi.

DIGESTIONE GASTRICA DEI CIBI PROTEICI

In un modo e in un ambiente diverso procede invece la digestione dei cibi proteici. Durante la masticazione le proteine non vengono attaccate dalla ptialina e la loro digestione inizia nello stomaco in ambiente acido ad opera della pepsina. L’acido cloridrico del succo gastrico rende attivo un enzima specifico detto pepsinogeno trasformandolo in pepsina. In particolare, già al momento della loro introduzione in bocca, a livello dello stomaco si crea un ambiente acido e viene secreto un succo contenente HCl o acido idrocloridrico, in forma più o meno concentrata secondo le necessità.
Agisce pure la pepsina, un altro enzima che, assieme all’acido cloridrico, trasforma i protidi in polipeptidi, un passaggio intermedio per arrivare agli aminoacidi.

PASSAGGIO DEL CHIMO DALLO STOMACO AL DUODENO

Dall’ambiente acido dello stomaco, il chimo passa nel duodeno, dove il ph è sempre più o meno tendente all’alcalino, grazie soprattutto all’azione dei sali biliari. Anche in questo ambiente l’elaborazione dei polipeptidi in aminoacidi può continuare. Ne sono responsabili gli enzimi pancreatici, la tripsina e la chimotripsina, nonché la carbossi-peptidasi. Un enzima intestinale, l’enterochinasi, sostiene ulteriormente la loro attività. Vi si aggiunge l’azione dell’erepsina intestinale contenente 2 peptidasi.

LA COMBINAZIONE VIETATA TRA PROTEINE E AMIDI

Assumendo quindi cibi proteici ed amidacei contemporaneamente si rende difficoltosa la digestione dell’amido poiché si ha una secrezione precoce di succo gastrico fortemente acido che renderà impossibile l’attività della ptialina e quindi estremamente difficoltosa la digestione dei cereali.
Inoltre la presenza degli amidi nello stomaco rende molto difficoltosa anche l’elaborazione delle proteine, che arrivano nell’intestino non sufficientemente preparate. Non solo non vengono assimilate, ma danno luogo alla formazione di sostanze tossiche dannose, andando incontro a inevitabile putrefazione. Una parziale eccezione è costituita dal pane integrale, biologico e lievitato naturalmente per 24-36 ore, permette una predigestione degli amidi ad opera dei batteri e degli enzimi del lievito.

APPROVATE LE PROTEINE GRASSE COI CARBOIDRATI

Le proteine grasse tipo burro, formaggi grassi, uova, avocado, noci, frutta da guscio, contengono lipidi che rallentano l’emissione dei succhi gastrici acidi, per cui gli amidacei riescono a passare dallo stomaco al duodeno quasi indisturbati, mentre continua l’elaborazione dell’alimento proteico nello stomaco. Quindi sì a pasta o riso e polenta conditi o accompagnati da olio, burro e anche formaggio.
Il nostro stomaco è in grado di produrre succhi gastrici in tempi diversi e con composizioni diverse, in relazione alle diverse proteine da digerire.

COMBINAZIONI NOCIVE TRA LE VARIE PROTEINE

L’associazione tra alimenti quali carne, formaggi, uova, o pesce che presentano un contenuto proteico molto elevato, renderebbe la digestione particolarmente laboriosa. Una combinazione particolarmente nociva sembra essere quella della carne o del pesce con il latte di mucca, non solo per i motivi ricordati ma anche per le particolari caratteristiche del latte. Il latte infatti, a contatto con l’acidità dello stomaco, coagula in grumi e fiocchi che possono racchiudere all’interno frammenti di carne. La pellicola che riveste questi frammenti impedisce che gli stessi vengano in contatto con i succhi gastrici e che vengano digeriti, spingendoli intatti nel tratto intestinale, favorendo insorgenza di malattie degenerative derivanti da putrefazione, oltre che da carenze enzimatiche, da eccessi quantitativi e da pessime combinazioni.

ALIMENTI GRASSI SOTTO ACCUSA SIA DA SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI

I grassi animali burro e panna, e in misura molto minore l’olio vegetale di oliva o di semi vari, inibiscono sia le secrezioni gastriche che la motilità intestinale. Mangiare carne o formaggi o uova con panna o verdure fritte o abbondante burro, significa ostacolare la digestione degli alimenti proteici. Tuttavia è bene sapere che il consumo di abbondanti verdure crude neutralizza in buona parte l’effetto inibitorio dei grassi sulla digestione.

ASSOCIAZIONE DI ZUCCHERI SEMPLICI CON CIBI AMIDACEI O PROTEICI

Gli zuccheri semplici, come il saccarosio, ma anche quelli contenuti in miele e frutta, hanno una struttura più semplice degli amidi e non vengono attaccati dalla ptialina. Essi passano rapidamente nel tubo digerente per essere poi assimilati nell’intestino. Introdurli con alimenti che richiedono una digestione più laboriosa vorrebbe dire rallentare il loro passaggio nell’intestino col rischio di farli stazionare nello stomaco in ambiente inadatto acido-caldo-umido e di innestare processi fermentativi dannosi. Se la frutta è invece mangiata correttamente da sola, i suoi tempi di digestione sono oltremodo rapidi.

DALLA PTIALINA AL MALTOSIO AL GLUCOSIO E AL LEVULOSIO

La digestione dei carboidrati complessi comincia in bocca per l’azione dell’enzima ptialina, azione che continua anche durante il passaggio attraverso l’esofago e nello stomaco. Nel duodeno agisce l’amilasi pancreatica, che trasforma in maltosio quanto ancora non fosse stato elaborato in precedenza. Nell’intestino tenue il maltosio viene ulteriormente scisso in glucosio e levulosio. Nell’intestino crasso vi è infine un’azione sulla cellulosa, che si trova in genere associata ai carboidrati.

ACETO, LIMONE E FRUTTA ACIDA

Il limone, l’aceto, la frutta acida come ananas, ciliegie, fragole, succhi di frutta, bevande gassate, bevande acide tipo vino e spumante, sono tutte sostanze capaci di inattivare la ptialina, l’enzima salivare responsabile della digestione degli amidi, enzima in grado di lavorare bene solo in ambiente alcalino. Alla prima colazione quindi, se si mangiano pane o fiocchi di cereali, si dovrebbero evitare le spremute di agrumi, salvo non anticiparle direttamente al risveglio.

STRESS OSSIDATIVO ALTO FATTORE DECISIVO NELL’INSORGENZA DELLE MALATTIE DEGENERATIVE

Sui radicali liberi, si esprime con ammirevole chiarezza, il prof Mario Mariani, docente alle Università della Calabria, a Bologna e ad Ascoli Piceno. È dimostrato come l’esercizio fisico intenso e continuato produca un notevole incremento nei radicali liberi. Questo ha fatto convertire il medico americano Kenneth H. Cooper, padre dell’aerobica, ad una visione molto più soft dell’attività fisica. L’aumento dei radicali e dello stress ossidativo é stato ormai identificato dalla scienza come fattore decisivo nella insorgenza delle malattie degenerative e dell’invecchiamento precoce. I radicali liberi sono delle molecole estremamente reattive che, se prodotte in grande quantità e soprattutto se non bilanciate da sistemi antiossidanti, endogeni ed esogeni, possono produrre danni significativi al nostro organismo.

ALLENAMENTO INTENSO E FATICA TRIPLICANO LO STRESS OSSIDATIVO

Si è visto che la presenza di radicali liberi nei muscoli e nel fegato di animali sotto allenamento o sotto sforzo intensivo è tripla del normale. Quindi per coloro i quali praticano attività sportiva agonistica è indispensabile proteggersi in modo efficace mediante mezzi di contrasto. Gli antiossidanti possono avere un ruolo nell’aumentare il recupero dopo l’affaticamento e nel mantenere una risposta immunitaria a livelli ottimali.

IPOSSIA CONDIZIONE SIMILE ALL’ISCHEMIA

Lo stress ossidativo causa ipossia, condizione in cui si trova una cellula priva di adeguato apporto di ossigeno. L’ipossia è una situazione indotta dall’esercizio fisico intenso. In tali condizioni, così come in caso di ischemia e tumore, le cellule si adattano alle condizioni di deficit di ossigeno attivando un programma di variazioni dell’espressione genica iniziata dall’HIF-1, fattore di trascrizione indotto da ipossia. Nuovi studi rivelano come l’adattamento all’ipossia dipenda dall’attivazione di un processo che serve ad inibire la respirazione ed ad impedire l’utilizzazione del piruvato, il precursore del lattato, da parte dei mitocondri. In essi, infatti, le molecole derivate dai nutrienti sono convertite in energia utilizzabile attraverso la respirazione.

NIENTE COMBUSTIBILE AI MITOCONDRI E CONSEGUENTE ACIDOSI ALLA MATRICE EXTRACELLULARE

Trattasi di un elegante meccanismo in cui le cellule, per difesa, cessano di inviare combustibile ai mitocondri. Tutto ciò induce infiammazione a livello della matrice extra-cellulare con conseguente acidosi. Acidosi che, invece di essere tamponata e rimediata dal cibo che mangiamo e dall’ossigeno che respiriamo, viene aggravata dai processi di trasformazione di questi ultimi in nutrimento ed energia, poiché l’organismo produce scorie metaboliche acide che debbono essere eliminate attraverso urine, feci e sudore.

IMPORTANZA FONDAMENTALE DEI FLAVONOIDI E DEL FIVE-PER-DAY

Quando le quantità di scorie metaboliche acide superano quelle che il nostro organismo è in grado di eliminare, insorge il sovraccarico di sostanze acide. In questo modo gli organi interessati allo smaltimento delle scorie metaboliche acide in eccesso si sottopongono a continui stress organici e, a lungo andare, si deteriorano. Ecco, dunque, che risulta sempre più importante avere una corretta alimentazione basata su cibi alcalinizzanti e ad alto contenuto flavonoico come frutta e verdura. Il famoso discorso dei Cinque pasti al giorno basati sui vegetali colorati, ispirato evidentemente al Five-per-day di Cambridge, insabbiato a suo tempo da Scotland Yard e dai Servizi Segreti americani.

INCREMENTO DI FRUTTA E VERDURA E POTERE ANTIOSSIDANTE ORAC

Ricerche condotte oggi negli USA confermano che un abbondante consumo di frutta e verdura può rallentare il danno da stress ossidativo e la conseguente acidosi. Una nuova tecnica di analisi basata sul potere antiossidante denominato ORAC, Oxygen Radical Absorbance Capacity, ha dimostrato che attraverso il consumo di elevate quantità di frutta e verdura ad alto contenuto di punteggio ORAC, si possa rallentare il processo d’invecchiamento del corpo e della mente perché considerati parametri relativi alla valenza salutistica del prodotto (H. Wang, G. Cao, R.L. Prior, Total Antioxidant Capacity of Fruits, Journal of Agriculture and Food Chemistry, N. 44 del 1996, pagg 701-705). L’ORAC esprime l’efficienza della miscela di antiossidanti nel proteggerci contro l’ossidazione indotta da radicali liberi. Vedi in proposito anche la mia tesina “Radicali liberi, stress ossidativo e via flavonoica al benessere“.

ANTIOSSIDANTI AD ALTO INDICE ORAC CONTRO IDROSSIDI E PEROSSIDI

Il test ORAC è impiegato proprio per individuare le proprietà antiossidanti di frutta e verdura. Gli antiossidanti costituiscono una vasta gamma di composti che interagisce con i danni dovuti alle sostanze reattive dell’ossigeno. Sono già stati identificati gli apporti in Unità Orac tra i frutti più reattivi come mirtillo, fragola, lampone, arancia, uva rossa, ciliegia e, tra le verdure, spinaci, cavoletti di Bruxelles, sedano e pomodoro per citarne solo alcune. Si tratta di un metodo molto sensibile attraverso il quale si può misurare la protezione che le sostanze antiossidanti forniscono all’organismo contro idrossidi e perossidi reattivi. Al momento, l’ORAC è ritenuto l’unico esame in grado di misurare l’inibizione di un antiossidante sui radicali liberi.

50 MILA TIPI DI MOLECOLE PROTEICHE NEL CORPO UMANO

Le proteine sono formate dall’unione di molecole più semplici chiamate aminoacidi legati tra loro attraverso legami peptidici. Due molecole di aminoacidi formano un dipeptide, tre un tripeptide e così via. Si parla di polipeptide quanto tale catena è formata da meno di 100 aminoacidi. Nel corpo umano si riconoscono circa 50.000 diverse molecole proteiche, la cui funzione è determinata dalla loro sequenza amino-acidica. Attraverso tutta una serie di reazioni il nostro organismo è in grado di sintetizzare autonomamente le proteine di cui ha bisogno a partire dai singoli aminoacidi contenuti negli alimenti.

GROSSEZZA PROTEICA E SCOMPOSIZIONE IN AMINOACIDI

Dal momento che le proteine sono troppo grosse per essere assorbite come tali e trasportate in circolo, alcuni enzimi presenti nel lume del tratto gastrointestinale intervengono nella loro digestione scomponendole nei singoli aminoacidi. Durante il processo digestivo la maggior parte delle proteine è ridotta completamente nei singoli aminoacidi. La digestione di queste macromolecole inizia nello stomaco dove l’azione combinata di pepsinogeno ed acido cloridrico porta alla formazione di oligopeptidi, catene corte di aminoacidi formate da meno di dieci unità.

COMPLETAMENTO DIGESTIONE PROTEICA TRAMITE  PROTEASI PANCREATICHE

L’acido cloridrico, oltre a trasformare il pepsinogeno in pepsina, distrugge gran parte della carica batterica, favorisce l’assorbimento del ferro e la sintesi di succo enterico, bile, bicarbonati ed enzimi pancreatici. La secrezione dello stomaco è influenzata da fattori nervosi come odore, gusto del cibo, da fattori meccanici, come distensione delle pareti gastriche, nonché da fattori chimici, come presenza di oligopeptidi,  e da fattori ormonali, come presenza di gastrica. La digestione delle proteine viene completata dalle proteasi intestinali di origine pancreatica, riversate nel duodeno e prodotte dalla membrana dello stesso intestino. Per questo motivo la digestione proteica è possibile anche dopo l’asportazione parziale dello stomaco. Le proteasi si dividono in endoproteasi, che idrolizzano i legami peptidici interni alle proteine (chimotripsina, esaltassi e tripsina), ed esopeptidasi che idrolizzano l’aminoacido terminale della proteina (carbossipepsidasi, aminopsidasi e dipepsidasi).

DIGESTIONE CARBOIDRATI SEMPLICI

Gli zuccheri introdotti con la dieta, come il glucosio ed il fruttosio, non necessitano di alcun processo digestivo e vengono assorbiti come tali. Il glucosio, in particolare, viene assorbito mediante trasporto attivo, mentre il fruttosio attraversa la mucosa intestinale per diffusione facilitata. Ne consegue che il levulosio viene assorbito più lentamente e ciò concorre ad abbassarne l’indice glicemico.

DIGESTIONE CARBOIDRATI COMPLESSI

L’amido costituisce la parte preponderante dei carboidrati complessi assunti in una alimentazione equilibrata. È costituito da tante unità di glucosio legate tra loro in forma lineare (amilosio) e in forma ramificata (amilopectina), e viene introdotto principalmente attraverso patate, legumi, cereali  e prodotti derivati, quali pasta e pane. La sua digestione inizia nella bocca, dove viene aggredito dalle alfa-amilasi salivari che liberano maltosio ed isomaltosio, disaccaridi costituiti dalla associazione di due unità di glucosio, da maltotriosio e da destrina. A livello di bocca, la digestione dei carboidrati è comunque limitata, dato lo scarso tempo di permanenza del cibo nella cavità orale.

COMPLETAMENTO DIGESTIONE NELL’INTESTINO TENUE

L’attività delle alfa-amilasi salivari si arresta nello stomaco a causa dell’acidità che caratterizza l’ambiente gastrico. La digestione dei carboidrati riprende e si completa poi nell’intestino tenue, grazie all’azione combinata dei succhi pancreatici ed intestinali. Nei primi, è presente un enzima α-amilasi analogo a quello salivare, che come tale trasforma l’amido in maltosio, e destrine. Queste non possono essere idrolizzate dalle amilasi pancreatiche e subiscono l’azione di appositi enzimi deramificanti (alfa-1,6 glicosidasi, alfa-destrinasi o isomaltasi) presenti nelle cellule epiteliali dell’intestino tenue.

SACCARASI E LATTASI

A questo livello troviamo ulteriori enzimi implicati nella digestione dei disaccaridi. La saccarasi, per esempio, porta alla formazione di glucosio e fruttosio a partire da una molecola di saccarosio e provvede all’idrolisi di maltosio e maltotriosio in sinergia con l’enzima maltasi. La lattasi infine digerisce lo zucchero del latte scomponendolo in glucosio e galattosio. Il deficit di questo enzima, molto comune nell’età adulta, è responsabile dell’intolleranza al lattosio. Una volta completata la digestione dei carboidrati nei singoli monosaccaridi che li costituiscono, gli zuccheri sono pronti per essere assorbiti.

STRAORDINARI ELEMENTI CHIAMATI ENZIMI O CATALIZZATORI ALIMENTARI

Gli enzimi sono molecole proteiche necessarie alla vita. Catalizzano tutte le reazioni biochimiche all’interno dell’organismo. Gli enzimi digestivi vengono secrete lungo il tratto intestinale allo scopo di scomporre il cibo, affinché i nutrienti possano essere assorbiti nel flusso sanguigno. Gli enzimi digestivi includono proteasi, amilasi, lipasi, pepsina, ptialina e tripsina. I cibi crudi costituiscono una fonte naturale di enzimi alimentari, che assistono alla scomposizione di proteine, carboidrati, grassi e fibre.

I CIBI CRUDI RICCHI DI ENZIMI, ALLEVIANO E RISPARMIANO LE FATICHE DIGESTIVE

Il dr Edward Howell già negli anni ’20 osservava che una dieta basata su digiuno e cibi crudi, produceva effetti curativi e potenziamento generale della saluta, a causa della diminuzione significativa nella richiesta di enzimi digestivi propri del corpo umano. In questo modo, gli enzimi del sistema immunitario erano in grado di aumentare l’importante attività di disintossicazione.
I cibi crudi quindi erano in grado di alleviare il carico del processo digestivo in virtù della loro ricchezza enzimatica, con conseguente potenziamento del livello generale di benessere.

IMPOVERIMENTO DEI TERRENI E CARENZE ENZIMATICHE NEI PRODOTTI AGRICOLI ODIERNI

Purtroppo i cibi di oggi sono carenti di enzimi a causa dei metodi di coltivazione su larga scala e per l’impoverimento dei terreni, per non dire poi dei processi di lavorazione e trasformazione e dei semplici procedimenti di cottura, che non preservano le proprietà enzimatiche dei cibi vivi, vitali e naturali.

IPERTROFIA DELLA PITUITARIA E DEL PANCREAS

Una dieta a base di cibi cotti o trattati, o comunque una dieta devitalizzata, produce ipertrofia della ghiandola pituitaria, quella ghiandola che regola tutto il sistema endocrino. Pure il pancreas umano risulta abbondantemente ipertrofizzato a confronto di quello degli animali  che si nutrono solo di alimenti crudi. Il pancreas di un uomo di 63kg pesa 85-90 grammi, quello della pecora di 38kg pesa appena 18 grammi, quello del cavallo da 545kg pesa soli 330 grammi.

PERDITE ENZIMATICHE A TUTTI I LIVELLI

Cibi cucinati, bevande alcoliche e nervine o caffeiniche, riniti, influenza, gravidanza, stress, esercizio fisico estremo, cattive condizioni climatiche-economiche-sociali, comportano un rapido e maggiorato consumo di enzimi. In più il nostro organismo perde giornalmente enzimi, attraverso i normali processi eliminativi, come sudorazione, urina e feci.

PRE-DIGESTIONE E RIATTIVAZIONE DEGLI ENZIMI ALIMENTARI

Quasi tutte le creature viventi possiedono organi distinti che permettono agli enzimi esogeni, introdotti col cibo, di agire prima che entri in azione la normale azione digestiva. Infatti gli enzimi alimentari vengono attivati naturalmente dal calore già durante la masticazione, dando luogo al processo di pre-digestione, che continua anche mentre il cibo prosegue il suo cammino verso lo stomaco, per poi essere inattivati dalle secrezioni gastriche. In seguito, l’ambiente alcalino dell’intestino tenue riattiva gli enzimi alimentari, per alleggerire il carico dell’apparato digerente e delle funzioni collegate. Molti studi hanno dimostrato che la quantità appropriata di enzimi alimentari, permette di digerire circa il 60% di amidi, il 30% di proteine e il 10% di grassi, prima ancora che la pepsina, uno degli enzimi endogeni, venga attivata.

LA LEZIONE CRUDISTA DELLE TRIBÙ PRIMITIVE E DEGLI ANIMALI

Tribù primitive e animali selvatici, soffrono raramente di malattie degenerative, per via della loro dieta ricca di cibi crudi. Gli studi, prima di Virchow e poi di Kouchakoff, mostrano l’evidenza di una leucocitosi digestiva dove il numero delle cellule dei globuli bianchi, aumenta dopo un pasto di cibi cotti e lavorati. Kouchakoff osservò che, mentre il cibo crudo non induceva leucocitosi digestive, o aumento dei globuli bianchi dopo i pasti, quello cotto e particolarmente il cibo cotto carneo, causava un rapido aumento dei livelli leucocitari nel sangue.

CALO ENZIMATICO E IMPOVERIMENTO RISERVE

In pratica, quando le molecole di cibo non completamente digerito vengono assorbite, l’organismo le identifica come antigeni estranei. Il sistema immunitario attiva infatti i leucociti macrofagi per digerire queste molecole. Assumendo che la dieta media sia prevalentemente a base di cibi cotti, coloro che consumano cibi poveri di enzimi, sono più soggetti a impoverimento delle proprie riserve enzimatiche interne. Dal momento che tali riserve diminuiscono pure con l’aumento dell’età, i cibi a rischio, tipo pane, pizza, pasta e simili, consumati dalle persone giovani, vengono tollerati e non danno troppi problemi, mentre se consumati dagli anziani, possono causare malattie a carico del sangue, come ostruzione intestinale o costipazione, ulcere intestinali, gonfiori e artriti, conseguenti a digestione incompleta e fermentazioni nel tratto gastrointestinale, con rilascio di tossine che finiscono nel flusso sanguigno, andando poi a depositarsi nelle articolazioni e nei tessuti molli.

ENZIMI SIMBOLI E SINONIMO DI VITALITÀ

È inconfutabile che le affezioni croniche si accompagnino sempre ad un tasso enzimatico diminuito, particolarmente a livello di sangue, feci, urine e tessuti. Nelle crisi fisiologiche, più la malattia avanza e più il contenuto enzimatico del corpo, ossia le riserve, si abbassa. Esiste una correlazione ben definita tra la quantità di enzimi che un soggetto possiede e l’ammontare di energia di cui può disporre. Il dr Howell afferma che gli enzimi sono una vera pietra di paragone della vitalità. Ciò che noi chiamiamo energia, forza vitale, potenza nervosa, può essere inteso come sinonimo di attività enzimatica.

ATTIVITÀ ENZIMATICA RESPONSABILE DEL METABOLISMO

Il costruirsi e demolirsi continuo dei tessuti, chiamato metabolismo, è diretta conseguenza dell’attività degli enzimi. L’utilizzazione delle vitamine e dei minerali, dipende dagli enzimi e viceversa. Durante le affezioni tipo polmonite, appendicite, malaria, tubercolosi polmonare, febbri, i livelli enzimatici aumentano. Ogni intervento di attività metabolica, sia esso associato ad alterazioni del corpo o a lavoro muscolare, a tasso cardiaco stimolato da esercizio fisico, a digestione prolungata o a gravidanza, comporta aumento dell’attività enzimatica e della temperatura corporea. In altre parole gli enzimi sono più attivi durante una fase febbrile acuta di circa 38 gradi, piuttosto che ad una temperatura normale sotto i 37.

STRETTA RELAZIONE TRA ENZIMI E SISTEMA IMMUNITARIO

È evidente che, se gli enzimi rispondono a febbri e infezioni, significa che hanno una relazione diretta coi meccanismi di difesa del corpo. Esiste dunque una connessione tra attività dell’apparato immunitario e livello enzimatico. Maggiori le riserve di enzimi a disposizione e più veloce sarà la risposta immunitari, e maggiore sarà la forza e la vitalità dell’organismo. Dopo aver consumato un cibo cotto, il numero dei leucociti aumenta. Non è forse questa una misura compensatoria imputabile all’intelligenza innata del corpo umano?

CONNESSIONE TRA ENZIMI E SISTEMA ENDOCRINO

Il cibo crudo, ricco di enzimi alimentari, elimina lo stress dal sistema endocrino, mentre cibi ad alto contenuto calorico, come zucchero e alimenti lavorati, rompono tale delicato equilibrio. Questo dà luogo ad una super secrezione di ormoni, sovra-alimentazione, obesità ed esaurimento ghiandolare. La falsa sensazione di benessere che si prova è dovuta alla pituitaria, artefice principale di invio ormonale a tiroide, surrenali, ghiandole riproduttive e pancreas. Si capisce pertanto quanto gli enzimi siano connessi ed interdipendenti agli apparati organici principali, quali i sistemi circolatorio, digerente, nervoso, endocrino e linfatico, e quanta importanza essi abbiano nel trattamento di tutte le affezioni circolatorie e dell’obesità.

OBESITÀ E BASSO LIVELLO DI ENZIMA LIPASI

È dimostrato che i tessuti adiposi nei soggetti obesi, riportano un livello di enzima lipasi diminuito.
Il dr David Galton dell’università di Tufts, ha esaminato 11 soggetti di peso superiore ai 100kg, scoprendo in essi una carenza enzimatica a livello di tessuti adiposi. La carenza di lipasi si riscontra pure nei casi di lipoma. La funzione dell’enzima lipasi è quella di assistere la scomposizione delle molecole di grasso, nonché l’immagazzinamento del grasso stesso. Basti pensare alla perdita di peso che si verifica negli animali ibernati, dovuta proprio a questo importantissimo enzima.

CARENZA DI LIPASI SIGNIFICA RISTAGNO E ACCUMULO DI GRASSI

La carenza di lipasi provoca un ristagno e un accumulo di grassi nelle arterie, nei capillari e negli organi, accumulo che può sfociare in patologie cardiocircolatorie ed ipertensive. I grassi non digeriti in modo appropriato dalla lipasi, vengono assorbiti in modo distorto, causando indurimento vascolare, aumento del colesterolo, ipertensione, cellulite e arteriosclerosi. I depositi di grasso possono ostruire i vasi stessi, impedendo al sangue di giungere al cuore, con la conseguenza che il medesimo deve aumentare il proprio ritmo per contrastare la congestione, con aumento pressorio e ingrossamento del muscolo cardiaco.

SENZA PRE-DIGESTIONE IL PANCRERAS VIENE SOTTOPOSTO A STRESS

Nei primi 45-60 minuti della digestione, una buona percentuale di cibo può essere predigerita dallo stomaco, prima ancora di raggiungere l’intestino tenue, dove il pancreas secerne i propri enzimi, per proteine, amidi e grassi a livello di duodeno. In virtù di questo meccanismo, se il cibo non viene adeguatamente predigerito, il pancreas aumenta la sua attività, al fine di reclutare e rastrellare enzimi da tutto il corpo, finendo presto sfiancato e sotto stress.

LEGGE DI ADATTAMENTO ESCRETIVO DEGLI ENZIMI DIGESTIVI

Esiste una legge detta Adattamento Escretivo degli Enzimi Digestivi, la quale stabilisce che, tanto maggiore il carico che viene assolto nella digestione dagli enzimi alimentari esogeni, tanto minore sarà il carico e la fatica posta su pancreas e intestino tenue per secernere enzimi appropriati. È di grande importanza conservare integra la capacità enzimatica dell’organismo, atta a svolgere altri importantissimi processi metabolici, quali la riparazione dei tessuti e degli organi, e quali altre funzioni immunitarie. Gli enzimi alimentari di provenienza vegetale sono sicuramente più attivi di quelli derivati da fonti animali, essendo essi in grado di svolgere l’importantissimo lavoro di pre-digestione nello stomaco, mentre quelli animali rimangono assolutamente inerti ed inattivi!

RIMEDI NATURALI ALLA GASTRITE

Dopo tante belle spiegazioni teoriche, capaci di portarci senza esitazioni ed indugi a una dieta vegan-crudista tendenziale, vediamo di concludere con qualche rimedio naturale alla eventuale gastrite. I vegetali più indicati sono la carota cruda sotto forma di succo centrifugato, da assumersi con 3 tazze di mattina, alle 17 e prima di coricarsi, e la patata cruda, mezzo bicchiere di centrifugato da assumersi 3 volte al giorno da solo o mescolato con succo di carota e miele, con effetti ripulitivi e purgativi. Anche la cura dell’uva, o almeno qualche grappolo lontano dai pasti, può risultare utile.

RIMEDI NATURALI ALLA COLITE

Uno o due bicchieri giornalieri di cavolo crudo da foglie verdi centrifugate, e contemporanea applicazione sul ventre di cataplasma di 3-4 foglie di cavolo con cipolla grattata tra uno strato di foglie e l’altro. Per enterocoliti e diarrea assumere un bicchierino di succo di carota al giorno, a digiuno.

Valdo Vaccaro

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Scritto da Valdo Vaccaro

Valdo Vaccaro, classe 1943, è ricercatore indipendente, divulgatore e filosofo della salute. Da sempre ha fatto della dieta vegeto-crudista tendenziale, dell’amore per gli animali e la natura un modo di essere e uno stile di vita, in tutta autonomia e libertà. Valdo ha tenuto centinaia di conferenze in giro per l’Italia e nel mondo trattando vari temi tra cui salute, etica, attualità e altro ancora. Al momento, oltre all’attività sul blog, è direttore scientifico e docente della HSU – Health Science University, la prima scuola di Igienismo Naturale Italiana.

DISCLAIMER
Valdo Vaccaro è orgogliosamente NON-medico, ma igienista e libero ricercatore. Valdo Vaccaro non visita, non prescrive e non cura. Le informazioni presenti su questo sito hanno solo scopo informativo, non intendono e non devono sostituire il parere del medico curante.

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