AUTODISTRUZIONE ORDINATA DA APOPTOSI E RINNOVO CELLULARE
L’autodistruzione della cellula consiste nell’utilizzare a questo scopo processi metabolici preordinati, che portano a una specie di dissoluzione della stessa. Si tratta di un evento fondamentale nell’equilibrio riproduttivo dei tessuti e nei meccanismi di sorveglianza contro lo sviluppo dei tumori. Negli organismi pluricellulari alcuni tessuti, quali quelli epiteliali come la pelle, le pareti gastrointestinali, le membrane dell’apparato respiratorio, si rinnovano a partire da cellule madri che si dividono per mitosi, per cui le cellule più vecchie vengono eliminate, in modo tale che il numero complessivo rimanga costante. In pratica l’apoptosi è un fenomeno fisiologico pianificato, privo di drammaticità e di infiammazioni.
LA NECROSI CELLULARE È INVECE UNA LISI PATOLOGICA ED INFIAMMATORIA
La morte delle cellule “vecchie” avviene attraverso due processi estremamente diversi tra loro: la necrosi e l’apoptosi. Il primo si manifesta con un rapido rigonfiamento e si conclude con la lisi, di norma causa una risposta infiammatoria perché le sostanze intracellulari vengono riversate all’esterno, e ciò rappresenta un evento traumatico. Il secondo, detto apoptosi o autodistruzione cellulare, è invece un processo che avviene sotto stretto controllo genetico. Questo evento è stato identificato per la prima volta nel 1972 da A. H. Wyllie, J. F. R. Kerr e A. R. Currie, ma l’interesse è esploso solo negli anni Novanta, insieme all’idea del prolungamento della vita e dell’eliminazione selettiva di alcune popolazioni cellulari responsabili dell’insorgenza di alcune patologie.
C-MYC E P-53, GENI RESPONSABILI DELLA MORTE CELLULARE
Interessava conoscere i geni responsabili della morte cellulare e i meccanismi con cui esplicano la loro funzione può rappresentare il primo passo per la comprensione dei processi di invecchiamento e per l’applicazione di terapie che accelerano la morte cellulare. Alla base dell’attivazione del processo di morte è il gene c-myc il quale, se la cellula si trova in presenza dei fattori di sopravvivenza, induce la proliferazione. In assenza di questi, invece, innesca l’apoptosi. Un altro gene coinvolto è p53, che ferma l’accrescimento e la divisione cellulare nel caso in cui vengano rilevati dei danni al Dna. Questi devono essere riparati, altrimenti la cellula viene indirizzata verso la morte. Anche gli enzimi responsabili della degradazione proteica rivestono un ruolo importante. Sembra infatti che eliminino le proteine responsabili della riparazione del Dna, che viene poi frammentato grazie alla sintesi di un enzima con attività di endonucleasi, a cui segue la condensazione della cromatina.
APOPTOSI SIGNIFICA SCOMPARSA CELLULARE MA ANCHE RIASSORBIMENTO, METAMORFOSI E SVILUPPO
Il termine apoptosis in greco indica caduta delle foglie e dei petali. In pratica, quando l’ultima foglia cade, non c’è più nulla che ci possa trattenere in vita, o comunque nella rata esistenziale in corso.
L’apoptosi riveste, in condizioni fisiologiche, un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionale, concorrendo alla definizione delle strutture anatomiche. Essa è responsabile dell’eliminazione dei tessuti interdigitali durante lo sviluppo fetale degli arti, o di quelle parti del tessuto nervoso che non hanno stabilito connessioni sinaptiche e che quindi non potrebbero assolvere alle loro funzioni. Anche il riassorbimento della coda dei girini durante la metamorfosi inizia con la morte delle cellule che la costituiscono. Un altro compito assolto dall’apoptosi è di tipo “altruista”. In una cellula sottoposta a stress ambientali talmente forti da non poter reagire e difendersi mediante la sintesi delle proteine da stress o da shock termico, viene attivato il programma di morte. Questo tipo di controllo è estremamente vantaggioso per le cellule che la circondano e per l’intero organismo.
NELL’APOPTOSI SI HA RICICLO DEI DETRITI CELLULARI MENTRE NELLA NECROSI SI HA L’ ESPULSIONE DEI MEDESIMI
L’apoptosi ricicla tutto o quasi tutto, per cui non consente il rilascio di sostanze endocellulari nell’ambiente esterno, come avviene nella necrosi, e non si genera così nessun evento infiammatorio. È nota poi un’intera famiglia di geni inibitori dell’apoptosi, la cui attività si riscontra in numerose patologie tumorali. L’attività errata di questi geni sottrae la cellula al suo destino e ne permette la crescita e le successive divisioni, causando l’insorgenza di tumori. Al contrario, alcune patologie sono legate a una morte cellulare precoce e inopportuna. Per esempio, in pazienti affetti da sindromi carenziali immunitarie (chiamate ed etichettate Hiv/Aids dal carrozzone monatto) è stato dimostrato che la mancanza di risposta immunitaria è dovuta alla morte di una particolare famiglia di linfociti, le cellule CD-4.
MANCATA RISPOSTA IMMUNITARIA E MALATTIE NEURO-DEGENERATIVE
Questo fenomeno è causato dal fatto che le cellule difettose (chiamate dai monatti “infette”) sono geneticamente modificate e, quando vengono stimolate alla proliferazione per dare una risposta immunitaria, rispondono invece innescando il processo dell’autodistruzione. Anche le malattie neuro-degenerative, quale il morbo di Alzheimer o il morbo di Parkinson, sono dovute alla morte delle cellule nervose. “Conoscendo i meccanismi che sono alla base del processo di morte, sembra plausibile studiare delle terapie che, influenzando negativamente o positivamente l’attivazione dell’apoptosi, possano risultare efficaci”, sostiene la medicina. Per l’igiene rimane sempre valido il principio che non si guarisce da niente se si continua a ragionare in termini di curomania rivolta al sintomo.
ISTINTO DI MORTE FREUDIANO NELLE NEVROSI TRAUMATICHE
Nel suo libro “Al di là del principio del piacere” del 1920 (titolo originale: Jenseits des Lustprinzips), Sigmund Freud aveva ipotizzato che all’interno del citoplasma cellulare agisse una pulsione il cui scopo era di ricondurre la materia vivente al suo stato primordiale di materia inorganica. Freud era stato indotto a ipotizzare l’esistenza di questo “principio di morte”:
- dalle difficoltà e dagli insuccessi incontrati in diversi casi clinici nella riuscita della terapia psicanalitica, dalla sintomatologia presentata dalle nevrosi traumatiche, che mal si accordava col “principio del piacere” o della libido,
- dal problema del masochismo.
LA SCOPERTA DELL’APOPTOSI PARE DAR RAGIONE A SIGMUND FREUD
In queste tre situazioni la sofferenza non poteva essere convincentemente spiegata con il principio del piacere inibito dalla censura del Super-Io, o con il soddisfacimento di un altro desiderio inconscio. Sembrava che l’opposizione al raggiungimento del piacere fosse, in queste tre situazioni, primario. Freud fu così indotto a elaborare la nuova teoria dell’esistenza di un principio filogeneticamente più antico della libido, che agiva contro di essa e che era insito nelle cellule stesse. L’ipotesi di questo “istinto o pulsione di morte” (che Freud rifiutò sempre di chiamare Thanatos) fu ben presto contestata dalla maggioranza degli psicoanalisti suoi contemporanei, e non ebbe mai una buona accoglienza nel movimento psicoanalitico fino ai giorni nostri. Pareva impossibile che all’interno del citoplasma della cellule vi fosse qualcosa che ne provocava la morte. La scoperta dell’apoptosi sembra invece confermare biologicamente e chimicamente quella che fu allora solo un’intuizione “psicologica” del fondatore della Psicoanalisi, dato che le caratteristiche funzionali dell’apoptosi assomigliano molto a quelle, intese in senso analogico, dell’istinto di morte descritto in “Al di là del principio del piacere”.
PER L’ATROFIA DEI CAPILLARI SANGUIGNI SERVE UN BAGNO GENERALE DI SOSTANZA FLAVONOICA
Atrofia causata dagli ormoni catabolici surrenali adrenalina e cortisolo, escreti dall’organismo in risposta alla condizione di stress cronico in cui si trova. In realtà, non è solo questione di cortisolo e adrenalina, ma anche di serotonina, melatonina e soprattutto di equilibrio ormonale nel suo complesso, una condizione delicata e non facile da mantenere. Basilare un apporto extra di flavonoidi, per rivitalizzare i 100 mila chilometri della nostra rete capillare. Capillari intasati significa incapacità di rifornire nutrienti, glucosio ed ossigeno ai nostri 100 trilioni di cellule.
IL RICORSO AI RIMEDI OMEOPATICI E AI FIORI DI BACH PORTA A RISULTATI INCERTI E CASUALI, MANCANDO OGNI PRINCIPIO SCIENTIFICO
Nel 1914, allo scoppio del Primo conflitto modale, il medico britannico Edward Bach (1886-1936) fu riformato alla visita di leva a causa delle sue precarie condizioni fisiche. Ciononostante, gli fu affidata la responsabilità di quattrocento posti letto nell’Ospedale dove si era laureato. Nel luglio 1917 gli venne diagnosticato un tumore, e gli diedero tre mesi di vita. Bach decise di reagire a questa notizia dalle conseguenze apparentemente inevitabili passando il proprio tempo in laboratorio, assorbito completamente dai propri esperimenti. I tre mesi passarono e Bach non morì. La malattia regredì, fino a scomparire del tutto. Fu così che egli, anticipando in qualche modo il dr Ryke Geerd Hamer, teorizzò che un grande entusiasmo e una grande voglia di vivere aiutavano nella guarigione delle malattie. Su questo principio, infatti, si fonderanno, più tardi, i suoi rimedi.
INCONTRO CON L’OMEOPATIA DI SAMUEL HAHNEMANN, LA CUROMANIA DELLE MINIDOSI VELENOSE
Durante gli studi sui vaccini si imbatté nell’Organon di Samuel Hahnemann (1755-18434), il tedesco fondatore dell’omeopatia. Nel lavoro di Hahnemann trovò un’affinità col proprio pensiero. Entrambi erano dell’opinione che si dovesse curare il malato e non la malattia. A differenza di Bach, però, Hahnemann utilizzava anche erbe velenose, cosa che Bach non condivideva considerandola una pratica “invadente” per l’organismo. Bach rimase affascinato dal lavoro dell’omeopata, e cominciò a sintetizzare nuovi vaccini, chiamati nosodi, che dovevano essere somministrati per bocca. I sette vaccini orali chiamati “sette nosodi di Bach” vennero acclamati entusiasticamente e largamente utilizzati da medici omeopati e allopati non solo nel Regno Unito, ma anche in Germania e negli Stati Uniti. Nel 1924 presentò ad un Congresso una relazione intitolata “Tossicemia intestinale e le sue relazioni con il cancro”, nella quale sottolineava che il beneficio era dovuto al miglioramento generale dell’organismo e non al trattamento locale. Da qui fino al 1930 è una continua “escalation” di successi per il medico di origini gallesi, tanto che rinuncia ai suoi incarichi nella salute pubblica, per dedicarsi a tempo pieno alla sintesi dei vaccini nei suoi laboratori ed al lavoro nel suo studio. Scritti e conferenze ne ampliano la fama tanto da essere considerato il “secondo Hahnemann”.
LAVORO SUL PIANO MENTALE E SUI CEPPI BATTERICI PERSONALIZZATI, CON LA CUROMANIA DEI FIORI
Tra il 1928 ed il 1932, Bach nomina 12 fiori come basilari per curare altrettanti stati d’animo. Nel 1935 i rimedi erano diventati 38. Un anno dopo si spense nel sonno. Non aveva ancora 50 anni. Tanto clamore terapeutico intorno a lui appare, allo stato attuale, oggettivamente ingiustificato. Bach lavora sul “mentale”, cioè sul tipo di personalità dei pazienti, notando che ad ognuno dei sette ceppi batterici corrispondono delle note caratteriali predominanti. Quando è certo che ai sette gruppi batterici corrispondono altrettante personalità specifiche, egli dimostra la fondatezza delle proprie convinzioni, cioè che curando i pazienti a seconda delle loro tipologie caratteriali si ottengono risultati al di là di ogni aspettativa. Nel giro di poco tempo decide di lasciare Londra per dedicarsi completamente a questa nuova scoperta che significò rinunciare ad uno studio già ben avviato, alla fama e alla sicurezza del denaro (da quel momento non volle più esser pagato per i suoi consigli e le sue prestazioni e visse esclusivamente delle donazioni che gli venivan fatte) spinto solo dalla sicurezza che la strada intrapresa era, almeno per lui, giusta e valida. Sapeva che non voleva sostanze tossiche e piante velenose e che il rimedio, nella sua preparazione, non doveva esser troppo artefatto.
PARALLELI TRA BACH E HAMER SUL PIANO DEL TRAUMA EMOTIVO
Il dr Hamer, classe 1935 e quindi 78enne, mette letteralmente sottosopra la medicina, contestando mediante la sua Nuova Medicina Germanica del 1981 tutta la diagnostica e tutta la terapia medica ufficiale. Ammirevole per il suo coraggio, per le vicende disgraziate della sua famiglia ed anche per le stolte persecuzioni della medicina ufficiale tedesca, che lo ha costretto a vivere nascosto ed esiliato, onde evitare le carceri della Repubblica Federale. Chiaramente lo ha pure inabilitato ad esercitare la professione medica.
LE 5 LEGGI BIOLOGICHE DI HAMER, TUTTE CONDIVISIBILI
La sua teoria si basa sulle 5 leggi biologiche di Hamer.
- Il trauma emotivo è il detonatore di tutte le malattie,
- Nulla esiste al mondo senza il suo opposto, e questo vale in particolare in campo medico dove esistono malattie fredde (stress, insonnia, neuro-dermatiti, tumori e cancri), e malattie calde (reumatismi, esantemi o efflorescenze dermatologiche con febbre tipo morbillo-rosolia-varicella, influenza, allergie, infiammazioni),
- Nulla sfugge al sistema ontogenetico, per cui ogni cellula vivente deve respirare, mangiare, eliminare e riprodursi,
- Microrganismi non certo nemici ma collaboratori ed alleati, visto che il nostro corpo vive in sinergia con virus, funghi e batteri, e possiede 10 volte più batteri che cellule (1000 trilioni di batteri contro 100 trilioni di cellule),
- Le malattie sono utili e necessarie e pertanto non vanno contrastate (capovolgimento nella eziologia, nella diagnosi e nella terapia).
COMMENTO FINALE IN TERMINI IGIENISTICI
Se Bach e Hahnemann, pur esprimendo alcune idee positive, rimangono in concreto sul piano dei cantastorie e dei millantatori, Hamer sostiene cose molto più efficaci, vere ed interessanti. L’unico difetto rimane quello di aver esagerato nel mettere assieme una serie di principi già ben noti ed affermati in campo igienistico, e nel porre sempre e dovunque il trauma emotivo alla base di ogni patologia, sottovalutando gli errori comportamentali, alimentari ed ideologici della gente. Bach ed Hahnemann finirebbero bocciati di fronte a qualsiasi commissione d’esame di tipo igienistico-naturale. Hamer no. Sarebbe sicuramente salvabile.
NIENTE E NESSUNO GUARISCE SE NON IL SISTEMA IMMUNITARIO MESSO IN CONDIZIONI DI FARLO
Bisognerebbe solo armonizzare meglio i suoi concetti con quelli della non-cura del sintomo, e togliergli quella voglia eccessiva e quasi vanitosa di avere una scuola tutta per sé, staccata da qualsiasi tracciato storico indicato in precedenza. Il concetto fondamentale in tutte le malattie rimane sempre quello. Basta un miglioramento dello stato di salute, basta non fare cose esageratamente sciocche, basta darsi una calmata e prendere un po’ di sole in più, basta una bella camminata e un miglioramento respiratorio, basta stoppare l’assunzione di farmaci e di cibi sbagliati, basta curarsi con rimedi placebo quali le banali minidosi omeopatiche o gli innocenti fiori di Bach, e certe malattie se ne vanno. Non si è guariti però grazie a quei rimedi illusori, ma sempre grazie a un sistema immunitario che, non troppo ostacolato e non troppo disturbato, è riuscito a metterci una pezza, sistemando il tutto nonostante tali insignificanti terapie.
Valdo Vaccaro
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