LETTERA
Salve dottore. Innanzitutto volevo complimentarmi con lei in quanto la seguo e la stimo molto e condivido pienamente il suo modo di diffondere la realtà umana che purtroppo la maggioranza delle persone disprezza e non considera.
Volevo però chiederle un aiuto personale riportando brevemente la mia situazione. A seguito di gravi gastroenteriti in età adolescenziale il mio intestino non ha più funzionato come prima. Ho cominciato a perdere peso, le energie erano sempre più carenti. Il ciclo mestruale ha iniziato a sparire e dall’età di 15 anni sono entrata in un tunnel buio e doloroso. A suo tempo ero onnivora in quanto in famiglia si seguiva quel regime. Ho dovuto abbandonare lo sport non avendo più energia fisica e voglia. Il corpo si è riempito di dermatite e il peso calava sempre poiché non assorbivo più il cibo. Ammetto che stavo vivendo una difficile situazione di stress famigliare e scolastico che ha contribuito a peggiorare.
Finita la scuola sono entrata nel mondo del lavoro scegliendo un’attività che non mi è mai piaciuta ma imposta dai miei per aiutarli economicamente in casa. La situazione fisica è peggiorata sempre di più. Dissenteria continua, peso bassissimo, rischio di osteoporosi, continuo gonfiore addominale con crampi dolorosissimi per tutto il giorno, freddo continuo, dermatite ovunque, meteorismo incontrollabile.
Ho provato di tutto, dalle cure mediche alle cure omeopatiche ma senza risultati, anzi peggioramenti. Mi sono così avvicinata al mondo della naturopatia studiando e iscrivendomi ad una scuola. 6 anni fa sono diventata vegana leggendo vari libri che mi hanno illuminata e appassionata al mondo alimentare naturale e consapevole. “Sia il cibo la tua prima medicina” è stata la frase che mi ha spinto ad arrangiarmi e cercare autonomamente una soluzione.
Devo ammettere che ho passato brutti momenti anche per il fatto che a seguito di questa decisione sono stata esclusa dalla famiglia. Ma ho proseguito per la mia strada. Sapere se il mio era un problema di colite, morbo di Crohn o colon irritabile è difficile a dirsi, ma confermo che i sintomi che avevo si rispecchiavano alla perfezione.
Ad oggi la situazione acuta è passata ma il malassorbimento non vuole sparire. Ormai non so più cosa e come devo mangiare. Sono arrivata ad avere paura di ciò che mangio nonostante non compro nulla di pronto o confezionato. Amo cucinare e quindi mi preparo tutto io.
Al mattino inizio con della frutta fresca e poi del muesli di quinoa, avena o grano saraceno con frutta secca e semi, oppure del pancake vegano con farina di canapa e marmellata fatta in casa senza zuccheri. A metà mattina della frutta. A pranzo inizio con della verdura cruda condita con olio e limone e poi un bel piatto di cereali integrali a rotazione (quinoa, grano saraceno, amaranto, avena, farro, sorgo, riso integrale, miglio) con olio, lievito alimentare e erbe aromatiche e poi frutta secca. A metà pomeriggio frutta fresca e a cena verdura con proteine (legumi, farinate, pasta di legumi).
Nonostante mangi molto ho comunque molta fame. Sono ancora sottopeso di 10 kg e l’intestino è sempre gonfio, dolorante e pieno di aria. Ora vado in bagno regolarmente solo al mattino dopo aver bevuto 400ml di acqua tiepida con del limone fresco ma sento sempre che non mi scarico completamente. Sgarri non ne faccio da tempo se non ogni tanto qualche gelato vegano alla frutta ma dolci, zuccheri, alcool, nulla da anni. Solo ultimamente prendo un caffè dopo colazione ma vorrei smettere perché so essere nocivo. Ammetto che l’unica cosa che mi manca sono i latticini che non assumo da parecchi anni ma so essere fortemente intollerante e sono consapevoli degli enormi danni che portano all’organismo.
Ma perché non riesco ad eliminare queste memorie? Perché non riesco a gustare il cibo? Dove sbaglio nel mangiare? Perché il mio intestino è ancora così infiammato e irritato nonostante anni di attenta alimentazione?
Spero di essere stata esaustiva nello spiegare la mia situazione. Ora ho 29 anni e sono stufa di guardarmi allo specchio e vedermi troppo magra, essere senza ciclo mestruale, non gustarmi il cibo, avere continui malesseri che mi impediscono di avere totalmente vita sociale. La prego per quanto può di riuscire a darmi un consiglio che io seguirò alla lettera perché solo lei può capirmi in quanto nessuno finora è aperto come lei nel mondo dell’igienismo alimentare nei confronti del quale io credo fermamente. La ringrazio di cuore per il tempo dedicatomi. Spero di leggere presto una sua cordiale risposta. Distinti saluti Greta
RISPOSTA
PAURA DEL CIBO SIGNIFICA VIVERE IN MODO PRECARIO
“Non so più cosa mangiare e come mangiare. Sono arrivata ad avere paura del cibo”. Chiaro che nessuno può vivere decentemente in queste condizioni. Se poi si tratta di una giovane di 29 anni, di una ragazza direi, che apparentemente non sta commettendo gravi manchevolezze sul piano degli alimenti e degli stili di vita, il tutto risulta a maggior ragione grave e inesplicabile.
DETTAGLI STORICI SULLA DENOMINAZIONE CROHN
La malattia di Crohn prende il nome dal dr Burrill Bernard Crohn (1884-1983), gastroenterologo americano che, assieme ai colleghi Leon Ginzburg e Gordon Oppenheimer, definì in modo dettagliato questa patologia in una conferenza dell’AMA-American Medical Association a New Orleans nel 1932.
In tale occasione si parlò di infiammazione intestinale che colpiva preferibilmente (50% dei casi) l’ultima parte dell’intestino tenue e l’intestino crasso o colon, mentre nel 30% riguardava solo l’ileo (ileite di Crohn) e nel 20% dei casi solo il crasso (colite di Crohn).
Malattia di Crohn, colite, enterocolite, ileite regionale, enterite regionale, colon irritabile, colite ulcerosa, colite spastica, tanti nomi diversi per dire più o meno la medesima cosa, ovvero un forte disagio intestinale, un malfunzionamento dell’apparato digerente o del tubo gastrointestinale, un intestino non a posto dove i cibi non vengono assimilati, e una peristalsi, che servirebbe a mescolare meglio i micronutrienti e dare ritmo e tono alla digestione, ma che qui segna il passo o non esiste.
CHI SEGUE UNA ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E FRUGALE NON IRRITA L’INTESTINO
Malattia diffusa in tutto il mondo ma con forte prevalenza nella civiltà occidentale e nei paesi industrializzati, caratterizzati da determinate ideologie alimentari e comportamentali. Gli indiani delle origini, i cosiddetti selvaggi e i neri africani che seguono una alimentazione vegetariana e frugale, sono assai meno colpiti dalle coliti e dal cancro (specie cancro al colon) dei popoli che si nutrono di carne e di colesterolo, come irlandesi, scozzesi e svizzeri, ad esempio.
È ben noto che la carne sovraccarica l’organismo di scorie azotate che formano acido urico, congestionano il fegato, favoriscono la stitichezza, affaticano il cuore e formano arteriosclerosi, causano dispepsia riflusso e disturbi gastrici, provocano psoriasi ed eczema, predispongono ad artrite, reumatismi e gotta, portano a malattie nervose, ipertensione e cancro.
STIAMO ALLA LARGA DA ACIDO URICO E COLESTEROLO
È provato che il fegato umano può distruggere solo una minima parte dell’acido urico che circola nel sangue, mentre il fegato degli animali carnivori coadiuvato da reni maggiorati che ricevono maggiori volumi di sangue può distruggere 10-15 volte più acido urico del fegato umano.
Questo dimostra anche che il nostro organismo non è fisiologicamente adatto a un’alimentazione carnea. Pure le uova contengono una quantità di colesterolo (0,25 g per uovo) che logora il fegato. Il fatto che l’uovo contenga il cibo ideale per il pulcino non sta a significare che lo stesso nutrimento sia adatto alle cellule umane. Burro-formaggio-latticini contengono una percentuale di colesterolo tale che la loro tossicità è ancora maggiore.
Tener presente che il colesterolo è sostanza escrementizia delle cellule animali, per cui trova soprattutto nelle ghiandole e nelle frattaglie. Insolubile nell’acqua e non eliminabile dall’organismo neppure con la traspirazione, si accumula nei calcoli biliari, nei tessuti degli arterioclerotici, nei tumori genitali ed epatici.
ILLUMINANTE SPIEGAZIONE DI HERBERT SHELTON SULLA UNITÀ DI MALATTIA
L’opinione di Herbert Shelton sulle coliti ulcerative e sulla loro evoluzione in cancro al colon, è illuminante. È difficile sia per l’uomo di strada che per il medico comprendere il semplice fatto che tutte le “iti”, tutte le infiammazioni dovunque si trovino nel corpo, non rappresentino altrettanti malattie diversificate. L’infiammazione di un organo è identica a quella di un altro organo, è dovuta alla stessa cosa. Il semplice fatto della Unità di Malattia è forse troppo complesso per essere capito?
Colite è semplice catarro del colon, cistite catarro della vescica, gastrite catarro dello stomaco, sinusite catarro del naso. Tutte condizioni catarrali caratterizzate da secrezione di muco e da tossiemia, dove il sangue è carico di sporco metabolico o metaboliti. La tossiemia è un sotto-prodotto costante e auto-generato del metabolismo. Poco importa quali le cause in ciascuno dei diversi casi. Occorre piuttosto capire che queste cause producono enervazione, che l’enervazione impedisce e rallenta l’eliminazione, che l’eliminazione bloccata produce tossiemia e che la tossiemia si evolve producendo sintomi diversi a bizzeffe.
MANDAR FUORI È PIÙ IMPORTANTE CHE METTER DENTRO
Voglio dire pure che l’eliminazione, il mandar fuori, è una funzione fondamentale della vita, altrettanto importante della digestione e dell’assimilazione. I rifiuti vengono espulsi con la rapidità concessa dagli organi escretivi o emuntori. Quando l’enervazione ha ridotto l’efficienza funzionale di questi organi causando ritenzione tossiemica oltre i limiti personali di tolleranza, ecco che il corpo deve per forza ricorrere ad altri canali compensativi o vicarianti per liberarsi delle tossine accumulate, canali chiamati malattie infiammatorie. Ebbene la colite è un processo di eliminazione compensativa e vicariante. I residui tossici accumulati vengono smaltiti dalle membrane che rivestono il colon.
IL CANCRO NON È UN ATTACCO ESTERNO MA UNA PROPRIETÀ PECULIARE E POTENZIALE DI OGNUNA DELLE NOSTRE CELLULE
Tutte le forme croniche catarrali-infiammatorie cominciano con una irritazione, seguita da infiammazione, seguita da ulcerazione, seguita da indurimento, seguita da tumorazione o fungazione. Pertanto non si deve parlare di colite ulcerosa diversa da colite mucosa. Il cancro al colon, al pari della ulcerazione al colon, non è altro che una evoluzione di una infiammazione cronica instauratasi in quell’organo.
Di fatto, il cancro, in qualsiasi parte del corpo esso si sviluppi, lo fa in una zona sottoposta a infiammazione cronica. Tant’è che il cancro è potenziale patologico di ognuna delle cellule normali del corpo umano. Non dunque un organismo esterno invasore che mangia e cresce parassitariamente a spese della cellula (come insegnato dall’oncologia ufficiale), ma una sovra-crescita parassitaria delle nostre stesse normali cellule. Il che porta a rivedere dalla A alla Zeta tutti i discorsi e i metodi sul cancro.
Per diventare cancerose, queste cellule hanno solo bisogno di una sufficiente perversione del loro metabolismo, cioè di quella cosa o condizione che risulta da un persistente eccesso di sangue saturo di tossine, come accade nell’infiammazione cronica degli individui tossiemici.
PER VINCERE OGNI COLITE E OGNI CANCRO OCCORRE TOGLIERE LA CAUSA, OVVERO ELIMINARE LA TOSSIEMIA
A questo punto offro pure la soluzione vincente a tutte le forme di colite, oltre che a tutte le forme di cancro, conclude Shelton in un inarrestabile crescendo polemico con i medici e in una logica ferrea e incontestabile (dal testo Getting Well).
Correggendo la causa, ossia eliminando la tossiemia, cioè ripristinando la normale energia nervosa e mettendo in ordine il modo di vivere in conformità alle Leggi Naturali del Vivere. Questa è la vera cura della colite mucosa, della colite ulcerosa, e di tutte le coliti possibili ed immaginabili, oltre che essere la cura preventiva del cancro al colon. La cura intelligente previene e mette fuori gioco l’intera catena patologica, impedendole di raggiungere il suo stato finale maligno o canceroso.
Quale è la cura intelligente? Rimuovere la causa è la sola cura intelligente. Le usuali cure palliative e soppressive di sintomi e di batteri e di virus sono al contrario non solo perdita di tempo prezioso, ma cure non intelligenti, ovvero sono abuso di medicina. Il corpo umano cura se stesso se e quando la cosa di auto-generazione patologica viene corretta e rimossa.
L’INSEGNAMENTO DI MANUEL LEZAETA
A questo punto devo dare anche un minimo di consigli pratici alla Greta che deve superare una volta per tutte il suo dramma personale. E allora prendo come spunto un altro autore formidabile come Manuel Lezaeta. Salto per semplicità la fase stomacale e vado all’intestino.
Definito come intestino la parte del tubo digerente che va dal piloro (uscita dallo stomaco) e arriva all’orifizio anale, il naturopata cileno richiama l’attenzione su intestino tenue e intestino crasso, divisi internamente dalla valvola ileo-cecale. La funzione intestinale è della massima importanza poiché la fase principale della digestione si realizza nell’intestino tenue. È qui che avviene la maggior parte dell’assorbimento delle sostanze alimentari.
Gli alimenti già sottoposti a digestione della bocca e dello stomaco (ovvero chimo, liquido lattiginoso e acido fatto di succhi gastrici e di alimenti da questi trasformati), continuano qui il processo digestivo sotto forma di chilo, sostanza lattiginosa alcalina, sotto l’influenza del succo intestinale, pancreatico e biliare, oltre che con l’aiuto del movimento peristaltico.
STITICHEZZA MADRE DI TUTTE LE MALATTIE
La via digerente, oltre che assorbire le sostanze vitali che vengono poi distribuite alle parti più remote dell’organismo, è anche via di scarico delle impurità raccolte dal sangue per essere espulse tramite il canale intestinale e renale. Con una alimentazione vegetariana a base di frutta e insalate crude, il processo digestivo si completa in due ore al massimo. Per il cibo cotto invece, la digestione richiede un tempo 2 o 3 volte maggiore. Se poi si tratta di cibi di origine animale, i tempi si quadruplicano per la formazione di residui putrefattivi nel colon.
La mortale stitichezza è un male endemico delle grandi città. Le sue cause stanno nell’alimentazione innaturale dove abbondano carni, pasta, dolci, gelati, pane bianco, latte, formaggio, caffè, tè, cole, bibite, ed anche altri fattori come la vita sedentaria, il rumore, il fumo attivo e passivo, lo stress, la mancanza di sole, l’aria viziata nei luoghi interni di vita e di lavoro, l’aria inquinata nei luoghi esterni.
RIPRISTINARE L’EQUILIBRIO TERMICO
I disturbi gastrointestinali, e in particolare modo l’ipersensibilità intestinale e il colon irritabile sono affezioni di natura congestiva, infiammatoria e termica, da scompenso febbrile, da squilibrio termico tra con febbre interna non rilevabile strumentalmente e anemia fredda in superficie e alle estremità del corpo.
Occorre dunque ristabilire l’equilibrio e l’armonia termica mediante dieta rinfrescante e antiputrida a base di insalate crude ben masticate lentamente a pranzo e cena (seguite da poco cibo cotto con patate-legumi-cereali integrali-peperonate-minestre di verdure), mentre la frutta acquosa di stagione e i succhi freschi (spremute, estratti, frullati) domineranno la scena in mattinata e nel tardo pomeriggio.
Un succo d’ortica (tazzina mattiniera diluita con acqua e miele per 3 giorni a settimana) vince ogni affezione dell’apparato digerente. Un cataplasma notturno di fango applicato sul ventre è un mezzo efficace per ristabilire la normalità digestiva. Si consigliano anche 2 giorni di digiuno ad acqua naturale, o anche con infusi di salvia, assenzio, camomilla. Frizioni fredde di acqua a gambe e braccia al risveglio, e bagno alla zona genitale di 20 minuti, anche ripetuto un paio di volte nelle giornate calde, sono pratiche eccellenti per normalizzare le funzioni intestinali.
Prendere il sole, respirare, scaldare e febbricitante la pelle traspirando abbondantemente e concludendo con doccia fresca finale significa tonificare l’intero organismo. Queste le proposte di Lezaeta, mutuate anche dalla idroterapia germanica trasmessagli dal mitico Padre Taddeo.
OCCORRE RICREARE RICETTIVITÀ INTESTINALE
Le ultime informazioni che abbiamo sull’intestino irritabile parlano di utilizzare aloe da aggiungerei ai frullati, di usare tisane di menta, malva, melissa, zenzero, curcuma, kiwi, finocchio. Ricordiamo in ogni caso che in un intestino infiammato anche il migliore dei cibi si trasforma in veleno. Occorre pertanto ripristinare prima di tutto ricettività intestinale.
Ricordiamo dalla letteratura che Max Bircher-Benner, bandiera mondiale del crudismo e curatore degli Zar di Russia, quando un cliente non riusciva assolutamente a sopportare il succo d’arancia fresco e i cibi crudi, gli permetteva inizialmente una fase intermedia di 2-3 giorni con purea di patate, minestrine di semolino, mele cotte, procedendo poi alla introduzione graduale di tutti i cibi crudi, specie carote, cavoli, finocchi, mele fino a che la situazione non si normalizzava.
QUALCHE LACUNA CI DEVE PUR ESSERE
Nel caso specifico della Greta, 6 anni di veganismo senza saper risolvere i propri disordini digestivi mi fa pensare a qualche errore di impostazione, a qualche lacuna. Non vedo con troppo favore il caffè, le marmellate pur fatte in casa di mattina, mezzo litro di acqua col limone quando un vegan-crudista accorto non sente il bisogno di bere troppo, se ha assunto frutta acquosa a sufficienza, cosa che evidentemente non sta avvenendo.
Non vedo con favore l’ansia del troppo mangiare per mettere su dei chili mentre il corpo non pare in grado di sostenere tale programma. Non si può mangiare avendo paura del cibo. Non si può mangiare senza autentico appetito.
Cibo semplice, sobrio, vitale, acquoso, digeribile, innocente è la mia formula. Non deve mancare l’avocado, i germogli, magari qualche alga, il germe di grano, le patate dolci, uva, fichi, caci e fichi d’India nei mesi a venire. Respirare meglio, prendere più sole, camminare e nuotare di più. Rilassarsi di più e sorridere di più. Non riesco a pensare ad altre soluzioni. So di aver scritto diversi articoli importanti su questo argomento, a partire da “La salute umana parte dal colon”, con tanti lettori che ne hanno beneficiato.
MODERAZIONE NEL CIBO FATTORE SICURO DI LONGEVITÀ
Aggiungo che uno studio accurato su 2000 casi di persone ultracentenarie da parte del dr De Lacey Evans (menzionato su Health Revolution di Ross Horne) dimostrava che ognuno dei soggetti testati aveva i suoi piccoli segreti personali, ma che una costante fissa riguardava davvero tutti, ed era “la moderazione nella quantità di cibo assunto”.
L’altro punto chiave è l’esercizio fisico, poiché è col movimento che si migliora la circolazione e si mobilizza il sistema linfatico impigrito. Il terzo punto sta tutto sul mentale. Ritrovare motivazione ed equilibrio, facendo in modo che ogni scelta sia in linea con le nostre convinzioni e i nostri desideri. Ritrovare la propria identità e la propria autostima è una priorità assoluta.
Valdo Vaccaro
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