LETTERA
INTERVENTO ALLA COLECISTI E DIMISSIONI CON FEBBRE E DOLORI RETROSTERNALI-SCAPOLARI
Salve Valdo. Mia madre di 65 anni, perfetto stato di salute, non beve, non fuma, è stata operata di colecistectomia con anestesia totale. Ha fatto il pre-ricovero con analisi del sangue, tac torace, ecografia e colloquio con l’anestesista. Tutto in regola, viene operata lunedì sera, e mercoledì alle ore 12.00 viene dimessa, nonostante accusasse dolori zona retrosternale-scapolare e nonostante avesse una febbricola di 37.3.
DECORSO RITENUTO NORMALE E ANTIBIOTICO PER 5 GIORNI
I medici lo definiscono come decorso normale dell’operazione e la mandano a casa con cura di antibiotico (klacid 500mg) per 5 giorni. Lo stesso giorno, verso le 17.00 la febbre sale a 38.7, Ricontattiamo la clinica dove continuano a dire che è tutto normale, e di prendere una tachipirina. I giorni seguenti la febbre continua ad alternarsi dai 37 ai 38 nonostante gli antibiotici, con esordi di tosse secca stizzosa sporadici e dolori scapolari sempre più forti, al punto che mia madre non può più nemmeno alzarsi per il dolore trafiggente.
ECOGRAFIA E TAC RIVELANO UNA POLMONITE BILATERALE
I medici, dopo ripetute chiamate, continuano a dire che è un decorso normale dell’operazione.
Finalmente, dopo 5 giorni infiniti di malessere, febbre e dolore dicono di riportarla in clinica dove viene sottoposta a ecografia e Tac addominale al polmone, con diagnosi di importante polmonite bilaterale!
SERVONO SPIEGAZIONI E CHIARIMENTI
Ora vorrei capire cosa sia successo, e perché nessuno si è accorto in tempo dell’infezione in atto nonostante i sintomi evidenti. Io penso sia da incolpare la sufficienza e l’incuria dei medici. Sin dalla loro dimissione, che a mio avviso non sarebbe dovuta avvenire se non prima di altre analisi. In più vorrei capire come abbia preso la polmonite dopo semplice intervento di colecistectomia.
SFORTUNA, INCURIA O CONTAGIO OSPEDALIERO
Quante sono le probabilità che un individuo sano di questa età possa prendere la polmonite post- operatoria? Tutto da attribuirsi al fato sfavorevole o invece all’incuria dei chirurghi? A qualcosa che è andato storto in sala operatoria, o a qualche contagio avvenuto in ospedale? Come dovrei comportarmi? Spero qualcuno possa aiutarmi a capire.
Maria M.
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RISPOSTA
LE INFEZIONI OSPEDALIERE
Ciao Maria. Hai sicuramente tutte le ragioni per pretendere spiegazioni chiare e convincenti da parte dell’ospedale e dei suoi dirigenti. Causate da microrganismi opportunistici presenti nell’ambiente, che solitamente non danno luogo a infezioni, esse possono insorgere su pazienti immunocompromessi durante il ricovero e la degenza o, in qualche caso, anche dopo la dimissione del paziente e possono avere diverso grado di gravità, fino ad essere letali. Le infezioni ospedaliere costituiscono una grande sfida ai sistemi di salute pubblica, perché sono un insieme piuttosto eterogeneo di condizioni diverse sotto il profilo microbiologico, fisiologico ed epidemiologico che hanno un elevato impatto sui costi sanitari e sono indicatori della qualità del servizio offerto ai pazienti ricoverati.
MICRORGANISMI E METODI DI PROPAGAZIONE
Responsabili possono essere le strutture stesse, i sistemi di ventilazione e aerazione, i flussi di acqua, il trattamento dei tessuti e dei campioni di laboratorio, il contatto con animali, l’igiene del personale e dell’ambiente, le pratiche chirurgiche e gli ausili invasivi tipo cateteri e valvole, l’uso scorretto di antibiotici che possono generare resistenze. Normalmente, siti di sviluppo dell’infezione possono essere i polmoni, i siti di inserzione di un catetere, il tratto urinario, le ferite chirurgiche e da decubito.
ORIGINI DELLE EPIDEMIE CON PAURE PASTEURIANE
- Flora batterica già presente nel paziente, con Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Escherichia coli.
- Un microrganismo proveniente da altra zona del corpo del paziente, con infezione endogena secondaria come quella da Acinetobacter, Serratia e Klebsiella.
- Microrganismi provenienti dall’ambiente esterno, con infezione esogena tipo Staphylococcus.
- Tubi endotracheali.
- Respirazione artificiale e immobilità.
- Cateteri urinari e venosi.
- Alto uso di antibiotici che può causare resistenza batterica e crescita di microrganismi fungini.
- Alta densità di malati in corsia e nei reparti di cura intensiva.
- Preparazione preparatoria tipo tricotomia, uno dei più importanti fattori di rischio, con rimozione peli e capelli nella zona cutanea da sottoporre a un intervento.
- Fattori intrinseci del paziente tipo età, obesità, diabete, gravità malattia, generale situazione immunitaria.
- Malnutrizione.
CLASSIFICAZIONI DELLE INFEZIONI
- ISC o infezioni del sito chirurgico nei pazienti cardioperati, sono le infezioni più frequenti,
- Batteriemie,
- Polmoniti,
- Infezioni delle vie urinarie (IVU),
- Infezioni associate a catetere intravascolare centrale (CIC).
PREVENZIONE E SORVEGLIANZA
Per controllare e ridurre le infezioni ospedaliere, sono necessari azioni sulle strutture ospedaliere, sui sistemi di ventilazione e sui flussi di acqua, sull’igiene del personale e dell’ambiente. Negli Stati Uniti e nel nord Europa esiste un sistema di controllo e sorveglianza, attività svolta dalle cosiddette Infection Control Nurses, infermiere addette al controllo delle infezioni ospedaliere. Negli ospedali del NNIS, ad esempio, esiste una figura dedicata che può essere un’infermiere ma anche un microbiologo, un medico o un epidemiologo, che raccoglie i dati, li interpreta, li comunica al network tramite un database, identifica i problemi, e attua misure di prevenzione. L’indicazione data dal NNIS è di avere almeno una persona dedicata ogni 250 pazienti per ogni presidio. Nel nostro paese questo sistema non è ancora operativo.
COMPLICANZE POST-OPERATORIE
Le complicanze post operatorie si possono dividere in 1) Tardive durante la convalescenza o dopo, correlate all’intervento stesso, 2) Precoci, con febbre non preoccupante se scompare nelle 48 ore successive, 3) Respiratorie, con febbre che persiste per 3-4 giorni su pazienti anziani, fumatori ed asmatici.
COMPLICANZE POLMONARI
Il 50% della mortalità post-operatoria è dovuta proprio a queste complicanze di tipo polmonare, come:
- Telectasia polmonare con collassamento degli alveoli, da
- Posizione supina del paziente e raccolta fluidi a livello polmonare e respirazione accorciata,
- Dolore come meccanismo riflesso che porta ad una diminuzione degli atti respiratori.
- Tosse da farmaci che deprimono il centro del respiro, come morfina e antidolorifici di tipo oppiodi,
- Anestesia e introduzione microrganismi con incubazione e distruzione del surfattante negli alveoli. Il surfatattante è un complesso di sostanze tensioattive (fosfatidilserina e altri fosfolipidi, lipidi neutri, colesterolo e proteine) che riveste la superficie degli alveoli ed è composto da fosfatidilserina e altri fosfolipidi, da lipidi neutri, colesterolo e proteine.
- La sintomatologia più frequente è la febbre che prolungata nel tempo porta a complicanze come l’acidosi respiratoria. Non essendo gli alveoli ventilati e rimanendo i macrofagi bloccati si hanno gravi infezioni che degenerano portando a broncopneumosi.
- Un altro fattore di infezione polmonare è dato dai pazienti portatori di sondino naso-gastrico, con gli sfinteri del tronco respiratorio che restano aperti e portano il materiale gastrico nei polmoni con conseguente polmonite abingestis. Questo è ancora più pericoloso durante l’intervento dove l’acidità del succo gastrico scende ancora di più portando a edema polmonare.
- Edema polmonare da insufficienza cardiaca sinistra con aumento pressione idrostatica nei capillari che fa passare il trasudato negli alveoli. Nel post-operatorio un’altra causa di edema polmonare è data dai liquidi assunti, che devono essere tenuti sotto controllo rispetto a quelli che escono, altrimenti rischiamo di alzare la volemia ed apportare al cuore troppo carico.
- Embolie polmonari e pneumotorace dove collassa l’area tra pleura e polmone, durante interventi ai reni dove, passando tra le costole si può lesionare la pleura, e durante inserimento di cateteri venosi centrali e durante eventuali intubazioni.
COMPLICAZIONI ADDOMINALI
- Blocco della peristalsi, causata dall’anestesia o da farmaci post-operatori come la morfina e gli antidolorifici. Il blocco è una conseguenza normale dopo un’operazione. Dallo stomaco al piccolo intestino, la peristalsi riprende entro le 24 ore e, dal piccolo a tutto il grande intestino, riprende entro le 48 ore.
- Gastro-paresi, causata dall’aumento del succo gastrico che, se non viene risolto, porta a vomito. Si risolve applicando un sondino e aspirando il succo in eccesso.
- Ileo-paralitico, con arresto peristalsi per un problema neurogeno, fenomeno fisiologico negli interventi. Se non si risolve si ha un sequestro di liquidi anche fino a 5-6 litri che, non andando in circolo, innalzano la volerai.
- Deiscenza di anastomosi o riapertura spontanea di ferita precedentemente suturata.
- Pancreatiti acute che portano al 50% della mortalità e si hanno in pazienti operati alla colicisti o per lesioni al pancreas durante gli interventi.
- Fecaloma, con feci dure allocate nel retto.
DEISCENZA DI UNA ANASTOMOSI
Deiscenza è un termine medico che indica una complicanza post-operatoria rappresentata dalla riapertura spontanea di una ferita precedentemente suturata. Un’anastomosi (in greco anastómosis sta per sbocco o abboccamento) è una comunicazione tra vasi sanguigni dello stesso livello. Il termine è anche usato impropriamente per indicare un insieme di fibre nervose che escono da un nervo per congiungersi ad un altro. A seconda della loro posizione nel sistema circolatorio si possono classificare in tre gruppi: anastomosi veno-venose, artero-arteriose e artero-venose. Nella deiscenza di un’anastomosi cede una parte di intestino precedentemente unito e si protrae nel peritoneo portando ad infezioni.
ANASTOMOSI VENO-VENOSE
Fistole che mettono in comunicazione due vene come la grande safena e la piccola safena. La funzione di questi canali è la miglior ripartizione della pressione idrostatica del sangue tra le valvole dei due complessi venosi e la propagazione della spinta che i muscoli ossei forniscono al sangue delle safene interne con la loro contrazione, e alle safene esterne per aiutarlo nella sua risalita verso il cuore.
ANASTOMOSI ARTERO-ARTERIOSE
Fistole che mettono in comunicazione due arterie. L’intestino tenue è irrorato grazie a una rete anastomotica che garantisce il continuo e costante flusso di sangue anche in caso di occlusione parziale o totale di un’arteria.
ANASTOMOSI ARTERO-VENOSE
Si tratta di fistole che mettono in comunicazione un’arteria con una vena. L’afflusso di sangue ai capillari sottocutanei, ad esempio, è regolato da anastomosi più profonde dotate di dispositivi sfinteriali che si aprono quando la temperatura corporea tende ad essere alta, per favorire la dispersione di calore, e si chiudono quando è troppo bassa. In questo modo il sangue passa o non passa in superficie ed evita o favorisce il trattenimento di calore.
ALTERAZIONI FISIOLOGICHE OPERATORIE
L’organismo da una risposta fisiologica per qualsiasi tipo di stimolo. L’intervento chirurgico causa numerose modificazioni di entità proporzionale al trauma che esso produce. L’entità delle modificazioni dipende dall’intensità del dolore, dalla durata del digiuno, dal tipo e dalla quantità di tessuto o di organo asportato o tagliato, dalle eventuali perdite ematiche.
PRODUZIONE ENERGIA SECONDO LE LEGGI DELLA TERMODINAMICA
L’organismo reagisce in base a quelle che sono le leggi della termodinamica che regolano il funzionamento del corpo. Esso produce energia trasformando il glucosio in adenotropina ATP o triptofano. Abbamo bisogno ogni giorno di produrre energia ed ATP perché servono come motore per le nostre cellule e molti dei nostri organi, come ad esempio il cervello si serve per vivere solo di glucosio e senza di esso non potrebbe svolgere le sue molteplici funzioni. A livello chirurgico si producono delle modificazioni neuroendocrine importanti da tenere sotto controllo.
PRODUZIONE SEROTONINA A PARTIRE DAL TRIPTOFANO O ATP
Il processo più noto in cui è coinvolto il triptofano è la produzione della serotonina, il cosiddetto ormone della felicità, un appellativo basato sul fatto che i livelli di questa molecola sono ridotti in chi soffre di depressione. Proprio a causa di questa associazione tra serotonina e depressione, diversi approcci mirati alla riduzione dei sintomi di questo disturbo, hanno come obiettivo finale l’aumento dei livelli di ormone della felicità. La serotonina non ha, però, il solo effetto di migliorare l’umore. Quando i suoi livelli sono alti si dorme meglio e si sopporta meglio il dolore fisico.
CIBI AD ALTO CONTENUTO DI TRIPTOFANO
Per quanto riguarda l’alimentazione, i cibi contenenti quantità significative di serotonina non sono molti. Più facile ottenere cibi ad alto contenuto di triptofano. Fra questi sono inclusi il formaggio, le uova, la frutta secca, le arachidi, i semi di zucca e quelli di sesamo, la soia e il tofu. Per poter essere convertito in serotonina il triptofano ha comunque bisogno della presenza di carboidrati, visto che
facilitano l’ingresso del triptofano nel tessuto nervoso.
VITAMINE B2, B3 E B6
In realtà c’è anche un’altra importante molecola che viene sintetizzata a partire da questo aminoacido, ed è la niacina o vitamina B3, importante per la digestione e per la salute di pelle e nervi. Anche in questo caso, però, il triptofano non è tutto. Perché l’organismo lo trasformi in niacina è infatti necessario assicurarsi adeguate quantità di ferro, di vitamina B2 e di vitamina B6.
MODIFICAZONI ACUTE GENERALI
Consistono in 1) Attivazione della coagulazione, 2) Spostamento di liquidi dall’extra all’intra-vascolare distribuzione del flusso sanguigno per assicurare la funzione degli organi vitali, e per il mantenimento dell’equilibrio acido-base grazie a meccanismi polmonari e renali.
MODIFICAZIONI GRADUALI GENERALI
1) Mobilizzazione dei globuli bianchi e aumento dei macrofagi, 2) Produzione di proteine da parte del fegato, 3) Aumento della gittata cardiaca e della frequenza respiratoria.
MODIFICAZIONI METABOLICHE
Quella più evidente è l’iperglicemia nel paziente operato. C’è un aumento della gluco-neogenesi, o formazione di glucosio, dato che il glucosio viene consumato per i processi riparativi e anche per il dolore. Il nostro organismo ha riserve di glucosio nel fegato e nei muscoli e anche nel tessuto adiposo. La gluco-genolisi è quel processo mediante il quale il glicogeno epatico viene convertito nuovamente in glucosio. Ulteriore energia viene estratta dal tessuto adiposo mediante lipolisi.
Le proteine che vengono estratte dai vari distretti vengono sintetizzate dal fegato. Il glucagone svolge un compito importante inibendo l’insulina nei muscoli, permettendo al cervello di avere il glucosio di cui ha bisogno.
MODIFICAZIONI ORMONALI
Il sistema endocrino non è responsabile soltanto delle modificazioni metaboliche, ma partecipa all’equilibrio idro-elettrolitico. Le ghiandole coinvolte sono maggiormente quelle surrenali. Le catecolamine, e soprattutto l’adrenalina, svolgono un’importante azione emodinamica, determinando l’aumento e la frequenza della gittata cardiaca, la costrizione dei vasi periferici favorendo l’irrorazione agli organi nobili. Cortisolo, aldosterone e ADH determinano i contenuti di acqua e sodio.
Ovviamente tutte queste modificazioni sono proporzionate al tipo di intervento che viene effettuato, e si protraggono con il digiuno prolungato, con il forte trauma della sala operatoria, e con la inevitabile sepsi.
GLI ASPERGILLI INDIVIDUATI DAGLI PNEUMOLOGHI DEL NIGUARDA DI MILANO
Si chiamano Aspergilli, sono funghi microscopici ubiquitari diffusi in tutto il mondo e causano asma e polmonite. A individuarli sono stati i pneumologi dell’ospedale Niguarda di Milano, che hanno messo a punto anche la cura, una terapia a base di una molecola chiamata terbinafina. La scoperta è importante poiché cambierà completamente il modo di curare le malattie dell’apparato respiratorio. È ormai accertato che le spore si diffondono in gran numero nell’aria, soprattutto durante i lavori di scavo, edificazione e ristrutturazione, e recentemente si sono rivelati fonti d’infezione anche i vestiti confezionati.
ASPERGILLOSI BRONCOPOLMONARE E DANNOSE CURE CORTISONICHE
Nelle loro fibre possono infatti nascondersi questi funghi che hanno aggredito anche la mummia del faraone Ramsete II e che provocano tre patologie molto diverse di differente gravità. La prima è l’aspergillosi broncopolmonare allergica che colpisce chi soffre di asma aggravandone le condizioni. Un disturbo frequente, nel nostro Paese visto che ne soffre ogni anno qualche migliaio di persone.
che vengono curati con farmaci al cortisone che contrastano gli Aspergilli, ma fanno aggravare i pazienti. Questa terapia può distruggere i polmoni e portare per tutta la vita all’uso dell’ossigeno.
BRONCOPOLMONITI DA IMMUNODEPRESSIONE E TUBERCOLOSI
Del secondo gruppo di patologie fanno parte le broncopolmoniti aspergillari infettive. Queste colpiscono persone che hanno già gravi danni polmonari, come la tubercolosi, o sono immunodepresse. È il caso di chi è affetto da malattie croniche come, per esempio, il diabete. Il fungo scoperto da Schiraldi e dalla sua équipe è responsabile anche dell’aspergillosi acuta invasiva di cui soffrono persone gravemente immunodepresse o che hanno subìto un trapianto, non solo di polmone ma anche di midollo e di qualsiasi altro organo.
SCOPERTA DI UN RIMEDIO CHIAMATO TERBINAFINA
Il rimedio scoperto è la terbinafina, che ha una percentuale elevatissima di guarigione nel trittico di patologie indicate. Il medicinale, che in Austria era stato accertato funzionare in vitro ma non sulle cavie, è stato perfezionato nell’ospedale milanese. Un centinaio di pazienti che non avevano avuto nessun beneficio da altre terapie lo hanno trovato grazie alla sperimentazione. La scoperta del Niguarda apre quindi nuove strade nella cura di patologie respiratorie come la polmonite.
POLMONITE OSSIA PRESENZA DI LIQUIDO NEGLI ALVEOLI POLMONARI
La polmonite è l’infiammazione acuta dei polmoni caratterizzata dalla presenza di liquido negli alveoli polmonari, che sono piccole sacche alle terminazioni dei bronchioli, con conseguenti gravi difficoltà della respirazione. La forma batterica è per lo più causata dagli pneumococchi, i quali, abitualmente presenti nella bocca e nella gola degli individui sani, sviluppano la malattia quando la resistenza dell’organismo è diminuita per raffreddore, influenza o deperimento.
POLMONITE BATTERICA E POLMONITE BILATERALE
La polmonite batterica può colpire uno o più lobi dei polmoni, nel qual caso è chiamata lobare. Se invece sono compromessi entrambi i polmoni, comunemente è detta polmonite doppia o polmonite bilaterale. La polmonite batterica, spesso letale prima dell’avvento degli antibiotici e dei sulfamidici, oggi, se curata tempestivamente, ha eccellenti possibilità di guarigione.
SINTOMI EVIDENTI DI POLMONITE
La polmonite che rappresenta spesso una complicazione dell’influenza, insorge all’improvviso e i suoi sintomi più evidenti consistono in tosse forte e secca, in dolori acuti al torace, in febbre spesso accompagnata da brividi, in difficoltà di respiro, in espettorazione color ruggine per la presenza di sangue o pus. Quando il medico percuote il torace di un paziente affetto da polmonite bipolare, sente un rumore sordo invece del suono vuoto emesso dai polmoni sani.
AUMENTO BATTERI ANTIBIOTICO-RESISTENTI E 3 MILIONI DI PERSONE COLPITE DA POLMONITE OGNI ANNO NELLA SOLA EUROPA
Nella broncopolmonite i sintomi possono essere molto meno gravi, particolarmente quando seguono o accompagnano un’altra seria malattia. In questi ultimi anni l’uso non sempre appropriato degli antibiotici nelle polmoniti ha portato a un preoccupante aumento dei batteri resistenti a uno o più di questi farmaci. Questo, nonostante i progressi in campo terapeutico, ha contribuito al persistere della malattia, che ogni anno in Europa colpisce da 4,7 a 11,6 persone ogni mille abitanti, vale a dire circa tre milioni di persone.
Valdo Vaccaro
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