LETTERA
PADRE NOVANTENNE CON TUMORE ALL’INTESTINO TENUE
Gentile dr Valdo, ci siamo sentiti via e-mail alcune volte. I suoi consigli sono stati per me preziosi. Sono vegana dal 2012. Purtroppo non sono riuscita a convincere i miei familiari a seguire le mie scelte. In questo momento mio padre, 90 anni ben portati, è ricoverato in ospedale per una parziale occlusione intestinale provocata da un cancro all’intestino tenue, con sospetto di metastasi al fegato.
INTERVENTO ASPORTATIVO O DIMISSIONI DALL’OSPEDALE SENZA RICORSO AL BISTURI
Stiamo attendendo le decisioni dei medici, che però tardano ad arrivare. Inizialmente hanno parlato di intervento chirurgico, ma per ovvii motivi legati alla sua veneranda età, non decidono ancora. Le due opzioni sarebbero 1) Intervento chirurgico con asportazione di 10/12 cm di tenue e probabilità del 50% di sopravvivenza, con decorso post-operatorio molto difficoltoso. Il successo dell’operazione garantirebbe la sopravvivenza per un anno in condizioni di grave inabilità e probabile uso del sondino. 2) Dimissioni dall’ospedale nello stato attuale e attesa di eventi, che sarebbero probabilità di occlusione completa dell’intestino e necessità quindi di alimentazione artificiale in struttura dedicata.
UNA DIETA DI CENTRIFUGATI E NIENTE OPERAZIONI INVASIVE
Lei capisce che non esistono altre scelte. Dato l’apparente ottimo stato di mio padre, che fino ad oggi è sempre stato autonomo e capace, sarei per l’opzione due. Forse mi illudo che si possa controllare l’incombente occlusione allontanandola più in là nel tempo, mediante una dieta molto liquida a base di centrifugati come lei sempre insegna.
DECISIONE ESCLUSIVAMENTE PATERNA
È chiaro che la scelta spetta a mio padre, ma la persona che gli spiegherà i vari aspetti della questione orienterà anche la sua scelta. La situazione è abbastanza difficile e le sarei grata se esprimesse il suo parere. Cordiali saluti. Marzia
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RISPOSTA
PRIMO NON NUOCERE
Ciao Marzia. Prima cosa non parlerei di cancro ma di tumore, che sono cose ben diverse. Seconda cosa non metterei sul piatto della bilancia un sospetto di metastasi al fegato che pare essere soltanto una ipotesi ansiogena tipica delle diagnosi mediche. Terza cosa 90 anni o 20 anni non fanno differenza sul piano del rispetto e delle atroci sofferenze a cui un paziente viene normalmente sottoposto.
SOPRAVVIVENZA PRECARIA E ACCANIMENTO TERAPEUTICO
Le due scelte che tu menzioni non sono per niente equiparabili. La soluzione uno comporta ben pochi vantaggi. Salvo pensare che un anno di sopravvivenza precaria, con tanto di chemio e radioterapia, con tanto di farmaci prima, durante e dopo, e con tanto di sondino al posto del normale alimentarsi, rappresenti una prospettiva degna di considerazione. Per me, si tratterebbe solo di ingiustificato e cinico accanimento terapeutico. Qualcosa di rovinoso e di spietato nei confronti di qualcuno che merita invece di essere lasciato tranquillo e sereno nell’ultima fase della sua esistenza.
C’È MODO E MODO DI SOPRAVVIVERE
La soluzione due è di gran lunga preferibile. Dopotutto tuo padre non è in condizioni critiche o disperate. Dimostra al contrario di essere in uno stato di forma accettabile. Una sua sopravvivenza in stato integro, priva cioè di postumi chirurgici e di postumi chemio, non ha paragone con un restare in vita in malomodo e per pochi mesi nella migliore delle ipotesi. Vale per lui come per tutti il principio per cui il corpo non va mai contro se stesso. Nulla vieta di pensare che l’occlusione intestinale possa essere rallentata, disattivata e debellata, usando quelle attenzioni che sono mancate nel recente passato.
Valdo Vaccaro
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